Non Fate Finta di Niente e… Leggete!

di Stefano Moretti

Tanto per non dimenticare… Per chi invece ancora oggi non sa… forse è venuto il momento di sapere… la Verità!

Giovanni, 50 anni in perfetta salute, una sera tornando a casa si sente un po’ stanco. Si misura la febbre: 40. Prende una tachipirina e va a letto. La mattina misura di nuovo: sempre 40. Ma sta bene. Continua con la Tachipirina. Dopo 2 giorni stessa situazione, sta bene ma la febbre non scende. Seppur controvoglia, fa il tampone e risulta positivo.

Vista la febbre, dicono, meglio un ricovero. Arriva in ospedale con le sue gambe, continuando a stare bene. Saturimetria: dicono che c’è poco ossigeno, lo mettono in una stanza con altri tre con le maschere per l’ossigeno, gliene mettono una anche a lui. Lui dice che respira bene e non ha bisogno, i sanitari gli mettono una flebo, dicendogli che quello è il loro lavoro.

Gli Tolgono il Telefono…

Dopo la flebo si sente debole e stanco, chiede perché… e un’infermiera, l’unica con cui avrà un rapporto “normale”, gli dice che lo hanno sedato. Iniziano a girargli i coglioni e appena arriva il medico di turno chiede il perché del sedativo. Il medico risponde che quello è il loro lavoro, e che deve stare calmo. Chiede di vedere la moglie e gli dicono che non è possibile…

Chiede il Telefono ma non glielo danno…

Settimo giorno, sempre più debole, sempre più solo. Nel frattempo due suoi compagni di stanza crepano. L’ottavo giorno, arrivano due energumeni, lo sedano e sostituiscono la maschera ad ossigeno con un casco. Inizia una terribile esperienza, col facciale si sente poco e si appanna. Glielo tolgono, pochi minuti e solo per mangiare. Non bisogna essere medici per sapere che l’ossigeno continuato brucia gli alveoli.

Rivede l’infermiera che gli sussurra di andarsene da lì se no lo ammazzano

Non ha contatti col mondo da 10 giorni, la moglie ha provato a vederlo ma è stata respinta. Non ha i numeri telefonici degli amici, è sola. Giovanni si arrabbia, si strappa il casco, lo lancia addosso ad un infermiere, si toglie la flebo e inizia ad urlare che lo stanno ammazzando e che se ne vuole andare. Chiamano il primario del reparto che lo minaccia di intubarlo, Giovanni alza la voce con le ultime energie che gli restano… è alto e grosso, chiede i vestiti. Li ottiene si veste, e se ne va.

Nell’androne chiama la moglie che corre a prenderlo. Prima di uscire saluta il terzo compagno di stanza che piange e gli chiede cosa fare: “strappati il casco e vattene, se no ti ammazzano come gli altri”.

Quando è entrato in ospedale era in perfette condizioni, a parte la febbre, pesava 92 kg, dopo 10 giorni non ha recuperato completamente la sua precedente situazione fisica. Quanti Giovanni sono morti da soli in ospedale?.

Articolo di Stefano Moretti

Fonte: https://www.facebook.com/StefanoMorettiVastoAbruzzo

CASSANDRA È ANCORA MUTA
di Tomaso Montanari

Cassandra È Ancora Muta

di Tomaso Montanari

Chi parla contro il sistema non è tollerato. Bellissimo e interessante il connubio tra la il mito greco di Cassandra e la manifestazione della nostra società attuale dove sembra che più si è ipocriti e più si avanza al contrario di chi coraggiosamente decide di dire la verità ma non viene visto, riconosciuto e considerato proprio come Cassandra, una delle pizie preferite di Apollo.

Sono passati cinque anni dalla pubblicazione di Cassandra muta. Intellettuali e potere nell'Italia senza verità. È, per molti aspetti, cambiato il mondo.

Ma non è venuta meno, nel nostro Paese, l'abdicazione degli intellettuali al loro ruolo di osservatori critici della realtà, indipendenti dal potere.

E non è cambiato l'atteggiamento del potere nei confronti dei pochi intellettuali coerenti e rigorosi, considerati, come Cassandra, con fastidio e irritazione.

Negli ultimi tre anni la pandemia prima e la guerra poi hanno aggravato la situazione, portandola fino al punto di rottura e al rischio di non ritorno.

Gli intellettuali e i media sono sempre più portavoce del potere e quelli che non si allineano alla propaganda sono oggetto di ostracismo, di irrisione, di scherno.

Proprio nel momento in cui il pensiero critico sarebbe più necessario. Costruire una società critica, una società del dissenso, è la condizione vitale per il futuro della democrazia, soprattutto al tempo della guerra.

Ma Cassandra è ancora muta, sempre più muta. Lo evidenzia, in questo aggiornamento dell'analisi, uno dei pochi intellettuali capaci, quando occorre, di dire ostinatamente di no.

Premessa alla nuova edizione

Se Cassandra è muta, la democrazia soffre

In questi anni, ho pagato un prezzo per l’espressione del mio dissenso. Per aver contestato la canonizzazione civile di Franco Zeffirelli o l’istituzione del Giorno del Ricordo, per aver espresso il mio dissenso verso l’operazione Draghi guidata dal presidente Mattarella o anche solo perché un mio testo è uscito tra quelli da commentare alla maturità, mi sono trovato al centro di campagne violente guidate dai capi stessi di alcuni dei principali partiti italiani. E ho perso il conto delle querele, penali e civili, con le quali si è provato a farmi tacere.

Il risultato è che sono sempre più convinto della necessità di non tacere: se Cassandra resta muta, per la democrazia non c’è speranza.

Da qui la decisione di ripubblicare questo libro così com’era, pur sapendo che alcuni passaggi potranno apparire legati al contesto in cui esso fu scritto. Ho dunque aggiunto una postfazione, per mostrare come anche negli eventi degli ultimi anni, e in quelli ancora in corso, il pensiero dissenziente sia ancora e sempre il nemico principale del potere.

Il messaggio di fondo del libro resta terribilmente attuale: oggi abbiamo ancora più bisogno di un’altra politica. Mostrare ostinatamente che il re è nudo, e che un’alternativa è dunque necessaria, è la premessa indispensabile perché quella politica nuova, prima o poi, si manifesti.

Tomaso Montanari, Firenze-Siena-Porto Ercole, luglio 2022

Introduzione di Cassandra muta, 2017

In modo certo arbitrario, ho sempre letto questa vicenda come una impressionante rappresentazione della condizione dell’intellettuale moderno nella sua declinazione forse più interessante: quella dello studioso, dello scienziato, che è anche, appunto, intellettuale pubblico.

Apollo è la conoscenza, la scienza che ti prende come una vocazione: che ti strappa al mondo, e ti vorrebbe possedere, per così dire, in esclusiva. La scienza come sacerdozio, come monachesimo: che ti innalza, e ti separa dalla vita della comunità.

Ebbene, Cassandra è chi accetta la vocazione, e dedica la propria vita allo studio: ma non accetta il sacerdozio, fermandosi un attimo prima. Chi prende il sapere, ma non accetta di darsi fino in fondo: chierici, ma non monaci. Chi vuole rimanere nel mondo, e condividere quella conoscenza con tutti.

La maledizione, lo sputo di Apollo nella bocca, è la condanna a non appartenere fino in fondo né alla scienza, né al mondo: è la condanna a non essere “di nessuno”.

Questo è vero per quanto riguarda il campo d’azione dell’intellettuale. La scienza, mai come oggi, richiede una estrema specializzazione. Che rischia di sterilizzare il senso critico e paradossalmente anche l’attitudine alla ricerca, serrando chi la pratica in un settore sempre più ristretto: più ci si avvicina ai massimi livelli del sistema educativo, più oggi si è costretti entro un campo del sapere relativamente angusto.

Non è evidentemente interesse di nessuno screditare la competenza di per sé, purché non si consideri tale quella acquisita escludendo dal proprio orizzonte qualsiasi cosa non rientri in senso stretto nel proprio ambito specifico – poniamo: gli esordi della poesia d’amore vittoriana – o sacrificando la cultura generale a un ben preciso assieme di fonti convenute e idee canoniche.

Il prezzo, in tal caso, è francamente troppo alto.

E.W. Said, Dire la verità. Gli intellettuali e il potere (1994), Feltrinelli, Milano, 1995, p. 85

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