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Ferrero, le nocciole turche e il lavoro minorile: continua la polemica sulle accuse di sfruttamento, ma l’Italia ignora la notizia

di Paola Emilia Cicerone

Non si placa la polemica sull’impiego da parte di Ferrero di nocciole raccolte in Turchia – paese che fornisce circa il 70% della produzione mondiale – utilizzando manodopera infantile.

Ne avevamo già parlato a giugno scorso (Il Fatto Alimentare), quando l’associazione WeMove Europe ha lanciato una raccolta fondi per indagare sulla presenza di minori impiegati nei noccioleti turchi, come già segnalato da BBC e New York Times. “Grazie alle donazioni dei nostri sostenitori – spiega Giulio Carini, senior campaigner di WeMove Europeabbiamo avviato un’indagine, e i nostri sospetti sono stati confermati. Questa iniziativa è insolita per noi, in genere lavoriamo soprattutto per sensibilizzare le istituzioni europee su problemi sociali e ambientali. Ma visto che Ferrero è una grande azienda in forte espansione, ci sembrava importante attirare l’attenzione dell’opinione pubblica su questo fenomeno, che riguarda anche altre materie prime come il cacao“.

Qualche settimana fa l’associazione ha lanciato una petizione online già firmata da 80 mila cittadini europei per chiedere a Ferrero “di diminuire in piccola parte i suoi grandi profitti e agire per tutelare i diritti umani, soprattutto dei bambini”. Sono già in programma altre azioni dimostrative per denunciare lo sfruttamento minorile nei campi di nocciole turchi. Stiamo parlando di un Paese in cui il lavoro minorile è una realtà drammatica. Secondo dati forniti dal governo turco, che risalgono al 2012, circa 900 mila minori (tra cui oltre 11 mila bambini tra i sei e i quattordici anni) lavorano in diversi settori industriali, compresa l’agricoltura.

Il tema è stato rilanciato anche da Great Italian Food Trade.  “Nel corso dell’estate – spiega Carini – abbiamo girato filmati e raccolto informazioni che confermano la presenza di bambini costretti a lavorare anche dodici ore al giorno nei campi di nocciole situati nell’area del Mar Nero. I coltivatori non vendono direttamente alle aziende ma a intermediari che a loro volta vendono a Ferrero. Per questo non è facile collegare Ferrero alle imprese che sfruttano i bambini, ma ci stiamo riuscendo”.

WeMove Europe ha lanciato una raccolta firme per chiedere a Ferrero di eliminare la manodopera infantile nella raccolta delle nocciole. Il problema, secondo i dai dati raccolti, è soprattutto economico. Le aziende pagano agli intermediari un prezzo molto basso per le nocciole. Questi a loro volta retribuiscono poco i contadini, così i braccianti che vengono da fuori, sono costretti a far lavorare anche i bambini per garantire alla famiglia un pasto e un tetto dove dormire.

“Sono stati i coltivatori a chiederci di denunciare questo fenomeno – continua Carini – e far sapere che se le nocciole fossero pagate di più si potrebbe evitare di far lavorare i bambini. Una società dove bambini e genitori guadagnano tra i sei e i quindici euro al giorno, e contemporaneamente uomini come Giovanni Ferrero accumulano un patrimonio netto di quasi venti miliardi di euro, è una società ingiusta”.

Il tema ha avuto eco su varie testate internazionali, tra cui The Guardian, mentre è stato pressoché ignorato in Italia. L’azienda di Alba, che acquista in Turchia circa un terzo delle nocciole necessarie ai propri prodotti, ha dichiarato al Guardian di essere determinata a “prevenire ed eliminare il lavoro minorile lungo tutta la filiera”, pur riconoscendo che si tratta di un fenomeno complesso. Nella produzione di nocciole sono coinvolti oltre 400 mila produttori e il problema non può essere risolto unilateralmente.

I portavoce dell’azienda affermano che entro il 2020 intendono identificare la provenienza del 100% delle nocciole acquistate. Per il momento solo il 49% ha un’origine conosciuta. Ferrero è un’azienda a carattere familiare e tiene uno stretto riserbo sulle proprie procedure, a differenza di multinazionali come Nestlé che ha diffuso pubblicamente la catena di fornitori da cui provengono le materie prime utilizzate, oltre ad avere aderito alla Fair Labor Association, l’organizzazione no profit che promuove il rispetto delle normative a tutela del lavoro. La sola trasparenza non basta, ma è un passo avanti che Ferrero potrebbe fare per consentire ai consumatori di sapere dove provengono le nocciole“.

Per quanto riguarda la politica dei prezzi, l’azienda ha dichiarato alla rivista online Process Alimentaire, che in Turchia è lo Stato a fissare il prezzo delle nocciole, che quest’anno è sensibilmente aumentato, “senza contare che Ferrero aggiunge un sovrapprezzo per il prodotto di prima qualità”. Si tratta di un punto di vista che non convince il portavoce di WeMove Europe, Carini: “Il prezzo fissato riguarda solo una piccola quota della produzione di nocciole, mentre una grossa fetta è stabilita dal libero mercato, il problema è che Ferrero assorbe una quota talmente importante del mercato che praticamente sono loro a stabilire il prezzo. Questa azienda ha il potere di innescare un cambiamento, e noi abbiamo la responsabilità di rompere il silenzio e pretenderlo“.

Articolo di Paola Emilia Cicerone – giornalista scientifica

Fonte: https://ilfattoalimentare.it/ferrero-nocciole-lavoro-minorile.html

Un commento

  1. Giustissimo la polemica contro il lavoro minorile. Tuttavia questi continui attacchi ad una delle poche industrie alimentari funzionanti in Italia, non ancora in mano ai francesi, e poi che si autofinanzia fuori dai circuiti bancari. Ecco, a buon intenditor poche parole…

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