Cronache della Pandemenza – Un Natale in Modalità “Brain off”

di Piero Cammerinesi

Se cerco, magari al mattino, ancora a metà tra sonno e veglia, di collegare i puntini del momento storico attuale, a volte mi sembra di essere un marziano appena sceso su questo pianeta.

Forse sarò stato suggestionato da Elon Musk, che ci ha promesso di portarci entro pochi anni sul pianeta rosso, ma tant’è, le immagini che mi vengono incontro sono di un delirio senza fine.

La pandemenza è stata contagiosa, non solo dal punto di vista della ‘viralità‘ fisica o psicologica, ma anche perché la modalità brain off, spegni-il-cervello, mi pare abbia conquistato un gran numero di nuovi adepti.

Mentre escono studi su studi che dimostrano la relazione causale tra i “sieri salvifici” e ogni sorta di patologie gravissime, con un numero crescente di morti improvvise tra giovani e meno giovani, gran parte delle persone continuano a non accorgersi dell’abisso che si sta aprendo sotto i loro piedi.

Mai come in questo Natale ho percepito insensata, volgare, finanche blasfema la corsa agli acquisti, la gara nel dilapidare la tredicesima – per chi ha ancora la fortuna di riceverla – in cibarie e doni, la maggior parte dei quali destinata a finire nel dimenticatoio, quando non nella spazzatura.

Il tutto intasando di traffico le città con buona pace del nuovo credo green. Ma, naturalmente, si deve permettere ai sudditi qualche licenza, quindi di combustibili fossili in questi giorni non si parla, né tantomeno del gas che i Paesi NATO – Turchia in primis – continuano ad acquistare sottobanco dalla Russia, mentre a gran voce lo negano.

Panem et circenses. Lasciateli svagare, poi la festa finirà e riprenderemo a strangolarli.

Si parla però dell’argomento del giorno: i pandori e le uova di Pasqua della Ferragni. Tutti preoccupati per il silenzio social dell’influencer che dura ormai da più di 5 giorni. Dopo essersi vestita praticamente da monaca senza un filo di trucco per mostrarsi contrita e quasi “umana”, la cosa incredibile – per un marziano come me – è che la tuta del “pentimento” è andata a ruba in poche ore al trascurabile costo di 600 euro.

Che volete che siano 600 euro di tuta grigio topo per chi segue l’influencer più ricca d’Italia? Si fa questo ed altro per disattivare il cervello e crederci non come siamo ma come vorremmo essere.

Così tra una corsa nelle cittadelle degli acquisti ed una vacanza esotica si avvicina questa orgia di baldoria, che nei Paesi anglofoni non chiamano più da tempo Christmas – non sarebbe inclusivo e poi potrebbe offendere i non cristiani – ma Xmas.

Avete notato che Christ viene sostituito da una croce non dritta ma di traverso? Sarà un caso. In fondo sono i complottisti e i negazionisti che parlano di correlazioni, no?

Infatti, che c’entra Gesù Cristo con quella che viene definita holiday season? Magari sarebbe il Suo compleanno… ma che importa? In fondo è così woke festeggiare un compleanno senza ricordarsi di Chi è la festa, no? Da perenni imbucati.

Dicevo, tra una corsa per gli acquisti ed una discesa sugli sci, si guarda ormai con distacco quasi infastidito al sistematico genocidio che si sta compiendo in Terra Santa – scusate se noi marziani la chiamiamo ancora così in questo pianeta ormai proiettato verso la vita (quasi) eterna e il microchip sottopelle – nella totale indifferenza, complicità o – nel migliore dei casi – impotenza dell’intero mondo cosiddetto civile. Con l’ONU in prima fila, dove, a parte le coraggiose esternazioni di António Guterres, siamo in mano ad una genìa di servi sciocchi che prendono ordini da criminali psicopatici.

Non vengono mostrati più le immagini dei cadaveri degli oltre 5.000 bambini macellati a Gaza, rovinerebbero l’apericena e la corsa agli acquisti.

Ma qualcuno ha dedicato un solo pensiero al fatto che proprio nei luoghi dove è nato il Protagonista del Natale si sta compiendo una strage al cui confronto quella di Erode impallidisce? Al fatto che avrà pure un senso questa recrudescenza di inciviltà e barbarie in un mondo che ci ostiniamo a chiamare civile?

In effetti, la celebrazione del Natale a Betlemme quest’anno è stata annullata. I leader cristiani hanno rinunciato all’albero di Natale in Manager Square, alle decorazioni stradali ed alle celebrazioni di ogni genere per solidarietà con i palestinesi di Gaza. Quest’anno, insomma, Gesù non nasce a Betlemme.

Dell’Ucraina, poi, non si parla più da un pezzo; anche quella è una storia ormai obsoleta. Dopo esserci sgolati a sostenere una parte o l’altra, tra insulti e minacce, cosa ci interessa in fondo delle centinaia di migliaia di ragazzi che hanno perso la vita su entrambi i fronti? E poi, se non ne parlano in TV, ci sarà pure un motivo, no?

Già, la TV. Una aneddoto personale: mi ricordo che quando, quasi vent’anni fa ormai, ci trasferimmo a Los Angeles, anche se non guardavamo da tempo la televisione in Italia, acquistammo un abbonamento di TV via cavo, per poter meglio conoscere il Paese e essere al corrente di quanto accadeva.

C’erano allora oltre 200 canali, la cui qualità era persino inferiore a quella già scadente delle emittenti europee, italiane in testa. Possibile, direte voi, ancora più bassa? Ebbene sì.

Ovviamente dopo pochi mesi decidemmo di interrompere l’abbonamento lasciando solo l’ADSL (in genere negli USA i due sono collegati) per il collegamento al Web. Parlammo con un operatore che, incredulo alla nostra richiesta, iniziò a farci delle offerte al ribasso: “Se mantenete la cableTV vi dimezzo il costo”. “No guardi, non ci interessa…” “Come, non vi interessa? Vi tolgo altri 20 dollari…” “No, grazie, proprio no.”

Alla fine prese atto della nostra scelta anche se, nei mesi seguenti, venimmo contattati ancora diverse volte finché si rassegnarono alla nostra – per loro incredibile – decisione.

Questo breve aneddoto evidenzia una cosa molto semplice: la TV – e con essa tutti i mezzi di comunicazione in mano a chi dirige l’umanità con modalità zootecnica – è la droga cui non si può rinunciare.

Questo, sì, il vero virus contagioso che infetta quotidianamente i pensieri dell’umanità.

Umanità che crede di vivere su un pianeta normale dove si parla della tuta monacale della Ferragni e non del genocidio di Gaza; dei nuovi sieri magici e non delle morti improvvise; dell’ultimo femminicidio (termine insensato e mistificatorio) e non della quotidiana violenza sui bambini causata dall’ideologia gender; della mancanza di neve sulle piste e non delle migliaia di giovani morti nelle gelide trincee ucraine.

Ecco, tutto sommato, mi piacerebbe molto essere il marziano dell’incipit, prendere la mia astronave e ritornare da dove sono venuto, anche se poi, in fondo, so che la lascerei ripartire senza di me, restando qui a combattere quotidianamente per questa umanità in modalità brain off, sperando di essere in grado di trasmettere qualche pensiero sensato…

E dopo questi poco festosi pensieri, auguro comunque a tutti un Natale brain on, in modalità accendi-il-tuo cervello. E possibilmente anche il cuore, ce n’è davvero bisogno perché il Natale non è solo il centro della cultura e della civiltà occidentale ma anche un evento spirituale universale, persino per noi… marziani.

Articolo di Piero Cammerinesi

Fonte: https://www.liberopensare.com/cronache-della-pandemenza-un-natale-in-modalita-brain-off/

CASSANDRA È ANCORA MUTA

di Tomaso Montanari

Cassandra È Ancora Muta

di Tomaso Montanari

Chi parla contro il sistema non è tollerato. Bellissimo e interessante il connubio tra la il mito greco di Cassandra e la manifestazione della nostra società attuale dove sembra che più si è ipocriti e più si avanza al contrario di chi coraggiosamente decide di dire la verità ma non viene visto, riconosciuto e considerato proprio come Cassandra, una delle pizie preferite di Apollo.

Sono passati cinque anni dalla pubblicazione di Cassandra muta. Intellettuali e potere nell'Italia senza verità. È, per molti aspetti, cambiato il mondo.

Ma non è venuta meno, nel nostro Paese, l'abdicazione degli intellettuali al loro ruolo di osservatori critici della realtà, indipendenti dal potere.

E non è cambiato l'atteggiamento del potere nei confronti dei pochi intellettuali coerenti e rigorosi, considerati, come Cassandra, con fastidio e irritazione.

Negli ultimi tre anni la pandemia prima e la guerra poi hanno aggravato la situazione, portandola fino al punto di rottura e al rischio di non ritorno.

Gli intellettuali e i media sono sempre più portavoce del potere e quelli che non si allineano alla propaganda sono oggetto di ostracismo, di irrisione, di scherno.

Proprio nel momento in cui il pensiero critico sarebbe più necessario. Costruire una società critica, una società del dissenso, è la condizione vitale per il futuro della democrazia, soprattutto al tempo della guerra.

Ma Cassandra è ancora muta, sempre più muta. Lo evidenzia, in questo aggiornamento dell'analisi, uno dei pochi intellettuali capaci, quando occorre, di dire ostinatamente di no.

Premessa alla nuova edizione

Se Cassandra è muta, la democrazia soffre

In questi anni, ho pagato un prezzo per l’espressione del mio dissenso. Per aver contestato la canonizzazione civile di Franco Zeffirelli o l’istituzione del Giorno del Ricordo, per aver espresso il mio dissenso verso l’operazione Draghi guidata dal presidente Mattarella o anche solo perché un mio testo è uscito tra quelli da commentare alla maturità, mi sono trovato al centro di campagne violente guidate dai capi stessi di alcuni dei principali partiti italiani. E ho perso il conto delle querele, penali e civili, con le quali si è provato a farmi tacere.

Il risultato è che sono sempre più convinto della necessità di non tacere: se Cassandra resta muta, per la democrazia non c’è speranza.

Da qui la decisione di ripubblicare questo libro così com’era, pur sapendo che alcuni passaggi potranno apparire legati al contesto in cui esso fu scritto. Ho dunque aggiunto una postfazione, per mostrare come anche negli eventi degli ultimi anni, e in quelli ancora in corso, il pensiero dissenziente sia ancora e sempre il nemico principale del potere.

Il messaggio di fondo del libro resta terribilmente attuale: oggi abbiamo ancora più bisogno di un’altra politica. Mostrare ostinatamente che il re è nudo, e che un’alternativa è dunque necessaria, è la premessa indispensabile perché quella politica nuova, prima o poi, si manifesti.

Tomaso Montanari, Firenze-Siena-Porto Ercole, luglio 2022

Introduzione di Cassandra muta, 2017

In modo certo arbitrario, ho sempre letto questa vicenda come una impressionante rappresentazione della condizione dell’intellettuale moderno nella sua declinazione forse più interessante: quella dello studioso, dello scienziato, che è anche, appunto, intellettuale pubblico.

Apollo è la conoscenza, la scienza che ti prende come una vocazione: che ti strappa al mondo, e ti vorrebbe possedere, per così dire, in esclusiva. La scienza come sacerdozio, come monachesimo: che ti innalza, e ti separa dalla vita della comunità.

Ebbene, Cassandra è chi accetta la vocazione, e dedica la propria vita allo studio: ma non accetta il sacerdozio, fermandosi un attimo prima. Chi prende il sapere, ma non accetta di darsi fino in fondo: chierici, ma non monaci. Chi vuole rimanere nel mondo, e condividere quella conoscenza con tutti.

La maledizione, lo sputo di Apollo nella bocca, è la condanna a non appartenere fino in fondo né alla scienza, né al mondo: è la condanna a non essere “di nessuno”.

Questo è vero per quanto riguarda il campo d’azione dell’intellettuale. La scienza, mai come oggi, richiede una estrema specializzazione. Che rischia di sterilizzare il senso critico e paradossalmente anche l’attitudine alla ricerca, serrando chi la pratica in un settore sempre più ristretto: più ci si avvicina ai massimi livelli del sistema educativo, più oggi si è costretti entro un campo del sapere relativamente angusto.

Non è evidentemente interesse di nessuno screditare la competenza di per sé, purché non si consideri tale quella acquisita escludendo dal proprio orizzonte qualsiasi cosa non rientri in senso stretto nel proprio ambito specifico – poniamo: gli esordi della poesia d’amore vittoriana – o sacrificando la cultura generale a un ben preciso assieme di fonti convenute e idee canoniche.

Il prezzo, in tal caso, è francamente troppo alto.

E.W. Said, Dire la verità. Gli intellettuali e il potere (1994), Feltrinelli, Milano, 1995, p. 85

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