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Italia 2020: Quale Identità? Una nazione tra sovranismo, globalizzazione e Unione europea

di Roberto Bonuglia

Italia 2020. Una nazione tra sovranismo, globalizzazione e Unione europea. La nostra identità? Una Nazione ci vuole eccome checché ne dicano i globalisti. Come il Covid-19 ha rimesso in discussione gran parte delle nostre certezze.

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La pandemia da Covid-19 ha rimesso “in discussione gran parte delle certezze che fino al giorno prima erano state considerate come dei veri e propri dogmi, sacri e imprescindibili” [1]. Ciò trascende ogni ipotesi “complottistica” imponendo di spostare su un piano meta-politico l’analisi delle conseguenze del coronavirus. Poiché esse vanno approfondite per porsi nuove domande e rinvenire possibili risposte ad una crisi che – indipendentemente dal modo col quale si è originata – rimane “il fatto” che ha mutato profondamente i ménage quotidiani di tutti, rendendo necessario un ripensamento del contesto economico-politico entro il quale si svolgono le nostre esistenze in questa “fase solo apparentemente di caos a cavallo tra un mondo che muore ed un mondo nuovo che nasce” [2].

Prima di tutto bisogna focalizzare l’attenzione sulla parola “pandemia”, esercizio semantico elementare sfuggito ai più. Ma “l’essenziale è invisibile agli occhi” [3] e, in effetti, probabilmente ben pochi si sono soffermati sul fatto che il termine derivi dal greco pan-demos, il cui significato è “tutto il popolo”. E chi più del popolo né è stato colpito? Nessuno, appunto. Ma se da sempre esiste un popolo, al contempo, esiste pure un’élite – colpita molto meno dall’emergenza – intesa come “superiorità sociale” [4], la quale ne completa l’eterna dicotomia che la globalizzazione ha trasformato in divaricazione. In che modo? Lasciando – com’è accaduto da noi più che in altri Paesi – allo sbando il primo e rafforzando le élite come depositarie dei dogmi a cui si faceva prima riferimento, trasformandole in “una sorta di ordine sacerdotale, investito del ruolo di custodi e guardiani ‘integerrimi’ delle teorie del liberismo e del globalismo free trade più sfrenato, senza regole se non quelle di realizzare il fine del profitto” [5].

È questo il contesto entro il quale il Covid-19 ha sorpreso tutti, evidenziando le contraddizioni del “villaggio globale” [6] che – soprattutto nell’ultimo trentennio – ha sostituito lo Stato-Nazione già uscito sconfitto dal Secondo conflitto mondiale [7]: lo attestano una serie di conseguenze politiche, economiche e sociali alle quali nessuno si è potuto sottrarre. E che hanno messo a nudo l’illusoria natura ottimistica di una globalizzazione la quale, lungi dal perseguire l’idea di uguaglianza e di offrire migliori condizioni di vita, in realtà, ha realizzato l’omologazione in un mondo unipolare, nel quale si sono cancellate progressivamente le funzioni essenziali di ogni Stato sovrano democratico: il bene dei propri cittadini, e del proprio popolo. Instaurando, invece, una società illiberale e chiusa, strutturata a livello mondiale sull’unitarismo delle élite economiche che hanno sostituito – svuotandola dei propri poteri – la “vecchia” nomenklatura politica. 

Tutto ciò impone una riflessione sul concetto di sovranismo poiché, essenzialmente, il globalismo economico si è imposto de facto, facendo leva “sul buonismo radical chic assurto a ideologia della globalizzazione” [8], trasferendo “la sovranità degli Stati nazionali ad entità sovranazionali, con il preciso e pianificato scopo di estraniare da qualsiasi potere decisionale i Parlamenti nazionali, sostituendoli con un apparato tecnocratico di burocrati autoreferenziali” configurandosi, dunque, come una “forma deviata di sovranismo” [9] impostasi.

In tal senso, l’intervista di Valerio Benedetti a Simone Di Stefano, pubblicata recentemente (Una nazione, Roma, Altaforte, 2020), offre molti spunti di approfondimento, dando voce a chi “anche quando non pagava a livello elettorale” ha sempre affermato che “solo il recupero della sovranità – politica e monetaria – può garantire al popolo italiano il posto che gli spetta di diritto nella storia” [10].

Il volume non disattende le attese e ben rispecchia la scelta coraggiosa di CasaPound – non a caso da sempre sotto l’occhio del ciclone – di porsi “in netta contrapposizione al globalismo”, di “fornire idee a un fronte sovranista forte nei consensi, ma povero dal punto di vista culturale” e di farlo andando oltre “la retorica populista, dietro cui spesso c’è il vuoto” [11]. Questo, essenzialmente l’incipit del volume che suggerisce, però, altre suggestioni che vale la pena di considerare.

Prima di tutto, l’analisi del sovranismo che – insieme a globalizzazione e Unione europea – è una delle keywords dei nostri tempi. Un periodo, cioè, nel quale “l’epoca dei compromessi e delle mezze misure è finita” e che pone “tutti noi di fronte a un bivio: o sovranismo o globalismo, o Stato o mercato, o sovranità o vincolo esterno” [12].

In questa fase di interregno gramscianamente inteso, infatti, è sopraggiunta “una guerra che non è più possibile evitare, dichiarata dai globalisti ai popoli e ai lavoratori di tutta Europa” [13] e non solo. Un conflitto che non è più militare e non solo più economico, ma essenzialmente culturale. E che come tale si configura in tre fasi: l’iniziale “silenzio tombale” che circonda le iniziative dei “non allineati”; la successiva “demonizzazione o ridicolizzazione” degli stessi e, infine, la “sottrazione” del pensiero forte al legittimo proprietario, decentrando e banalizzando il primo privando, così, il secondo dello stesso [14].

Lo conferma il dibattito intorno al concetto di sovranismo, legittima istanza di ri-nascita di “uno Stato sovrano che difenda gli italiani contro lo strapotere dell’Unione europea, il ricatto dei mercati, il globalismo che cancella l’identità dei popoli” [15]: a lungo ignorato a favore delle analisi sul populismo – nel Terzo millennio tra la prima monografia sul sovranismo [16] e la prima sul populismo [17] passano ben 17 anni [18] – poi volutamente demonizzato a ridosso della Brexit considerata, non a caso, una “vittoria non del popolo, ma del populismo […] del “sovranismo” più stantio e del nazionalismo più stupido” [19]; e oggi largamente banalizzato dai media che, per andare incontro alle popolazioni sempre più prossime all’analfabetismo reale, semplificano i messaggi fino a capovolgerne il significato.

SOVRANISMO vs. GLOBALISMO | GloboNews.it

Non è un caso, infatti, che l’uso ripetuto e frequente dei termini sovranismo e populismo sia connotato da toni sprezzanti e che, entrambi, siano spesso “ritenuti come due facce dello stesso fenomeno e solitamente utilizzati in senso dispregiativo” quando, in verità, essi rappresentano ben altro: “l’approdo pressoché inevitabile delle ricorrenti riflessioni in tema di crisi della democrazia e di crisi del processo di integrazione europea” [20].

Nello stesso senso va letta la strumentale confusione dei due concetti, tra loro invece molto diversi come precisa Di Stefano: “il sovranismo è una visione precisa di quali sono i compiti dello Stato all’interno del mondo reale. Questa visione si concretizza in un programma politico, proposte di legge, iniziative e azioni” [21] in antitesi, come fornisce la definizione Treccani del neologismo, alle dinamiche della globalizzazione e in contrapposizione delle politiche sovranazionali di concertazione” [22]. Il populismo, invece, è fare politica eseguendo ciò che inconsciamente il popolo desidera. Ma così non si va da nessuna parte: il populismo rischia di essere fagocitato dai proprietari degli strumenti d’informazione, perché sono loro alla fine che orientano le masse […] Il populismo naviga a vista, alla ricerca del consenso, il sovranismo ha una direzione e un obiettivo preciso [23].

Che non è assolutamente quello della sospensione della democrazia, ma la sua piena attuazione, tanto che essenzialmente la posizione sovranista “sarebbe la sola costituzionalmente ammessa, perché l’articolo 1 […] recita che la sovranità appartiene al popolo” [24].

Un assunto alquanto scomodo in tempi come questi di democratismo [25], nei quali la globalizzazione e il connesso neoliberismo hanno liquidato l’intera cultura di tradizione umanistica interrompendo la traditio, ossia la trasmissione, il passaggio del testimone da una generazione all’altra: “Non c’è più Olimpia, Atene è stata sostituita da Francoforte” e “il deserto culturale, la socializzazione della cultura, sono funzionali alle necessità d’una tecnica economica distante ormai anni luce dai postulati classici dell’economia politica” [26].

Di conseguenza, oggi, la sovranità sembra “dover spettare a chiunque – al mercato, all’Unione europea, alla Nato, all’Onu – tranne che al popolo e allo Stato italiano”. E’ quindi necessario superare definitivamente la “dorata menzogna” della globalizzazione, che ha “permesso al capitalismo di vanificare le battaglie – sia sociali sia identitarie – che sono state combattute e vinte dai nostri popoli nei secoli precedenti” ed il cui obiettivo è essenzialmente quello di “cancellare ogni coscienza di popolo, che è poi l’unica arma che abbiamo per ribellarci” [27].

La difesa dell’identità appare dunque di fondamentale importanza, una condizione indissolubile per realizzare le proposte – tante e pragmatiche – suggerite da Di Stefano, poiché tutti i problemi e tutte le questioni, anche quelle sollevate nel resto dell’intervista (dal recupero dello spirito sulla materia al ritorno alla sovranità monetaria, dal perseguimento della giustizia sociale al superamento del complesso di inferiorità della destra in ambito culturale), si riconducono a questo: sapere chi si è.

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Non a caso, “identità significa consapevolezza, e consapevolezza significa padronanza di se stessi e capacità progettuale riguardo ai mezzi e ai fini che ci si prefigge nella vita” [28]. Non a caso, nel mondo attuale “i globalisti ambiscono […] a eliminare tutte le identità da quella sessuale – con l’ideologia gender – fino a quella nazionale e storico culturale […], facendo leva sui migliori neuroscienziti, sociologi, geni del marketing [29]. Sono loro che, coadiuvati dal mainstream, “fissano gli obiettivi e possiedono il segreto di farsi obbedire” [30] ben consci del fatto che chi perde le proprie radici, diventa inevitabilmente un numero nella massa perdendo, come scriveva Eric Voegelin, la consapevolezza dell’individuo [31]. Non a caso, infine, la partita decisiva che si sta giocando è tra forze “che mirano alla distruzione delle identità e quelle che, mediante una necessaria presa di coscienza, mirano a difenderla, preservarla e svilupparla” [32].

Una Nazione, dunque, ci vuole eccome… checché ne dicano i globalisti. Perché una Nazione, un Paese “vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti”. Lo scrisse nel 1949 uno scrittore che aveva “girato abbastanza il mondo da sapere che […] uno si stanca e cerca di mettere radici, di farsi terra e paese, perché la sua carne valga e duri qualcosa di più che un comune giro di stagione” [33]. Era Cesare Pavese e oggi, come noi, avrebbe saputo da che parte stare in questa partita.

Articolo di Roberto Bonuglia

Riferimenti:

[1] A.M. Rinaldi, Prefazione a V. Benedetti, Una nazione. Simone Di Stefano accusa l’Unione europea, Roma, Altaforte Edizioni, 2020, pp. II e III.

[2] Cfr., R. Graziani, Orientamenti per essere l’Alternativa, in Canale Youtube “Rainaldo Graziani”, [minuti 5:15/5:40].

[3] A. De Saint-Exupéry, Il Piccolo Principe, Milano, Bompiani, 2013, p. 98.

[4] G. Aliberti, Società politica e ruoli di potere delle élites locali italiane tra l’Otto e il Novecento, in AA.VV., Vecchie e nuove élites, Roma, Bulzoni, 2000, p. 96.

[5] A.M. Rinaldi, cit., p. III.

[6] M. McLuhan, Understanding Media: The Extensions of Man, New York, Signet Books, 1964.

[7] R. Bonuglia, Chi ha perso, davvero, la seconda guerra mondiale?, in “Quaderni Culturali delle Venezie” dell’Accademia Adriatica di Filosofia “Nuova Italia”, del 22 aprile 2020.

[8] R. Bonuglia, 1990-2020: i peggiori anni della nostra vita, in “Quaderni Culturali delle Venezie” dell’Accademia Adriatica di Filosofia “Nuova Italia”, del 25 maggio 2020.

[9] A.M. Rinaldi, cit., p. VII.

[10] V. Benedetti, Introduzione a Una nazione. Simone Di Stefano accusa l’Unione europea, cit., p. 3.

[11] Ivi, p. 13.

[12] V. Benedetti, cit., p. 4.

[13] Ivi, p. 5.

[14] Cfr., R. Graziani, 7 – Dughin in tour: guerra culturale fuori onda, in Canale Youtube “il reporter indignato”, [min. 8:18/ 10:05].

[15] Cfr., P. Becchi, Italia sovrana, Milano, Sperling&Kupfer, 2018.

[16] G. Valditara, Sovranismo una speranza per la democrazia, Milano, BookTime, 2017.

[17] In Italia di “populismo” in senso negativo come fenomeno degradante della politica si occuparono: C. Tullio Altan, Populismo e trasformismo: saggio sulle ideologie politiche italiane, Milano, Feltrinelli, 1989; A. Sarubbi, La Lega qualunque: dal populismo di Giannini a quello di Bossi, Roma, Armando, 1995; P. Flores d’Arcais, Il populismo italiano da Craxi a Berlusconi: dieci anni di regime nelle analisi di Micromega, Roma, Donzelli, 1996; AA.VV., Le armi della Lega: razzismo, xenofobia e populismo in Val Padana, Livorno, Sempre avanti, 1998.

[18] Ci si riferisce alle analisi non demonizzanti del fenomeno quali quelle di L. Incisa di Camerana, Fascismo, populismo, modernizzazione, Roma, A. Pellicani, 2000 e di Y. Mény e Y. Surel, Populismo e democrazia, Bologna, Il Mulino, 2001.

[19] B.H. Levy, Così con la Brexit ha vinto un sovranismo ammuffito, in “Corriere della Sera”, del 27 giugno 2016.

[20] M.G. Rodomonte, Il “populismo sovranista” e l’Europa. A proposito di crisi della democrazia e del processo di integrazione europea, in “Nomos. Le attualità del diritto”, n. 2, del 2019, p. 1.

[21] V. Benedetti, Una nazione. Simone Di Stefano accusa l’Unione europea, cit., p. 18.

[22] Cfr., la voce sovranismo, in Vocabolario Treccani.

[23] V. Benedetti, Una nazione. Simone Di Stefano accusa l’Unione europea, cit., p. 18 e ss.

[24] Ivi, p. 18.

[25] R. Bonuglia, Se la democrazia diventa “regime” e gli intellettuali vassalli omologati, in “Barbadillo”, 1 febbraio 2020.

[26] P. Simoncelli, intervento al Convegno Oltre Salerno. Benedetto Croce, Ignazio Silone e la loro attualità politica, del 28 settembre 2014, ora in G. Di Leo, Atti del Convegno di Pescasseroli e Pescina, Roma, Aracne, 2015, p. 162.

[27] V. Benedetti, Una nazione. Simone Di Stefano accusa l’Unione europea, cit., rispettivamente pp. 34 e 37.

[28] F. Lamendola, Il nocciolo della questione è l’identità, in “Quaderni Culturali delle Venezie” dell’Accademia Adriatica di Filosofia “Nuova Italia”, del 10 ottobre 2018.

[29] V. Benedetti, Una nazione. Simone Di Stefano accusa l’Unione europea, cit., pp. 38 e ss.

[30] R. Aron, Struttura sociale e classe dominante, in Id., La politica, la guerra, la storia, Bologna, Il Mulino, 1992, p. 287.

[31] G.F. Lami, La riforma della rivoluzione, in Caratteri gnostici della moderna politica economica e sociale, Roma, Astra, 1980, p. 19.

[32] F. Lamendola, Il nocciolo della questione è l’identità, cit.

[33] C. Pavese, La luna e i falò, Torino, Einaudi, 1950.

Fonte: http://www.accademianuovaitalia.it/index.php/storia-e-identita/identita-delle-nazioni-sovrane/9166-italia-2020-quale-identita

ALIENI O DEMONI
La scelta consapevole di porre fine ai tempi dell'inganno
di Corrado Malanga

Alieni o Demoni

La scelta consapevole di porre fine ai tempi dell'inganno

di Corrado Malanga

Il dottor Corrado Malanga è ricercatore e docente di Chimica Organica presso l'Università di Pisa. Si interessa di UFO e Alieni da quasi quarant'anni. Attualmente i suoi interessi sono rivolti alle problematiche legate ai Rapimenti Alieni (Abduction), che studia mediante tecniche di Ipnosi Regressiva e Programmazione Neuro Linguistica.

In questo libro trovi tutti gli strumenti necessari ad affrontare le conseguenze di un rapimento alieno, per non farlo ripetere mai più. 

Scopri la vera storia degli abusi che gli alieni perpetrano sull’umana progenie; la psicosomatica dei fenomeni di Abduction; la risoluzione di casi specifici e le tecniche di PNL e Ipnosi Regressiva applicate al problema.

Tratto dalla prefazione dell’Autore

Tutto cominciò tanti anni fa. Mi interessavo di UFO a livello amatoriale, quando decisi di entrare a far parte di un’organizzazione nazionale che studiava l’argomento. Divenni membro del Consiglio direttivo e lavorai con questa organizzazione per svariati decenni. Un giorno mi affidarono l’incarico di seguire un caso di presunto rapimento, da parte di alieni, di un ragazzo di Genova: Valerio.

Dopo quattro anni d’inchiesta, per volere dello stesso direttivo del centro per cui lavoravo, trasformai il mio rapporto in un libro. Si scatenò l’inferno!

Questo trattato spiega, per filo e per segno:

  • In cosa consiste il problema delle interferenze aliene
  • Le principali razze che praticano le interferenze
  • I vari livelli d’interferenza interna ed esterna all’addotto
  • Le interrelazioni tra alieni e alieni e tra alieni e gruppi di Governo Mondiale (NWO, New World Order)
  • Le tecniche di sottomissione che gli alieni e i militari con essi collusi utilizzano per i propri scopi
  • I motivi per i quali tutto ciò accade e le tecniche utilizzate per comprendere il fenomeno.

Parla, però, anche della vera natura dell’Uomo e dell’universo, distingue Anima, Corpo, Mente, Spirito, realtà reale e realtà virtuale e fornisce la chiave di lettura per poter finalmente divenire.

Mi sono infatti reso conto che, nello studiare gli alieni, avevo commesso un grave errore metodologico: non si possono studiare gli alieni senza prima sapere come noi stessi siamo fatti. Ben presto avevo capito che gli alieni cercavano in noi qualcosa che non avevano, qualcosa che noi non sapevamo di possedere, qualcosa che rende molti uomini parte integrante di Dio.

Lo scopo del presente trattato è fare chiarezza...

 

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