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Quando gli italiani erano clandestini in Svizzera

“Braccia morte che pesano sulle nostre spalle. Dobbiamo liberarci del fardello, respingere dalla nostra comunità quegli immigrati (italiani) che abbiamo chiamato per i lavori più umili”. (1969, James Swarzenbach)

Una parte di loro aveva lo stesso taglio di capelli, lo stesso abbigliamento e grosso modo gli stessi chilometri di distanza dai genitori. Perché i genitori ce li avevano, anche se stavano in un orfanotrofio ed erano trattati alla stregua di figli di nessuno.

Un’altra parte di loro era clandestina, in un Paese straniero e ostile. Magari superava il confine chiusa nel portabagagli. Di sicuro non poteva uscire di casa né frequentare le scuole. Arrivava a mangiare senza stoviglie, pur di evitare rumori. Tutti erano bambini ed erano italiani. Hanno vissuto così fino al 2002.

“Braccia morte che pesano sulle nostre spalle […] Dobbiamo liberarci del fardello, respingere dalla nostra comunità quegli immigrati (italiani) che abbiamo chiamato per i lavori più umili”. Così scriveva nel 1969 James Swarzenbach, vertice del partito “Azione Nazionale”, a proposito delle persone che andavano in Svizzera a lavorare.

Il clima è rimasto quello ancora a lungo. D’altronde la politica migratoria della Svizzera era inflessibile: lo Statuto del lavoro stagionale non consentiva il ricongiungimento familiare. È stato così dal 1931 al 2002, sopravvivendo a guerre mondiali e cadute di Muri.

La misura riguardava i lavoratori stagionali, ma la stagione era costituita da tre stagioni, nove mesi, ai quali seguiva un trimestre di ritorno obbligato in patria. Nel 1965, però, l’Italia ottenne almeno che dopo cinque permessi stagionali, fosse almeno concesso il permesso annuale. Così le possibilità per le famiglie italiane emigrate in Svizzera si riducevano a due. Entrambe dolorose.

La prima era tenere i figli nascosti, in condizione di clandestinità, vivendo in uno stato di allarme continuo, col rischio di essere scoperti, espulsi e sanzionati per aver contravvenuto alla legge. È impossibile calcolare il numero esatto, ma la stima è di decine di migliaia di casi. Si viveva dentro appartamenti spartani o addirittura zone caldaia, in silenzio, per paura che i vicini denunciassero, e senza avvicinarsi alle finestre, per paura di essere visti. In questo senso, è molto efficace la definizione di “bambini proibiti”, che dà il titolo al saggio di Marina Frigerio Martina sull’argomento.

La seconda opzione per i genitori, era accettare la separazione e soffrire la ferocia della distanza, col sollievo di sapere che i figli almeno avrebbero studiato. Lasciarli perciò negli orfanotrofi in territorio italiano, a ridosso del confine (Domodossola, Trento, Como), nello spazio più vicino possibile per legge. Li hanno chiamati “orfani di frontiera”. Parecchie volte a finire in orfanotrofio, erano i bambini clandestini, scoperti.

In quegli anni e proprio in Svizzera, all’Università di Ginevra, Jean Piaget portava avanti gli studi sullo sviluppo cognitivo dell’infanzia. D’estate uno degli orfanotrofi, la “Casa del Fanciullo” di Domodossola, portava i bambini nel bosco di Croveo, dove era sorto un incredibile villaggio formato da carrozze ferroviarie, arrivate qui apposta nel 1966, su iniziativa di Oscar Luigi Scalfaro, allora Ministro dei Trasporti. Gli orfani di frontiera dormivano nei vagoni, giocavano tra gli alberi, trascorrevano una vacanza.

Tre anni dopo la nascita di quel villaggio, Daniel Roth, direttore di un giornale e leader del movimento “Per una Svizzera viva”, scriveva da oltre confine: “Non sono razzista, sono realista. Gli operai stranieri costituiscono una massa informe che non può legare, per livello culturale, per tradizioni religiose e politiche, con l’ambiente che li accoglie […] In Italia si può tracciare un confine: un 70% di gente sottosviluppata come civiltà e cultura, un 30% di persone che possono ricordare gli svizzeri”.

Muri di parole ostili che tornano a sollevarsi oggi, muri di parole che devono essere buttati giù.

Tratto da: “Bambini proibiti. Storie di famiglie italiane in Svizzera tra clandestinità e separazione” di Marina Frigerio Martina, (Il Margine, 2012).

Fonte: http://www.idiavoli.com/focus/figli-di-nessuno/

L’ALTRA STORIA D’ITALIA (1802 - 1947)
Volume Primo
di Lamberto Rimondini

L’Altra Storia d’Italia (1802 - 1947)

Volume Primo

di Lamberto Rimondini

Questo libro è un viaggio nel tempo, e per fare davvero questo viaggio occorre lasciare a casa tutti i pregiudizi e portare con se il desiderio di comprendere come realmente agisce il potere.

Ci sono verità scomode e inaspettate, che però – se approfondite – possono dare risposta a interrogativi irrisolti del secolo scorso, per avere finalmente un quadro reale della situazione odierna.

Con l’introduzione di Diego Fusaro questo primo testo risponde alle numerose domande legate alla nostra storia.

  • Chi ha voluto e finanziato l’unità d’Italia?
  • Chi sono e da dove prevengono le migliaia di uomini che (con Garibaldi) hanno distrutto il Regno di Napoli?
  • Perché è stato distrutto il Regno delle Due Sicilie?
  • Chi ha controllato finanziariamente e politicamente il Regno d’Italia?
  • Chi ha voluto e finanziato il fascismo?
  • Da chi è stato voluto l’assassinio dell’Onorevole Giacomo Matteotti?
  • Chi ha deciso la morte di Mussolini e chi l’ha ucciso?
  • Chi ha finanziato la Resistenza in Italia?
  • Chi ha vinto il referendum del 1946?
  • Perché il trattato di pace di Parigi del 1947 ha allegati segreti?

La storia d’Italia è complessa, in quanto il nostro Paese è, geograficamente, al centro del Mediterraneo e, di conseguenza, è geopoliticamente rilevante quale confine naturale tra Africa, Europa dell’est, e quindi Asia, Medio Oriente e nord Europa.

Per questa ragione tutta geografica, quindi geopolitica, l’Italia è sempre stata controllata da chi ha avuto, ed ha, mire di dominio sul Mar Mediterraneo.

"Ciò che sappiamo è una goccia, ciò che ignoriamo è un'oceano." - Isaac Newton

La storia d’Italia è complessa, in quanto il nostro Paese è, geograficamente, al centro del Mediterraneo e, di conseguenza, è geopoliticamente rilevante quale confine naturale tra Africa, Europa dell’est, e quindi Asia, Medio Oriente e nord Europa.

Per questa ragione tutta geografica, quindi geopolitica, l’Italia è sempre stata controllata da chi ha avuto, ed ha, mire di dominio sul Mar Mediterraneo.

"Ciò che sappiamo è una goccia, ciò che ignoriamo è un'oceano." - Isaac Newton

«Il libro che il lettore stringe tra le mani è uno di quelli che non fanno pace con il mondo. È un testo che un tempo, prima che Il Capitale divorasse anche la Critica, si sarebbe detto “Critico”: lo è a partire dalla dedica, che si rivolge, in sostanza, a quanti sentono che anche nel tempo dell’end of history qualcosa, dopo tutto, continua a mancare.

Rimondini fa sua la nota riflessione marxiana, secondo cui la storia è sempre storia di lotte di classe: storia degli interessi delle élites dominanti, che li impongono, non di rado con metodi niente affatto idilliaci, all’intera società.

Il sistema mediatico – ha ragione Rimondini – è, nel suo complesso, l’articolato dispositivo fintamente polifonico che deve sempre di nuovo ribadire il punto di vista dei dominanti, facendo sì che esso possa imporsi anche ai dominati e assumere lo statuto di punto di vista generale.

Nuotando contro le onde della storia, come avrebbe detto Nietzsche, il nostro autore prova a ricostruire la conflittualità tra dominanti e dominati – ora aperta, ora latente – lungo il piano del suo sviluppo storico, nei suoi momenti fondamentali e nelle sue figure principali».

- Diego Fusaro -

«Uno degli aspetti più tragici del nostro rapporto con il mondo è la dimensione totalizzante assunta dal capitalismo: i padroni del vapore fanno quello che vogliono e, grazie al controllo dei media, raccontano quello che vogliono.

Le guerre scatenate per soffocare gli Stati ricchi di materie prime vengono così giustificate ipocritamente con gli alibi sempre efficaci della libertà, della difesa della democrazia, della religione, della pace minacciata, della nostra civiltà, del nostro stile di vita.
“Toglietevi gli occhiali bifocali e rivoltate anche le pietre!” – ci dice in estrema sintesi Lamberto Rimondini.

Questo, almeno, è il messaggio principale che mi sembra si possa estrapolare da questo suo libro così freddo e così passionale. Togliamoci anche noi gli occhiali bifocali, e guardiamo con i nostri occhi cosa c’è sotto i sassi. Forse sotto i sassi ci sono i lombrichi e non i tesori».

- Carlo D’Adamo -

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