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C’era una volta la Rai…

di Giuseppe Giannini

La Rai festeggia i 70 anni, ed è tutto un susseguirsi di (auto) celebrazioni.

Siamo passati dalla “rivoluzione culturale” del mezzo televisivo, che come tutti i grandi media, seppur uniformante e propagandistico svolgeva comunque la sua funzione pubblica (per il quale i cittadini pagano il canone ricordiamolo) e pedagogica, all’attuale stato pietoso dell’informazione generalista.

Una volta la tv di Stato, raggiungendo tutte le case, univa il centro e la periferia, la vita delle città con la desolazione delle zone interne. Così anche gli analfabeti avevano modo di scolarizzarzi, grazie a programmi educativi, ma anche a sceneggiati tratti dai classici della letteratura.

Pure l’intrattenimento, gli spettacoli con cantanti e ballerine, oltre ad interpretare il cambiamento dei costumi avevano qualcosa di serio. I presentatori ostentavano una certa sobrietà, e nei quiz chi vi partecipava veniva scelto per delle competenze da mettere in gioco, in cui si sollecitavano intelligenze e spirito critico e non si buttavano via soldi in base alla scelta fortunosa di un pacco piuttosto che un altro. L’azzardo è diventato la regola.

I programmi di approfondimento e le tribune politiche conservavano ancora un barlume di dignità rispetto alle urla sbraitanti degli attuali e onnipresenti talk show. E si facevano Teatro e Cinema.

L’involuzione è iniziata negli anni’80, quando l’avvento delle tv commerciali, con  allettanti proposte e succinte trasmissioni, ha spinto più in là l’offerta. Berlusconi si è comprato a suon di milioni le star della tv pubblica e i gestori della Rai per reggere il confronto hanno pensato bene di imitarne il modello.

La pubblicità da semplice parentesi si è imposta in pianta stabile invadendo ogni spazio, tagliando con la mannaia filmati e programmazioni. Per filmati si intendono le fiction, con i loro eroi perfetti – il carabiniere, il medico, il prete – per il popolino, mentre la speranza di poter vedere un film che sia tale è rimandata, ahimè, alla dipartita di qualche regista o attore, dei quali ci si ricorda solo quando muiono.

A partire dagli anni ’90, in particolare Rai 1 e Rai 2 si sono messi in concorrenza nel trash con le reti Mediaset: gli stessi action movie di serie z, programmi volgari, e poi i reality. Successivamente l’offerta tv è aumentata a causa delle tv via cavo. Peccato che i giovani nati negli anni duemila, immersi nella tecnologia vedono la tv come qualcosa di anacronistico. Malgrado la tv pubblica cerchi di accalappiarseli per mezzo di influencer o con il bombardamento mediatico relativo alle gesta dei cantanti per teenagers, la sostanza è quella di una deprivazione culturale.

Un uniformismo verso il basso come specchio dei tempi. Un arretramento sociale e civile, di cui queste tv con i Bruno Vespa, Carlo Conti, e Fiorello, le Mara Venier e Milly Carlucci, e gli onnipresenti matusa della canzonetta rappresentno il culmine dell’involuzione culturale.

Ma se c’è un luogo specifico in cui è evidente il decadimento è dato dai tg. Una volta le tre reti, sebbene appannaggio dei vecchi partiti (DC-PSI-PCI), cercavano di rispettare formalmente il mestiere di giornalista. Dopo il crollo della c.d. Prima Repubblica, oltre ad essere lottizzati dai vincitori politici di turno, i tg sono diventati, a tutti gli effetti, simili a testate di gossip. Unica eccezione il canale di rai 3 diretto da Angelo Guglielmi. Ma anche quella parentesi rappresenta un ricordo lontano.

Infatti, non vi è giorno in cui non si parli delle vicende private dei reali inglesi, o di quello che succede a qualcuno dello star system. D’altronde, scopo di questo brain washing è quello di descrivere una realtà perfetta, ma altra, lontana dalla materialità delle esistenze.

Queste notizie riempitive sono funzionali alla propaganda liberal-capitalistica, incentivanti la società consumistica e sostitutive degli eventi reali. L’apice del nonsense viene raggiunto dal tg1 quando questi, una sera, tra le tante news, ha ricordato agli spettatori che quel dato giorno era il compleanno del fidanzato di Barbie.

Il nuovo fascismo profetizzato da Pasolini vent’anni dopo la nascita della tv (allora solo pubblica) è giunto a compimento. Il trash ha vinto.

Viva la Rai! A morte la Rai!

Articolo di Giuseppe Giannini

Fonte: https://www.lafionda.org/2024/01/05/cera-una-volta-la-rai/

IL CODICE DELL'ANIMA
di James Hillman

Il Codice dell'Anima

di James Hillman

"Il Codice dell'Anima" è il bestseller di James Hillman, professore di fama mondiale e fondatore della Psicologia Archetipica, per comprendere il potere dell'anima e scoprire le nostre vere passioni nella vita.

Per decifrare il codice dell'anima e capire il carattere, la vocazione, il destino, nel suo best seller Hillman si ispira al mito platonico di Er: l'anima di ciascuno di noi sceglie un "compagno segreto" (daimon lo chiamavano i greci, genius i latini, angelo custode i cristiani). Sarà lui a guidarci nel cammino terreno.

Mentre filosofi e psicologi da Platone a Jung hanno studiato e dibattuto l'essenza fondamentale della nostra individualità, la nostra cultura moderna rifiuta di accettare che un'anima unica guidi ciascuno di noi dalla nascita, modellando il corso della nostra vita. 

In questo straordinario bestseller, James Hillman presenta una brillante visione di noi stessi e un approccio entusiasmante del mistero al centro di ogni vita che chiede: "Cosa devo fare, essere e avere nel mio cuore? E perché?"

Attingendo alle biografie di figure come Ella Fitzgerald e Mohandas K. Gandhi, Hillman sostiene che il carattere è il destino, che c'è di più in ogni individuo di quanto possa essere spiegato dalla genetica e dall'ambiente. 

Il risultato è una roadmap ragionata e potente per comprendere la nostra vera natura e scoprire una vasta gamma di scelte - dal modo in cui alleviamo i nostri figli ai nostri percorsi di carriera ai nostri impegni sociali e personali per raggiungere l'eccellenza nel nostro tempo. 

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Esiste qualcosa, in ciascuno di noi, che ci induce a essere in un certo modo, a fare certe scelte, a prendere certe vie – anche se talvolta simili passaggi possono sembrare casuali o irragionevoli? Se esiste, è il daimon, il "demone" che ciascuno di noi riceve come compagno prima della nascita, secondo il mito di Er raccontato da Platone.

Se esiste, è ciò che si nasconde dietro parole come "vocazione", "chiamata", "carattere".

Se esiste, è la chiave per leggere "il codice dell'anima", quella sorta di linguaggio cifrato che ci spinge ad agire ma che non sempre capiamo.

Dopo anni di indagini sulla psiche, che hanno fatto di lui l'autore di saggi memorabili come "Il mito dell'analisi" e "La Forza del Carattere", James Hillman ha voluto darci con questo libro le prove circostanziate dell'esistenza e dei modi di operare del daimon.

E ha scelto una via inusuale ed efficacissima, quella cioè di impiegare come esempi non oscuri casi clinici ma il destino di personaggi che ogni lettore conosce: da Judy Garland a John Lennon e Tina Turner, da Truman Capote a Quentin Tarantino e Woody Allen, da Hannah Arendt a Richard Nixon e Henry Kissinger, da Hitler ai serial killer.

Attraverso questa profusione di storie eloquenti e paradigmatiche Hillman è riuscito a farci capire che se la psicologia si è dimostrata incapace di spiegare le scelte più profonde che decidono la vita di tutti noi è proprio perché aveva perso contatto con il daimon. E soprattutto a farci sentire di nuovo la presenza di questo compagno segreto dal quale, più che da ogni altro elemento, la nostra vita dipende.

"Il codice dell'anima" è apparso per la prima volta nel 1996.

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Un commento

  1. RICCARDO CORTALE

    Esilarante ed esaustivo. Complimenti!

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