Comunicare alla velocità della luce? Si può… un sogno diventato realtà

di Debora Bionda
Comunicare attraverso la luce… fantascienza? No, realtà. E se ai più può sembrare strano, se non impossibile, non è così per Alessandro Pasquali, un ragazzo di soli 29 anni il cui sogno è quello di creare connessioni attraverso fasci di luce. Anzi, molto più di un sogno…
Alessandro è l’inventore e il fondatore della start up italo-svizzera “Slux” che ha già all’attivo svariati brevetti. A 7 anni “giocava” con dei circuiti semplici, rivelando già allora la sua natura di enfant prodige, capace di vedere delle potenzialità dove altri non riuscivano nemmeno a immaginarle. A 16 anni si è chiesto “Sarà possibile tramettere dati attraverso la luce?”.
Sono passati 13 anni e oggi Alessandro raccoglie gli straordinari risultati derivanti dal voler rispondere a quella domanda, arrivando a dimostrare al mondo intero che siccome la luce funziona allo stesso modo delle onde elettromagnetiche, con la luce si possono fare le stesse cose delle onde radio, ma senza emettere radiazioni nocive, con una qualità migliore e senza interferenze.
Con la tecnica di trasmissione di segnali messa a punto da Alessandro, la luce diventa vettore di informazioni, che siano audio o di diversa natura. I trasmettitori di informazioni sono delle semplici lampade. Alessandro usa dei banali led, ma in realtà si possono fare esperimenti con qualsiasi sorgente luminosa; anche con una candela…

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Il “Grafene”: tutto quello che può fare il materiale del futuro

Nel 2010 Andre Geim e Konstantin Novoselov ricevettero il premi Nobel per la Fisica per le loro ricerche sul grafene. Nel 2004, i due scienziati ottennero dalla grafite, quella che comunemente troviamo nelle matite, questo materiale dalle proprietà eccezionali.
Avevano solo 52 anni, Andre Geim e 36 anni, Konstantin Novoselov, quando il comitato dei Nobel di Stoccolma li premiò per aver scoperto “il primo materiale a due dimensioni”. Sorsero subito molte domande su quello che poteva implicare quella scoperta, la prima di esse fu: “cosa ci si può fare?”, alla quale Andre Geim rispose: “Non lo so. È come presentare un pezzo di plastica a un uomo di un secolo fa e chiedergli cosa ci si può fare: un po’ di tutto, penso”

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