Per Amazon 44 miliardi di proventi… ma zero Tasse!

di Giulia Maini

L’azienda di Jeff Bezos ha dichiarato perdite di 1,2 miliardi nei profitti del 2020 e per questo, grazie agli accordi stipulati con il Granducato, ha evitato di versare la “corporate tax”.

Jeff Bezos – General Magazine

Quarantaquattro miliardi di proventi nell’anno della pandemia di coronavirus (che strano… mentre l’economia mondiale va a picco loro guadagnano miliardi a palate – ndr) ma nessuna tassa sulla società da pagare. Anche dal punto di vista fiscale, sembra che il 2020 sia stato un anno “piuttosto vantaggioso” per Amazon grazie agli accordi stipulati con il Lussemburgo, Paese in cui il colosso delle vendite online ha la sua sede europea dal 2003.

Secondo quanto afferma il Guardian, che ha ottenuto i conti di Amazon EU Sarl, la società attraverso la quale l’azienda di Jeff Bezos vende prodotti a centinaia di milioni di famiglie nel Regno Unito e in tutta Europa, questi mostrano che nonostante la ditta abbia raccolto un reddito record, l’unità lussemburghese ha subito una perdita di 1,2 miliardi di euro e quindi non ha pagato tasse. Questo perché all’unità sono stati concessi 56 milioni di euro di crediti d’imposta da poter utilizzare per compensare eventuali future imposte in caso di utile. La società finora avrebbe accumulato perdite riportabili per un valore di 2,7 miliardi di euro, che possono essere utilizzate a fronte di eventuali imposte dovute sui profitti futuri.

“Amazon paga tutte le tasse richieste in ogni Paese in cui opera. L’imposta sulle società si basa sui profitti, non sui ricavi, e i nostri profitti sono rimasti bassi visti i nostri ingenti investimenti e il fatto che la vendita al dettaglio è un’attività altamente competitiva e con margini ridotti”, ha dichiarato un portavoce di Amazon rivendicando: “Abbiamo investito ben oltre 78 miliardi di euro in Europa dal 2010 e gran parte di questi investimenti è in infrastrutture che creano molte migliaia di nuovi posti di lavoro, generano entrate fiscali locali significative e supportano le piccole imprese europee”.

Ma Paul Monaghan, amministratore delegato della Fair Tax Foundation, ha dichiarato che le cifre riportate “sono strabilianti, anche per Amazon”. “Stiamo assistendo a una monopolizzazione del mercato in tutto il mondo, sulla scia di un reddito che continua a essere in gran parte non tassato”ha attaccato Monaghan, dicendo anche che tutto questo “colpisce ingiustamente le imprese locali che adottano un approccio più responsabile”.

Secondo quanto sostiene il qotidiano britannico, il problema è che nella dichiarazione societaria sullo scorso anno, Amazon non scompone la quantità di denaro ottenuto dalle vendite in ogni Paese europeo, fornendo un unico dato complessivo. In questo modo ha reso difficile capire quante tasse ha pagato in ogni Stato. Per esempio, nonostante il reddito dell’azienda nel Regno Unito sia salito del 51 per cento nel 2020, avendo la sede nel Granducato, non ha dichiarato apertamente quante imposte sono state pagate a Londra in totale.

Amazon, Paradisi fiscali

Secondo Margaret Hodge, una parlamentare britannica laburista, che da tempo sta conducendo una campagna contro l’evasione fiscale, “spostare i profitti in paradisi fiscali come il Lussemburgo per evitare di pagare la giusta quota di imposte è mancanza di rispetto verso le piccole imprese e i contribuenti”. Per la parlamentare britannica una delle principali cause per cui le grandi aziende riescono ad evadere le tasse risiede nella mancanza di controllo da parte dei governi.

“Il presidente Joe Biden ha proposto un nuovo sistema più equo per tassare le grandi multinazionali, ma il Regno Unito non si è pronunciato a sostegno delle riforme” ha dichiarato Hodge, “i governi devono agire affinché le evasioni fiscali vengano definitivamente bandite”. La proposta è stata invece appoggiata da Berlino e Parigi. Biden ha suggerito che le grandi società e quelle tecnologiche dovrebbero pagare le tasse ai governi nazionali in base alle vendite che generano in ciascun Paese, indipendentemente da dove hanno sede. Ha inoltre proposto un concordato su un minimo fiscale globale, consigliando un tasso del 21 per cento.

Jeff Bezos ha guadagnato 13,5 miliardi di Dollari in 15 minuti, grazie ad Amazon

“Jeff Bezos, fondatore di Amazon e la persona più ricca del mondo, ha accolto con favore le proposte di Biden e ha detto di essere favorevole a un aumento dell’aliquota dell’imposta sulle società”. Come riporta RadioCor, la Commissione Ue è stata molto cauta nel commentare la notizia riportata dal Guardian, dichiarando di non volere entrare nei dettagli. L’esecutivo ha però commentato dicendo che “in linea generale abbiamo un’agenda molto ambiziosa contro le frodi fiscali e che sul piano globale siamo impegnati con i partner internazionali nella discussione in corso sull’equa tassazione delle imprese”.

Ma voi tranquilli… continuate a comprare su Amazon… così lui si arricchisce sempre più… vedete la sua faccia? Sembra tanto allegro… vogliamo forse dargli un dispaicere? (ndr)

Articolo di Giulia Maini

Fonte: https://europa.today.it/lavoro/amazon-44-miliardi-zero-tasse-in-Lussemburgo.html

IKEA
Che cosa nasconde il mito della casa che piace a tutti?
di Olivier Bailly, Dennis Lambert, Jean-Marc Caudron

Ikea

Che cosa nasconde il mito della casa che piace a tutti?

di Olivier Bailly, Dennis Lambert, Jean-Marc Caudron

Che cosa nasconde il mito della casa che piace a tutti? Questo libro però non parla soltanto di IKEA, ma anche (soprattutto?) di noi. Il modello di sviluppo che, direttamente o indirettamente, è incoraggiato dalle pratiche del gruppo - acquistare sempre più cose, a un prezzo sempre più basso, da conservare per un tempo sempre più breve - è incoerente con un discorso sociale ed ecologico credibile.

Per questo la responsabilità di accettare o rifiutare un modello di sovraproduzione e sovraconsumo ricade su noi acquirenti: scegliamo di consumare meno e meglio, in modo più equo, ribellandoci alla dolce influenza delle multinazionali.

IKEA è socialmente responsabile. IKEA è impegnata nella difesa dell'ambiente. IKEA è al servizio del maggior numero possibile di persone. IKEA vuole migliorare il nostro quotidiano. IKEA ci ama. Così vuole apparire agli occhi del grande pubblico la multinazionale del prêt-à-habiter.

Ma la sua immagine di azienda etica è frutto di pratiche effettivamente responsabili o solo di un'ottima strategia di comunicazione? L'ONG belga Oxfam-Magasins du monde ha voluto saperne di più e ha avviato un'inchiesta per far luce sulle modalità di lavorazione dei prodotti IKEA, sul sistema di approvvigionamento del legname e sull'applicazione delle norme di rispetto ambientale, sulle condizioni di lavoro dei suoi dipendenti diretti e di quelli dei suoi subappaltatori.

La conclusione è che gli impegni assunti da IKEA, per quanto lodevoli e concreti, sono insufficienti a garantire soluzioni accettabili per la salvaguardia dell'ambiente e dei diritti dei lavoratori. Tanto più che, nell'ottica di un riserbo portato all'estremo, i suoi bilanci e i controlli effettuati in base al codice di condotta interno all'azienda (IWAY) non sono accessibili al pubblico.

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