Benetton: nuova campagna di Toscani dedicata all’ “Integrazione”

Volti dell’Italia che studia e che lavora… nelle immagini di Oliviero Toscani per Benetton.

La prima rappresenta un gruppo di studenti universitari di medicina. Tra loro ci sono una nigeriana, un’indiana, un ciadiano, un anglo-srilankese e un italo-nigeriano, che stanno studiando per dare il loro contributo all’interno del sistema sanitario nazionale… wow!

La seconda foto ritrae un gruppo di professionisti. Ci sono un agente di polizia della questura di Enna, un assessore all’Istruzione del comune di Scandicci, un sacerdote della provincia di Pavia, un imam di Roma e un medico e un avvocato di Milano. Le loro origini sono in Camerun, Senegal, Indonesia, Togo, Repubblica Democratica del Congo. Tutti lavorano per costruire un’Italia migliore! Evviva, come siamo fortunati!

Le due foto sono parte di un progetto più ampio sull’integrazione, che “United Colors of Benetton” ha avviato l’autunno scorso, con due foto di alunni che frequentano una scuola multietnica di Milano.

Rivisto da Conoscenzealconfine.it

Fonte: https://www.ilgazzettino.it/nordest/treviso/treviso_oliviero_toscani_campagna-4074632.html

MADE IN ITALY - IL LATO OSCURO DELLA MODA ITALIANA  —
Ecco cosa si nasconde dietro questo business miliardario
di Giò Rosi

Made in Italy - Il Lato Oscuro della Moda Italiana —

Ecco cosa si nasconde dietro questo business miliardario

di Giò Rosi

Se stai per comprare un capo Made in Italy, pensa...
Pensa a come è stato fatto, da chi, dove, in quali condizioni e perché...
Pensa a quanto lo stai pagando e a quanto è costato a chi lo ha prodotto...
Pensa a chi lo ha fatto per te e cosa ci ha guadagnato...
Pensa a cosa è, davvero, il Made in Italy

Non saprai il vero nome dell'Autore di questa inchiesta; ma saprai che quello che racconta è tutto vero, perché lo ha visto, lo ha vissuto, ha collaborato, ha incontrato, ha parlato con le persone che realizzano e rappresentano il Made in Italy

La schiavitù esiste ancora, nelle fabbriche cinesi ma anche nel cuore della vecchia Europa. Gli schiavi del terzo millennio non sono servi della gleba, né prigionieri dei gulag staliniani: sono lavoratori della moda, di un'industria che confeziona lussuosi capi di abbigliamento per le vetrine delle nostre eleganti boutique. Sono esseri umani immolati sull'altare del capitalismo globalizzato, costretti dalla miseria a lavorare senza diritti, senza tutele, senza le minime libertà. Solo perché la loro forza lavoro costa meno di quella italiana, perché hanno avuto la sfortuna di nascere in nazioni ancora lontane dal potersi definire democratiche, e perché qualcun altro possa arricchirsi velocemente. Ma la responsabilità di questo sistema non è solo dei loro compatrioti aguzzini, bensì di molti stilisti e manager della moda italiana.

"Made in Italy" racconta un mondo di intollerabile miseria e sopraffazione, e lo fa con completa cognizione di causa, poiché l'autore (che scrive, come è ovvio, sotto pseudonimo) lavora da anni in questo settore, ha conosciuto carnefici e vittime, ha visto con i propri occhi gli squallidi luoghi in cui si produce gran parte del nostro lusso. Con l'indignazione di un pamphlettista, il talento di un inviato, il gusto del racconto di un romanziere, Giò Rosi ci accompagna nelle fabbriche di uno Stato fantasma fondato sull'illegalità chiamato Transnistria, poi in Romania (dove, se i cittadini rumeni pretendono troppo, si possono sempre importare operai dalle zone più povere dell'Asia), poi ancora in una prigione bulgara convertita in fabbrica senza che si noti troppo la differenza, e in molti altri luoghi ancora.

Dopo aver letto questo libro, sarà più difficile comprare certi costosi capi "firmati" facendo finta di niente. Alla ribellione morale si aggiungerà l'amara consapevolezza che questo vergognoso mercato di esseri umani non solo favorisce i calcoli di imprenditori senza scrupoli, ma danneggia l'intera industria italiana e il consumatore, convinto di pagare artigianato di valore mentre compra merce scadente. Sotto la griffe si nasconde l'antica realtà dell'avidità umana.

Questo è un libro "difficile" perché mette sotto accusa il mondo della moda italiana, il nostro Made in Italy. L'autore lavora da moltissimo tempo nel campo dell'alta moda, e ai più alti livelli, e dopo anni in cui ha visto di tutto ha deciso di "vuotare il sacco". Quello che racconta è impressionante non solo per la portata, la dimensione, la ramificazione, ma soprattutto per il fatto che si tratta di un fenomeno del tutto ignoto e ignorato, di un mondo sconosciuto, che sembra irreale. È un atto d'accusa, un pugno nello stomaco. Un reportage scritto con un linguaggio schietto, accorato, aperto, con una passione che mostra l'urgenza sentita nel dover raccontare. Raccontare una sequela di episodi raccapriccianti per la loro brutalità semplice, ordinaria, disumana...

Anteprima Made in Italy - Il Lato Oscuro della Moda Italiana LIBRO di Giò Rosi

Ho avuto modo di vedere questa situazione sul nascere, ero sul posto quando si costruivano le strutture per allocarvi le linee di produzione, con i macchinari sistemati dentro gli alloggi. Dopo un primo incontro che ebbi con il titolare, durante il quale mi portò a vedere l'inizio dei lavori, passarono pochi mesi e quando mi ritrovai laggiù, lo spettacolo che si presentava ai miei occhi era davvero stupefacente. Linee di produzione perfettamente efficienti. Catene e catene di macchine per cucire di diverso modello a seconda della fase e dell'operazione da effettuare e su ognuna di queste uno schiavo, maschio o femmina. Per lo più donne cinesi e uomini cingalesi, bengalesi o indiani.

Fra queste catene di produzione si muoveva instancabile una direttrice di reparto, credo fosse di Bergamo. Passi rapidi e dito sempre puntato a riprendere, a correggere, a spronare. Una furia.

Scopro che su questa gente viene effettuata anche una specie di "selezione genetica": i ruoli vengono addirittura assegnati a seconda delle caratteristiche morfologiche degli individui che devono realizzare le molteplici operazioni industriali.

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