di Cesare Sacchetti
Se ne sta parlando un po’ ovunque in questi giorni. La Francia è in fiamme. Sembra di essere piombati nel celebre romanzo dello scrittore francese Laurent Obertone, intitolato “Guerriglia”.
Nel libro si preconizzava uno scenario di instabilità in Francia dovuto alle massicce rivolte degli immigrati in Francia. Immigrati che stanno diventando così tanti nel Paese da sostituire persino i nativi francesi in diversi città.
Se si fa un giro a Trappes, ad esempio, una cittadina non distante da Parigi si avrà l’impressione di essere capitati in una città separata dal resto del territorio francese. A Trappes è come se si passasse un immaginario confine dalla Francia all’Arabia Saudita, perché in tale posto non ci sono francesi. Ci sono islamici che hanno imposto la loro cultura e i loro costumi, perché a differenza dell’Occidente liberale, il mondo islamico non ha mai conosciuto alcun processo di secolarizzazione.
È rimasto fedele alla sua storia e quando esso migra si porta dietro con sé la sua identità e non si integra per nulla con il Paese ospitante. Si assiste ad un vero e proprio fenomeno di sostituzione etnica, religiosa e culturale. Si potrebbe dire in questo senso che la Francia è la sublimazione del “sogno” del conte Kalergi che per costruire una nuova falsa Europa unificata si proponeva di sostituire gli europei con altri cittadini, nuovi “europei” formati da un incrocio di razze africane e asiatiche e popolo “eletto” degli Stati Uniti d’Europa.
L’autoritarismo di un’Europa unificata passa necessariamente dalla rimozione di tutto ciò che rappresenta la vera civiltà dell’Europa cristiana. E la Francia è uno dei Paesi laboratori di tale esperimento di ingegneria sociale e razziale.
Si potrebbe dunque affermare che ciò a cui stiamo assistendo in questi giorni sia il diretto e naturale risultato di un fenomeno che non poteva non portare allo scenario attuale.
Quello della guerra civile a sfondo razziale, nella quale i nuovi cittadini “europei” che hanno acquisito la cittadinanza artificialmente attraverso lo strumento dello ius soli, non si riconoscono affatto nel Paese che ha dato loro i natali e giungono a chiedere che le istituzioni culturali e sociali di quel Paese vengano demolite per essere sostituite da altre istituzioni che siano in tutto e per tutto l’emanazione della cultura dei Paesi islamici.
La immigrazione di massa in Europa non è altro quindi che una colonizzazione dei popoli europei che devono lasciare il posto ai nuovi europei pur di permettere la manifestazione del disegno kalergiano. Ciò però che è importante in questa analisi è tentare di comprendere sino a che punto i disordini ai quali stiamo assistendo in questi giorni siano del tutto spontanei oppure no.
Centri Sociali, Black Bloc e Combattenti Polacchi a Torino
E per poterlo fare è necessario partire da un interessante elemento di cronaca completamente occultato dai media mainstream italiani e francesi. A Torino in questi giorni alcune fonti istituzionali hanno segnalato delle vere e proprie transumanze di soggetti che appartengono al mondo dei centri sociali finanziati dall’ineffabile George Soros, assieme a gruppi di altri personaggi considerati vicini ai famigerati black bloc.
Il nome dei black bloc evoca i famigerati disordini del G8 di Genova nel luglio del 2001. Erano i giorni nei quali la città veniva messa a ferro e fuoco da tali gruppi che venivano lasciati liberi di seminare disordine e devastazione.
Dietro questa sigla si nasconderebbero diversi appartenenti ai servizi segreti Occidentali che utilizzano tale fazione armata e addestrata militarmente, per avere una dissidenza controllata di carattere estremamente violento, necessaria per attuare strette di tipo autoritario.
Il caso dell’agente dei servizi segreti inglesi tra le fila dei Black Block a Genova nel 2001 è con ogni probabilità solamente la punta di un iceberg molto più grande. Non si tratta di una strategia nuova quella in questione. I servizi Occidentali attuarono simili strategie già con le BR negli anni ”70 e ai tempi del rapimento di Aldo Moro nel 1978, quando sembravano essere già ricolme di uomini del Mossad e della CIA, come rivelò lo stesso presidente Moro prima di essere rapito e ucciso dal gruppo terrorista.
Sono i fondamentali della strategia della tensione che prevede di gestire il dissenso e dargli delle forme violente per instaurare quel clima di paura tra la popolazione necessario per soffocare qualsiasi forma di vero dissenso che potrebbe impensierire veramente il sistema.
A Torino in questi giorni risulta esserci un massiccio afflusso di tali personaggi. Tra di loro risultano esserci anche diversi polacchi, tedeschi e cittadini dei Paesi baltici che dalle parti di Torino sono piuttosto rari. È da segnalare come questi sembrino avere una chiara impostazione militare, oltre al fatto di parlare un ottimo inglese privo di accento straniero, fatto che lascia pensare ad una chiara formazione anglosassone.
È una descrizione che assomiglia molto ai profili di mercenari professionisti che hanno combattuto in Ucraina per il regime nazista di Kiev e che sono stati addestrati negli anni passati dalla CIA.
Adesso è alquanto improbabile pensare che improvvisamente i gruppi dei centri sociali, i soggetti dei black bloc e i combattenti polacchi abbiano sviluppato un improvviso interesse per la Mole Antonelliana o per le altre attrattive del capoluogo torinese. Non è così infatti. Questi gruppi stanno affluendo in massa verso Torino e sono tutti diretti verso la Francia. Le autorità, a quanto pare, sono perfettamente informate di quello che sta accadendo e pare che non stiano prendendo nessun provvedimento particolare per fermare questo esodo.
Non risultano nemmeno sforzi particolari da parte della autorità francesi, generalmente molto attente nel controllo dei propri confini ed estremamente rigorose nei controlli quando arrivano treni dall’Italia.
Se c’è stata una falla comunicativa tra Italia e Francia nell’arrestare questi afflussi, è difficile pensare che sia stata semplicemente accidentale, vista appunto la nota intransigenza transalpina nel controllo di tutto ciò che passa dall’Italia.
E questi spostamenti di massa fanno pensare che tali cellule siano state attivate e abbiano ricevuto ordini precisi. Occorre recarsi in Francia. È lì in questo momento il cuore della rivolta ed è lì che ci sono da attuare i disordini.
I Moti in Francia sono il Pretesto per Svolte Autoritarie?
Il fatto che tali gruppi abbiano ricevuto ordini di spostarsi in Francia e il fatto che le autorità italiane e francesi li abbiano lasciati fare indisturbati, induce a pensare che forse c’è una volontà dall’alto di far sì che tali rivolte abbiano effettivamente luogo.
Il disordine e la violenza generalmente fanno sempre comodo a questi poteri perché sono le condizioni ideali per provare ad arrestare un cambiamento politico e impedire che un determinato sistema crolli. E l’Unione europea è l’esempio perfetto di un sistema altamente disfunzionale che fa sempre più fatica a restare in piedi. Ad oggi, Bruxelles è attraversata da una profonda crisi economica dovuta all’austerità permanente che comporta l’euro, e da un altrettanto profonda crisi geopolitica che sta portando tale blocco all’isolamento completo nello scacchiere internazionale.
Le rivolte in questo senso potrebbero fare molto comodo ad un presidente altrettanto debole e impopolare come Emmanuel Macron che appare, tra le altre cose, completamente separato dai bisogni e dagli interessi del popolo francese.
Quando la Francia bruciava, Macron si dava alla pazza gioia ascoltando il concerto del suo idolo Elton John. Solo l’autoritarismo può far sopravvivere un personaggio politico così in crisi e che guida una nazione che assieme alla Germania è la colonna portante sempre più fragile dell’instabile Unione europea.
Sussistono poi degli interrogativi su tutta la dinamica che ha portato ai disordini a partire dalla morte del 17enne Nahel Merzouk. Secondo l’amico che era in macchina con lui, i poliziotti avrebbero minacciato di sparargli se non si fosse fermato all’alt, perché l’auto che guidavano, una Mercedes gialla, stava percorrendo la corsia degli autobus ed era passata con il rosso.
C’è un solo video dell’episodio nel quale non si vede molto. Si vedono due poliziotti vicini all’auto e si vede poi l’auto ripartire ma non si vede apparentemente nessuno dei due agenti colpire con il calcio della pistola Nahel come afferma il suo amico. Il colpo di pistola poi sarebbe partito da uno dei due poliziotti dopo che Nahel ha cercato di ripartire, violando l’ordine degli agenti.
Non è nemmeno chiaro perché il 17enne abbia cercato di fuggire, a parte il fatto che non aveva probabilmente la patente. Poi c’è stata subito l’immediata campagna “Giustizia per Nahel”. A pochissimo tempo di distanza dall’episodio, la madre del ragazzo si mostrava già euforica in pubblico e non sembrava molto traumatizzata dal fatto di aver perduto il figlio 17enne.
Quando la madre di Nahel iniziava a chiedere giustizia per suo figlio, lo faceva indossando una maglietta con la scritta “Giustizia per Nahel” e indossata anche da molte altre persone.
A quanto pare, qualcuno è stato estremamente rapido nello stampare centinaia di magliette con una grafica che sembra essere stata anche studiata per risultare più d’impatto.
Oltre a questo c’è da considerare che i rivoltosi delle banlieu stanno utilizzando armi da guerra che si pensa vengano dall’Ucraina. Armi che sono piuttosto costose e che è molto difficile procurarsi, a meno che non ci sia stato qualche generoso finanziatore che abbia provveduto a saldare il conto.
La dinamica e la rapidità con le quali si sono rapidamente sviluppati e coordinati i disordini lasciano pensare che altri apparati possano aver gestito tale operazione. Gli stessi apparati che gestirono i disordini di Genova nel 2001 e gli stessi che gestirono il rapimento di Moro molti anni addietro.
Ora occorre interrogarsi se tale coda della strategia della tensione possa produrre i risultati che i suoi architetti probabilmente sperano. La risposta sembra pendere decisamente dalla parte del no. L’Unione europea è un’organizzazione che attraversa ormai una crisi irreversibile e le dinamiche dei disordini controllati non possono fare molto per arrestare o invertire tale crisi.
La crisi dell’UE sta nel fatto di aver perduto i capisaldi sui quali si fondava la sua esistenza, ovvero la protezione dell’impero americano. Assieme a questo fattore deve aggiungersi quello che vede l’UE isolata dal mondo multipolare dei BRICS che sta rapidamente giungendo in ogni continente.
Se questi disordini non sono spontanei e sono la disperata carta di chi vorrebbe mantenere in vita il progetto di stampo kalergico, i suoi ideatori saranno chiamati presto a fare i conti con la realtà.
Questi non sono gli anni 2000. La globalizzazione è ormai giunta al termine. E se il processo della globalizzazione è ormai finito non si vede come l’UE, un’organizzazione che dipendeva da tale fenomeno, possa sopravvivere.
Gli orfani di Kalergi dovranno farsene una ragione. L’UE è destinata a uscire dalla storia.
Articolo di Cesare Sacchetti