“Là sotto è la fanciulla bellissima dei Velcha, che vive ancora nella ‘Tomba dell’Orco’ “.
Così esordisce il Cardarelli, infiammato dal ritratto millenario della nobile Velia Spurinna (nobildonna etrusca, nipote di Velthur il Grande, che aveva sconfitto i Greci durante l’assedio di Siracusa e di Ravnthu Thefrinai. Sorella di Avle, l’eroe Tarquiniese che affrontò e vinse Roma. “Tomba dell’Orco”, Necropoli etrusca di Monterozzi); e noi ci uniamo a lui, consci che una parte di lei vive ancora in noi. Tutto ciò è sopito nelle nostre vene, nei nostri gesti più inconsapevoli, nei modi di fare, nei moti dell’anima quando vediamo paesaggi aviti, che ci risuonano familiari.
Il mistero e la sacralità della famiglia risiede proprio in questo: un filo rosso che permette a ciò che è mortale di essere parzialmente immortale. Così i nipoti saranno inconsapevoli specchi di trisavoli mai conosciuti, forse ignorati del tutto, nelle sembianze, nei modi di fare, nel carattere più intimo.
Contrariamente ai luoghi comuni attuali, non siamo monadi, non siamo individui slegati da tutto e da tutti, ma siamo nodi di un intreccio secolare, millenario. Nel bene e nel male. Siamo legati a questo filo rosso, anche negli aspetti più foschi ed inquietanti, come ben insegnavano le tragedie greche.
Ereditiamo infatti anche i difetti dei nostri antenati e gli errori del passato possono prolungare i loro effetti per molte generazioni, soprattutto se si pensa di essere individui assoluti, slegati sia dal passato, sia dal futuro.
I giovani europei sono vittime di una generazione, quella del ’68 e della “controcultura”, che nell’illusione di realizzare un mondo migliore, affrancandosi dal destino della propria stirpe, ha gettato dietro di sé ogni pregio e qualità ereditata dagli Avi, rimanendo inconsciamente e inesorabilmente incatenata ai loro difetti. Difetti ingigantiti dalla brama di possedere tutto subito, in quanto terrorizzati dalla morte e convinti che essa avrebbe spazzato via la loro preziosa “unicità”.
È tempo di confrontarci di nuovo con noi stessi: guardando nel profondo del Sé, incontreremo i nostri Antenati. Nella loro voce, nelle imprese dei migliori di loro, nei fallimenti di chi non fu perfetto, troveremo le risposte a questa abissale crisi di identità dell’umanità europea.
Ascolta la voce degli Avi, Essi vivono in noi. Sono la Fiamma che ci arde in petto, che scalda il nostro Sangue, tramutandolo da mero fluido biologico in Idea immortale.
Fonte: http://www.azioneidentitaria.it/2017/04/06/gli-antenati-vivono/
Trovo l’argomento molto interessante credo che approfondire sia il termine corretto