di Denise Baldi
In questa emergenza il medico di base è stato il grande escluso ma qualcuno non ha smesso lavorare. La dottoressa Maria Grazia Dondini ha continuato a visitare ottenendo ottimi risultati.
La dottoressa Maria Grazia Dondini è un medico di Medicina generale della provincia di Bologna con esperienza trentennale. In un’intervista a Radio Radio ha spiegato perché le istituzioni hanno fatto un grosso errore mettendo da parte la figura del medico di base. Lei ha continuato a curare i suoi assistiti nonostante le direttive lo sconsigliassero: “Il paziente va visitato e valutato”.
Ha criticato la posizione del Ministero della Salute che il 22 febbraio ha pubblicato un’ordinanza che impediva ai medici di famiglia di svolgere il loro abituale lavoro. Nel caso in cui si sospettava un caso Covid, la procedura prevedeva la denuncia al Dipartimento di Sanità Pubblica, che prendeva in carico il paziente con una sorveglianza domiciliare.
“Il paziente doveva rimanere a casa fino al momento in cui l’insufficienza respiratoria non si aggravava al punto di andare in ospedale. Mi sono trovata a un bivio. Potevo segnalare tutti i pazienti che avevano una sintomatologia suggestiva per Covid ma in coscienza mi sono sentita di andarli a vedere”.
Non ha seguito lo stesso protocollo per tutti i pazienti ma ha valutato le cure in base alla conoscenza clinica di ognuno di loro. Il medico di base di Monterenzio, in provincia di Bologna, non ha contato nessun decesso e nessun ingresso in terapia intensiva tra i suoi 1.500 assistiti.
Medico di base: un errore escluderlo
Trattandosi di un nuovo coronavirus, la cui origine non era conosciuta e la cui terapia era inesistente, il Ministero ha cercato di dirottare i pazienti su un canale unico. “Le patologie respiratorie sono varie, non c’è solo la polmonite interstiziale e le curavamo già prima”, ha spiegato la dottoressa.
Prima il medico di base avrebbe potuto visitare il paziente e monitorare nel tempo le forme simil influenzali o influenzali, prestando attenzione alle complicazioni dovute alle sovrainfezioni batteriche. “Nell’ordinanza era scritto che doveva essere disincentivato l’accesso dei pazienti agli ambulatori di medicina generale e nei pronto soccorso. In caso di sintomatologia respiratoria, veniva ricondotta obbligatoriamente al coronavirus e dovevano stare a casa loro, isolati”.
La dottoressa ha specificato che il Ministero non ha vietato le visite domiciliari durante l’emergenza ma per farle era obbligatorio indossare le mascherine FFP2, introvabili in quel periodo. “La ASL mi ha fornito la prima mascherina il 30 di marzo. Non erano disponibili neanche se le avessi volute comprare”.
Gli errori delle procedure
La dottoressa Maria Grazia Dondini ha poi spiegato quali sono state le problematiche che si sono create, escludendo la medicina territoriale durante l’emergenza. Il coinvolgimento del medico di base avrebbe alleggerito il carico degli ospedali: “Ci sono forme febbrili che si vedono tutti gli anni e che si risolvono spontaneamente”.
Il sistema ha fatto di tutto per complicare le cose. Come la Regione Emilia-Romagna che ha dato comunicazione ai medici di non effettuare radiografie toraciche in quanto non diagnostiche per la polmonite interstiziale.
“Se il medico aveva un sospetto per una polmonite alveolare, non aveva la possibilità di una conferma mandando il paziente a fare la lastra. Sono state messe in atto procedure che sicuramente non hanno giovato alla salute dei pazienti”.
Articolo di Denise Baldi – Perito chimico, appassionata di rimedi naturali e di tutto quello che riguarda la salute in generale.
Fonte: https://www.oltre.tv/medico-di-base-impediscono-visitare-continuato/