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Su Facebook sei nudo… abbassa le luci e rivestiti!

di Carlo Mazzucchelli

I campi per nudisti sono in netta diminuzione ovunque, non per le legislazioni restrittive vigenti o i pregiudizi della gente ma perché sconfitti da un concorrente imbattibile che ha trasformato la sua piattaforma digitale in un’unica grande esperienza naturista e nudista.

La piattaforma è quella di Facebook che, con la sua “trasparenza”, ha denudato tutti coloro che la usano rendendo visibili e trasparenti nella loro nudità spesso puramente pornografica, non soltanto i corpi (attraverso le immagini) ma anche ciò che essi contengono. Da esperienza per pochi, il nudismo è diventato di massa, da scelta libera e spontanea si è trasformato in esibizione conformistica e in necessità inconscia, da contatto diretto e non artificioso con la natura, con l’ambiente e con gli altri, in pratiche digitali, virtuali e in assenza di un corpo.

I frequentatori di Facebook sono così distratti e impegnati nel chattare, condividere, gratificarsi a vicenda, scattare e pubblicare, postare e messaggiare, da non rendersi neppure conto di essere nudi, abbagliati dall’immagine di sé stessi che il display ritorna loro, completamente esposti allo sguardo altrui, ma senza poterne trarre gli stessi benefici di cui possono godere i frequentatori allegri e rilassati dei campi per nudisti. La nudità inconsapevole è spesso ostentata a dimostrazione che la tecnologia non è responsabile dei comportamenti delle persone che la usano. La tecnologia non è neppure neutrale.

Nel caso di Facebook, ad esempio, la piattaforma tecnologica di social networking modifica l’identità di chi la usa, la percezione del Sé e della realtà. La nudità di Facebook fa sì che tutti sappiano tutto di tutti, perché la trasparenza praticata è anche suggerita, condivisa, premiata e incoraggiata. Chi crea un profilo Facebook condivide la sua identità. Lo fa con un atteggiamento da Narciso che guarda se stesso riflesso nello specchio del social network, alla ricerca di graticazioni, conferme, e compensazioni, e al tempo stesso con lo sguardo fisso sugli altri narcisi impegnati  anch’essi in esperienze simili.

È un esercizio esibizionista che il collettivo Ippolita ha definito “masturbatorio e collettivo” e di “pornografia emotiva e relazionale”. Un esercizio reso possibile dalla legge della trasparenza globale e della sincerità, imposta da Facebook al suo social network, e dal conformismo delle masse che lo frequentano. La trasparenza imposta, svuota l’individuo della sua interiorità, lo trasforma in semplice forma esteriorizzata e digitale, lo mette in mostra nel suo essere presente, nudo e indifeso e senza alcuna possibilità di difendere la propria privacy e riservatezza.

Per questo motivo il primo passo da compiere è di abbassare le luci e rendere più complicata la visibilità. Lo si può fare in modi diversi, ma principalmente non permettendo a Facebook di costruire un profilo veritiero e identificabile con la propria identità. Si possono fornire al social network di Facebook informazioni volutamente errate e false verità su se stessi. Lo si può fare con attività praticate scientificamente per resistere, mimetizzarsi, offuscare, dissimulare, sabotare, e contrastare le regole della trasparenza di Facebook, rendendogli impossibile sapere tutto su di noi, impedendogli di spogliarci, rendendoci nudi ed esposti allo sguardo degli altri e ai suoi algoritmi di profilazione e data mining.

Molti si esimono da queste attività per paura di dover abbandonare la falsa socialità di Facebook e per l’impossibilità di tornare al solo mondo offline. Chi riuscisse a farlo potrebbe però sperimentare il piacere dell’oscurità e provare a rivestirsi, osservandosi con serenità, dignità, stupore e compiacimento in un semplice specchio.

Articolo di Carlo Mazzucchelli

Fonte: http://www.solotablet.it/blog/tabulario/su-facebook-sei-nudo-abbassa-le-luci-e-rivestiti

DEMENZA DIGITALE
Come la nuova tecnologia ci rende stupidi
di Manfred Spitzer

Demenza Digitale

Come la nuova tecnologia ci rende stupidi

di Manfred Spitzer

L'uso sempre più intensivo del computer scoraggia lo studio e l'apprendimento e, viceversa, incoraggia i nostri ragazzi a restare per ore davanti ai giochi elettronici. Per non parlare dei social che regalano surrogati tossici di amicizie vere, indebolendo la capacità di socializzare nella realtà e favorendo l'insorgere di forme depressive. Manfred Spitzer mette politici, intellettuali, genitori, cittadini di fronte a questo scenario: è veramente quello che vogliamo per noi e per i nostri figli?

Senza computer, smartphone e Internet oggi ci sentiamo perduti. Questo vuol dire che l'uso massiccio delle tecnologie di consumo sta mandando il nostro cervello all'ammasso. E intanto la lobby delle società di software promuove e pubblicizza gli esiti straordinari delle ultime ricerche in base alle quali, grazie all'uso della tecnologia, i nostri figli saranno destinati a un radioso futuro ricco di successi.

Ma se questo nuovo mondo non fosse poi il migliore dei mondi possibili? Se gli interessi economici in gioco tendessero a sminuire, se non a occultare, i risultati di altre ricerche che vanno in direzione diametralmente opposta?

Sulla base di tali studi, che l'autore analizza in questo libro, è lecito lanciare un allarme generale: i media digitali in realtà rischiano di indebolire corpo e mente nostri e dei nostri figli. Se ci limitiamo a chattare, twittare, postare, navigare su Google... finiamo per parcheggiare il nostro cervello, ormai incapace di riflettere e concentrarsi.

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