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Si sono bevuti il Cervello con tutto l’Asterisco!

di Marcello Veneziani

Quest’anno al mare va di moda l’asterisco da bagno. È un costume intero con un grande asterisco prominente che nasconde ogni protuberanza maschile o femminile, in modo da impedire di capire a che sesso appartieni.

Nova - Sulla banalità dell'asterisco nel linguaggio contemporaneo - Attualità

L’ultima moda dell’asterisco è l’apoteosi dell’imbecillità surreale che colpisce la società globale fin dentro gli organi genitali, le identità sessuali e le regole logiche e grammaticali. L’asterisco cancella ogni traccia di sesso maschile e femminile, lascia nel vago e nel fluido la sessualità, e scalda il posto alla schwa, che è la vocale neutra, la e rovesciata, che insieme al segno +, all’o barrata e non so che altra grafominchiata, serve a riparare l’umanità dall’orrore del sessismo, e a salvare il mondo dalla tirannia del maschile e del femminile.

Leggo che i fautori di questa campagna politica, editoriale e culturale, semiotica e soprattutto “idiotica”, annunciano con soddisfazione che presto si adegueranno pure le tastiere dei pc e degli smartphone a questi nuovi geroglifici geneticamente modificati. E vi risparmio le campagne ausiliarie sulle parole da castrare o mutare, tipo amen che diventa awomen e altre amenità per la parità di genere.

Vanamente il povero Maurizio Maggiani aveva tentato di esprimere su la Repubblica il suo disagio e il suo dissenso rispetto all’uso e l’abuso di asterisco, arrivando a dire “non sono un asterisco”; una serie di anatemi e di asteroidi è piovuta su di lui per ripristinare l’ortodossia e l’ortografia del gender. Non si scherza, ti becchi un asterisco in mezzo ai denti.

Suggerirei a questo punto di abbandonare la dicitura ormai logora di politicamente corretto per designare questi fenomeni ormai ossessivi e di sostituirla con un giudizio esplicito direttamente su chi lo pratica: chi usa questo linguaggio può a buon diritto definirsi “scemo progressista”. Definizione scientifica, direi, rigorosa. Non è per offendere, è per dire le cose come stanno. Chi ama la verità, il buon senso, la realtà secondo logica e natura, non può che convenire sulla precisione della definizione, con ampia facoltà di prova, schiacciante.

Con il sottinteso onesto che non tutti gli scemi sono progressisti, ce ne sono anche di conservatori e di non classificabili; e non tutti i progressisti sono scemi, ci mancherebbe. Ma chi adotta questo sistema di segni e censure e poi li applica alla realtà e alla scrittura, può definirsi con effetto immediato uno scemo progressista, a decorrere dall’uso dell’asterisco e ammennicoli vari. Gli altri, se non si dissociano e non dissentono, entrano in odore di complicità o d’imbecillità. Con l’aggravante della malafede, se lo fanno solo a scopo di trarre profitto politico e agibilità sociale, denunciando i negazionisti dell’asterisco.

Aggiungo, sempre per amor del vero, che un tempo era il conservatore a passare per gonzo, col suo moralismo bigotto, i suoi pregiudizi e i suoi paraocchi. Il progressista, in quel tempo, era il dissacratore, lo spregiudicato, il libertino, e magari pure l’immorale. Ora non è più così. Il progressista che adotta quel lessico e quei segni è moralista, bigotto, coi pregiudizi e i paraocchi, per non vedere la realtà dei sessi. E soprattutto scemo, contro la realtà e la verità, il buon senso e la natura.

Precursore della scoperta fu Leonardo Sciascia, che parlò già alla fine degli anni settanta in Nero su nero del “cretino di sinistra”. Sulla sua scia venne l’economista e scrittore Sergio Ricossa, in un florilegio intitolato Straborghese; prima di lui Claudio Quarantotto aveva raccolto uno scemenziaio dei sessantottini in un pamphlet, L’Abz della contestazione; poi Fausto Gianfranceschi nel ’92 dedicò un libro, Lo stupidario della sinistra, uscito con Mondadori. Ma i suddetti non avevano conosciuto l’involuzionismo del politically correct e l’applicazione del progressismo alla coglioneria militante della biopolitica applicata ai gender.

L’asterisco è l’oggetto della sua imbecillità, come il bastone che dà il nome all’imbecille (in baculum, colui che avrebbe bisogno di appoggiarsi a qualcosa, perché da solo non regge). La novità rispetto al passato è che un tempo si diceva: “la mamma degli imbecilli è sempre incinta”; ora invece l’imbecillità si ottiene con la fecondazione artificiale, la cosiddetta imbecillità surrogata. Un tempo si diceva pure che “ogni minuto muore un imbecille e ne nascono due”; ora il fenomeno si è aggravato, perché oltre alla nascita c’è pure la conversione alla stupidità in età matura. E poi oggi, l’imbecille è donatore spermatico, lascia il suo seme alla banca apposita.

L’asterisco, come sapete, ai tempi dell’umanità sana di mente veniva usato per richiamare una nota a margine o un’omissione volontaria del testo. Adesso è invece simbolo isterico di castrazione mentale e infibulazione ideologica, serve per nascondere il peccaminoso sesso, come nemmeno gli ayatollah più fanatici usano fare. L’asterisco è peggio di un burqa, perché non si limita a salvaguardare il volto di una persona; neutralizza il sesso e sterilizza un intero genere.

Temo che in molta gente si sia formato un asterisco nel cervello che oscura le sinapsi e ogni altro collegamento cognitivo. Un tumore ideologico, non maligno semmai malpensante, che produce un fenomeno degenerativo dell’intelligenza nei rapporti con le persone. L’asterisco, e quel che sta dietro la sua scelta, fa perdere di vista le persone reali, anima e corpo, carne e mente, la loro storia e la loro natura; riduce tutto a categorie astratte se non astrali; generi, sessualità fluttuanti e volubili, capricciose, multiuso et abuso. Non uomini ma materiali in transito.

Nel nome della libertà di ciascuno rinnega la libertà di ognuno. Come ci insegnano i telefonini, maestri di vita e di tastiera, all’asterisco segue il cancelletto; del carcere o del manicomio, lo vedremo poi.

Articolo di Marcello Veneziani, La Verità (16 luglio 2021)

Fonte: http://www.marcelloveneziani.com/articoli/si-sono-bevuti-il-cervello-con-tutto-lasterisco/

VOGLIO UNA MAMMA E UN PAPà
Coppie omosessuali, famiglie atipiche e adozione
di Giovanna Lobbia, Lisa Trasforini

Voglio una Mamma e un Papà

Coppie omosessuali, famiglie atipiche e adozione

di Giovanna Lobbia, Lisa Trasforini

Cosa chiederebbe un bambino abbandonato? Una mamma e un papà.

"Voglio una mamma e un papà" è il terzo libro della collana Amici dei Bambini.
Grandi polemiche e accesi dibattiti hanno suscitato nel nostro Paese alcune scelte in tema di politica familiare: in particolare, ha avuto risonanza il sì al matrimonio fra persone dello stesso sesso in alcuni paesi del nord Europa, in Spagna e nel Regno Unito, con conseguente possibilità da parte di coppie omosessuali di adottare un bambino. La questione si è concentrata sul presunto "diritto alla genitorialità", visto ora sotto le vesti del "diritto all'adozione". Il fuoco dell'attenzione è quindi concentrato sugli adulti.

Questo libro rilegge un tema di grande attualità – la possibilità di adottare un bambino da parte di coppie omosessuali - rovesciando la prospettiva e partendo dal punto di vista del bambino. La genitorialità non è un diritto né degli eterosessuali né degli omosessuali. Essere figlio è invece un diritto di ogni essere umano.

Dire no all'adozione non è discriminazione nei confronti degli omosessuali, ma semplice riconoscimento di ciò che è famiglia – quindi risorsa piena per un bambino – rispetto a ciò che non lo è – e che quindi può assolvere ad alcuni bisogni del bambino, ma non a tutti. Il discorso sulle "coppie gay" è solo il punto di partenza: il tema poi si allarga a tutti i tipi di famiglie "atipiche" (single, famiglie allargate ecc.).

La specificità del volume consiste dunque nel riportare l'attenzione sulla centralità del bambino. Da qui, senza polemiche o "crociate", nasce il "no" a modelli "familiari" alternativi, che possono risultare fattori di ulteriore difficoltà per minori che hanno già subito gravi traumi; non alla luce di una visione ideologica, ma di una valutazione legata al benessere psicologico del bambino.

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