“Magari muori”: la Banalizzazione della Morte come inizio di una rivoluzione dirompente

di Enzo Pennetta

Non è solo un marketing spregiudicato ma l’apertura di una nuova “Finestra di Overton” che può trasformare radicalmente le questioni sulla morte.


Da qualche tempo una insolita campagna di marketing sta cambiando il modo di proporre i servizi funebri, sta ribaltando l’approccio verso il tema della morte, che da sempre e in tutte le culture è stato affrontato nel modo più profondo e serio.Dalle piramidi egizie ai mausolei, dai dolmen megalitici alle sepolture etrusche, dal Carme 101 di Catullo ai Sepolcri di Foscolo, dalla solennità cupa e sublime della Morte di Sigfrido di Wagner a quella struggente del Requiem K 626 Lacrimosa di Mozart, da sempre la morte ha rappresentato un momento di fronte al quale tutti hanno chinato il capo in un estremo segno di rispetto, che riassume in sé il rispetto stesso per il dramma dell’esistenza umana e al tempo stesso della sua grandezza.

Il senso della morte con la sua drammaticità, ha unito in una fratellanza senza tempo tutte le popolazioni che si sono succedute in ogni luogo della Terra dalla preistoria ad oggi, mai la fine della vita è stata rappresentata in modo meno che rispettoso. Solo in un libro distopico si suggeriva che in un “Mondo nuovo” questo sarebbe stato diverso, si sarebbe dovuta cambiare la sensibilità verso la morte, si sarebbe dovuto ridicolizzare il momento estremo per far accettare la riduzione dell’esperienza umana a ciclo operativo come quello di un qualsiasi utensile.

Il libro è proprio il “Mondo nuovo” di Aldous Huxley, che non finisce mai di rappresentare tutti i cambiamenti che dal lontano 1932, anno che vide la sua pubblicazione, si sono realmente succediti nella nostra società. Nel racconto dello scrittore inglese, la cui famiglia era ben inserita nella classe dominate, si descrive una società nella quale per far accettare l’eutanasia programmata per limiti di età intorno ai 60 anni, si educano i bambini a giocare e scherzare negli ospedali tra i cadaveri dei sottoposti ad eutanasia.

Pratiche come l’eutanasia e l’aborto suscitano opposizione per via della drammaticità dell’argomento, per il profondo significato che tocca corde profondissime dell’esistenza, nel momento in cui però la morte stessa diventasse qualcosa di poco serio, tutto cambierebbe. Tutto cambierebbe, chi mai farebbe barricate e marcerebbe in piazza per un argomento ridicolo?

E se la morte non è importante non lo è neanche a vita. Ridere della morte, non nel modo sprezzante di chi l’affronta da eroe, ma nella maniera ridicolizzante di chi le manca di rispetto, significa compiere la più profonda delle mutazioni antropologiche, rappresenta cioè l’apice della mercificazione della vita umana e della sua reificazione. Quale impatto avrebbe, allora, una vicenda come quella del piccolo Alfie Evans o come quella di Eluana Englaro in una cultura dove la morte è banalizzata?

Ecco dunque che l’esperimento di marketing di una agenzia romana che proprio sulla ridicolizzazione della morte fa leva, va letto come indicatore di un percorso già compiuto nella direzione del “Mondo nuovo” e al tempo stesso come un elemento di promozione di quel percorso che evidentemente la società dimostra di aver almeno in parte già accolto. Le pubblicità che in passato avrebbero infastidito in modo inaccettabile la totalità delle persone adesso si affermano come “simpatiche” trovate:

Anche lo scorso Natale aveva visto un umorismo insolito contaminare le feste con la banalizzazione della morte.

Adesso è il momento delle vacanze dove fa il suo esordio un brano musicale, una campagna di marketing davvero “innovativa”:

Della cosa si è occupato anche il Corriere della Sera, il “Mondo nuovo” è sempre più presente… è sempre più questo mondo. E in una delle pochissime versioni televisive del “Mondo nuovo” troviamo la reazione a questa mutazione antropologica, il personaggio del “Selvaggio” che rifiuta il Mondo nuovo con la sua banalizzazione della morte (quella della madre) e il suo stordimento attraverso la droga di Stato. Il selvaggio è l’eroe moderno, quello che non accetta la distopia ed è quello che ciascuno di coloro che non accettano la mutazione antropologica è chiamato ad essere.

Articolo di Enzo Pennetta

Fonte: https://www.enzopennetta.it/2019/06/la-banalizzazione-della-morte-inizio-di-una-rivoluzione-dirompente/

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