Un batterio intestinale potrebbe contribuire all’Infarto

di Mara Magistroni
Un team italiano ha trovato un’associazione tra Escherichia coli e la formazione di trombi in pazienti infartuati e cardiopatici. Lo studio apre a nuove prospettive terapeutiche di cura e prevenzione.
A cosa è dovuto l’infarto del miocardio? Domanda semplice, risposta complessa. Tanti sono i fattori di rischio che contribuiscono alla formazione di trombi nelle arterie coronariche, che ostacolano l’afflusso di sangue al tessuto cardiaco. C’è la familiarità, l’obesità, il diabete, l’ipercolesterolemia e la pressione alta, nonché il fumo. Ma da oggi potremmo dover aggiungere un altro fattore all’elenco: Escherichia coli, un batterio che di norma vive nel nostro intestino. Ad avanzare l’ipotesi è un team italiano del Policlinico universitario Umberto I di Roma, che dopo 4 anni di ricerche ha pubblicato lo studio sulle pagine della rivista European Heart Journal

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Siamo nati per essere pigri e non disperdere le energie

di Cristina Monaco
L’attività fisica costa uno sforzo cognitivo che il nostro cervello vuole proprio evitare. Lo dice uno studio dell’Università della British Columbia.
Quante volte i nostri buoni propositi di fare sport (soprattutto in vista delle feste natalizie!) sono finiti nel dimenticatoio? Quante volte abbiamo preferito starcene in casa davanti ad un film piuttosto che uscire a fare una corsetta? Siamo perfettamente consapevoli dei benefici di una vita attiva e sportiva, ma qualcosa ci fa restare incollati al divano.
Uno studio dell’Università della British Columbia ha voluto dare una spiegazione scientifica alla pigrizia che inesorabilmente ci assale nel momento in cui decidiamo di dedicarci all’attività fisica. Da oggi in poi possiamo sentirci un po’ meno in colpa: la risposta risiede nel fatto che il nostro cervello è un pigrone di natura. È programmato per scegliere l’alternativa più facile che non faccia dispendere energie e vede l’attività fisica come uno sforzo aggiuntivo, che, se può, evita…

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Relatività e Meccanica Quantistica, l’incontro proibito che cambia l’Ordine del Tempo

di Viola Rita
Sovvertire l’ordine del tempo, muovendosi nel passato o nel futuro, e potendo tornare nel presente, a piacimento.
La possibilità di viaggiare nel tempo ispira da sempre l’immaginazione umana, dalla letteratura al cinema (basti ricordare “Ritorno al futuro” del 1985 e il più recente “Interstellar”) dove i protagonisti riescono a farlo attraverso vari artifici. Ma a farci sognare questa volta è lo studio di un gruppo di fisici dell’Università del Queensland che, seppure non abbia viaggiato nel tempo, ha ottenuto, a livello teorico, una nuova concezione del tempo.
Gli scienziati “hanno rotto” la struttura classica in cui gli istanti scorrono dal passato al futuro. Di fatto, non hanno viaggiato nel tempo ma hanno mostrato che mischiando la relatività generale di Einstein con la meccanica quantistica – da sempre incompatibili – si potrebbe ottenere una realtà temporale (a livello puramente teorico) del tutto diversa da quella che conosciamo, una condizione in cui non si sa cosa viene prima e cosa dopo…

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Il “Gene gay” non esiste

L’Omosessualità nasce da un mix di fattori genetici e ambientali. Né più né meno di moltissime altre caratteristiche umane, fisiche o di personalità.
In altre parole: “Non esiste un singolo ‘gene gay’, bensì migliaia di varianti genetiche associate al tratto, ognuna con piccoli effetti”. Ciò chiama in causa un cocktail di elementi che spaziano dal Dna alle influenze esterne. Questa, la conclusione di un maxi studio pubblicato su Science. La prima firma del lavoro è quella dell’italiano Andrea Ganna, in forze negli Usa al Broad Institute del Mit e di Harvard.
Ganna e colleghi hanno esaminato le caratteristiche genetiche di un vasto campione di persone alle quali è stato chiesto se avevano mai avuto una relazione con persone dello stesso sesso. Più precisamente hanno analizzato le risposte ed eseguito studi di associazione sull’intero genoma, indagando complessivamente sui dati di oltre 470 mila persone della Uk Biobank e della società californiana 23andMe. Ebbene, “le varianti genetiche di una persona – riassumono gli autori – non predicono in modo significativo se avrà comportamenti omosessuali”

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Perché non siamo fatti per vivere per sempre

I geni che guidano uno dei meccanismi necessari alla salute cellulare e al successo riproduttivo, l’Autofagia (meccanismo cellulare di rimozione selettiva di componenti citoplasmatici danneggiati), contribuiscono allo stesso tempo al processo di invecchiamento.
Se siamo destinati a invecchiare anziché vivere ad oltranza, è per una svista dell’evoluzione, che ha preferito favorire un meccanismo che promuove il successo evolutivo, anche se questo ha un “costo” in termini di sopravvivenza.
I geni che presiedono a uno dei processi chiave per la salute delle cellule, l’autofagia, nei vermi giovani e prestanti, sono gli stessi che, in età avanzata, presiedono al processo di invecchiamento. Lo sostiene un articolo pubblicato sulla rivista Genes & Development, che potrebbe avere implicazioni importanti nella ricerca contro le malattie neurodegenerative…

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Dieta della Longevità

di Claudio Monteverdi
Cosa possiamo mangiare e cosa non dobbiamo mangiare per vivere a lungo.
La fonte di queste informazioni è una ricerca svolta in USA e definita senza precedenti per ampiezza e durata. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista JAMA Internal Medicine con l’obiettivo di fare chiarezza sulle tante, troppe informazioni discordanti in ambito nutrizionale e orientare le nuove raccomandazioni alimentari statunitensi. Ovviamente interessa anche a noi italiani. Soprattutto, è interessante leggere quali sono i cibi da preferire e quelli da evitare per ridurre il rischio di malattie.
Uno studio importante per durata e numerosità dei soggetti monitorati
Lo studio è durato 32 anni ed ha coinvolto oltre 126 mila individui, a cui  è stato monitorato lo stato di salute. I partecipanti hanno risposto a questionari sulla propria dieta, gli stili di vita e la salute ogni 2-4 anni. Nel corso del periodo di monitoraggio gli epidemiologi coinvolti nello studio, hanno registrato 33.304 decessi per varie cause di malattia (tumori, infarto, ictus)…

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Siamo “Figli delle stelle”? La Vita viaggia nello spazio con la Polvere Interstellare

di Fabio Perelli
Lo spostamento della vita da un pianeta a un altro è possibile: forme di vita terrestri si avventurano abitualmente (e senza troppi problemi) oltre l’atmosfera.
Un pianeta che accoglie la vita non è una scatola a tenuta stagna. L’atmosfera del pianeta Terra fa tanto per contenere il mondo vivente al suo interno, permettendo un flusso molto limitato da e verso l’esterno. Tuttavia, qualcosa ogni tanto sfugge al suo ‘controllo’ e si lascia trasportare passivamente nello spazio interplanetario, potenzialmente raggiungendo altri pianeti.
Nessuno sa se tramite questo meccanismo la vita terrestre sia stata in grado di “fecondare” altri luoghi, o se la stessa sia arrivata da qualche altra parte. Ma certamente il nuovo lavoro guidato da Arjun Berera, dell’University of Edinburgh’s School of Physics and Astronomy, dimostra che lo spostamento della vita da un pianeta a un altro è possibile, e che forme di vita terrestri si avventurano abitualmente e senza troppi patemi oltre l’atmosfera…

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Decodificati i “Software genetici” che sviluppano gli organi

di Norbert Ciuccariello
Finalmente decodificati i programmi genetici che controllano lo sviluppo degli organi nei mammiferi.
Una scoperta epocale quella presentata nei due studi, pubblicati sulla rivista Nature, da una collaborazione internazionale guidata da Henrik Kaessmann dell’Università di Hidelberg, in Germania: per la prima volta sono stati decodificati i programmi genetici che controllano lo sviluppo degli organi nei mammiferi, uomo incluso: sviluppati dall’evoluzione a partire da un unico ‘software’ genetico ancestrale risalente ad oltre 200 milioni di anni fa, sono finemente regolati da particolari molecole di Rna, che introducono le differenze specie-specifiche, soprattutto, nelle fasi terminali dello sviluppo…

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Come TV e Smartphone modificano il Cervello dei Bambini

Un pioneristico studio costato 300 milioni di dollari, ha scoperto che nei bambini che passano almeno 7 ore al giorno davanti a smartphone o tablet, si modifica la struttura del cervello.
La nuova ricerca è stata finanziata dall’Istituto nazionale americano della sanità, un’agenzia governativa, che ha poi illustrato i risultati della ricerca. I ricercatori sono giunti alle loro conclusioni analizzando il cervello di 4.500 bambini e al momento, ne stanno analizzando altri 11.000, di 9 e 10 anni su un periodo di 10 anni. I primi dati ottenuti, hanno evidenziato che passare troppo tempo davanti allo schermo può avere effetti negativi sui bambini.
“Gli scienziati nello studio prendono in considerazione caratteristiche cerebrali legate ad azioni impulsive, l’impatto di comportamenti salutari (come il sonno o l’attività fisica) sullo sviluppo cerebrale e cognitivo, o ancora tratti legati all’utilizzo dei dispositivi digitali (come l’esposizione prolungata a uno schermo). Ad esempio, un recente studio nell’ambito del progetto ABCD, ha evidenziato legami tra la quantità di tempo e come questo viene passato davanti allo schermo (es. videogiochi o social media) e alcuni tratti psicologici, o certe caratteristiche cerebrali strutturali e funzioni cognitive”

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Studio scientifico sul Cervello: dopo la Morte è attivo per tre ore!

di Melania Rizzoli
Dopo che il cuore si ferma e viene certificata quindi la morte, il cervello rimane ancora vivo, e continua a funzionare per diverse ore.
L’annuncio shock è stato dato dalla Stony Brook University School of Medicine di New York, dove è stata condotta una ricerca con l’obiettivo di esaminare quello che accade a livello cerebrale dopo che una persona va in arresto cardiaco, allo scopo di migliorare la qualità della rianimazione e di prevenire le lesioni encefaliche, mentre si tenta di riavviare febbrilmente il cuore fermo del paziente, cercando di evitare danni neurologici permanenti.
Lo studio in questione, durato tre anni, si è concentrato solo sulle morti dovute ad attacchi cardiaci, nelle quali il cervello è virtualmente salvo ed esente da danni diretti, e questo organo fondamentale, in cui risiede la nostra coscienza, si è rivelato ancora funzionante per almeno tre, quattro ore dopo che il cuore aveva smesso di battere, e con la possibilità di riattivarsi senza deficit anche dopo una rianimazione cardiaca prolungata…

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