di Raffaella De Santis
Cinquantacinque anni fa moriva Aldous Huxley, l’autore de “Il Mondo Nuovo” e “Le Porte della Percezione”. Nella sua distopia, pur nei toni moraleggianti, si annidavano spettri che sembrano oggi riaffacciarsi.
Il 22 novembre 1963, lo stesso giorno dell’assassinio del presidente Kennedy, moriva a Hollywood Aldous Huxley, lo scrittore che meglio di qualsiasi altro aveva immaginato il futuro.
Quel giorno, il 22 novembre, era arrivato dopo anni difficili. Nel 1961 un incendio divampato nella sua casa aveva distrutto la sua libreria. Sembra che in quell’occasione Huxley abbia confidato ad un amico: “Vedi un uomo senza passato”, che non era affatto una frase qualunque, perché egli legava i libri, la cultura, alla costruzione dell’identità.
Ma andiamo indietro, per capire l’importanza simbolica di quel fuoco devastatore. Huxley, nato nel 1894 a Godalming, città dell’Inghilterra meridionale, nella contea del Surrey, aveva avuto una vita piena. Veniva da una famiglia illustre, suo nonno era il biologo Thomas Henry Huxley, grande sostenitore delle teorie darwiniane, mentre suo padre Leonard aveva a lungo diretto la prestigiosa rivista vittoriana Cornhill Magazine, fondata da William Thackeray. La madre era invece nipote del poeta Matthew Arnold.
Aldous sceglie la strada della letteratura e nel 1915 si laurea a Oxford. Ma è evidente fin dall’inizio che non è fatto per diventare un sedentario accademico. Ama scrivere, viaggiare, sperimentare, non sta mai fermo. Dal 1923 al 1930 vive in Italia, con intervalli di soggiorno in India.
L’anno che cambia la sua vita è però il 1932, quando pubblica “Il mondo nuovo”. Perfino Adorno lo boccia, accusandolo di moralismo: “Huxley si schiera con coloro che nell’era industriale rimproverano non tanto la disumanità quanto la decadenza dei costumi”. Il Nuovo Mondo è un mondo senza libri, senza cultura, senza eros, senza corpi. Un assaggio di quello che poi sarebbe stato descritto da George Orwell in “1984” e da Ray Bradbury in “Fahrenheit 451”.
Nell’universo pianificato immaginato da Huxley non ci sono guerre né conflitti. Ma perché questo ordine congelato possa durare, gli individui vengono concepiti industrialmente in provetta, programmati geneticamente per non desiderare altro se non quello che già hanno. Il segreto della felicità è “amare ciò che si deve amare”. Per vivere bene bisogna eliminare il pensiero critico, che può essere fonte di turbamento, ed estirpare l’amore, considerato roba da selvaggi. Il motto che troneggia sullo stemma dello Stato Mondiale è “Comunità, Identità, Stabilità”. Chi deraglia, chi sbaglia, viene premiato, una promozione per renderlo inoffensivo.
Il Mondo Nuovo, che all’inizio degli anni Trenta profetizzava le aberrazioni naziste e denunciava i rischi dell’iperorganizzazione dello stato stalinista, parla anche di noi, dei pericoli che possono minare le democrazie. Nessuno più di Huxley ha saputo descrivere le derive delle società totalitarie. Quel libro, che all’inizio degli anni Trenta profetizzava le aberrazioni naziste e denunciava i rischi dell’iperorganizzazione dello stato stalinista, parla anche di noi, dei pericoli che possono minare le democrazie.
Nel 1958 Huxley scrive il seguito della sua distopia. Stavolta è un saggio, s’intitola “Ritorno al mondo nuovo”. La guerra, i fascismi, la rivolta d’Ungheria, la bomba all’idrogeno, erano alle spalle, ma Huxley scriveva: “Certo, in Occidente gli uomini e le donne, singolarmente, godono d’una vasta dose di libertà. Ma anche nei paesi a tradizione di governo democratica, la libertà, e persino il desiderio di essa, paiono in declino”.
I temi erano sempre quelli: ingegneria sociale, controllo, propaganda attraverso la tecnologia, la politica ridotta a liturgia pubblicitaria, l’abolizione delle differenze in nome dell’omologazione di massa. Troppo facile dire, è vero… e sentire risuonare la sua voce dentro il mondo di oggi. Basta citare qualche frase, non servono altri commenti…
“I metodi che si usano oggi per vendere il candidato politico, come se fosse un deodorante, danno all’elettorato questa garanzia: egli non sentirà mai dire la verità, su niente”.
“Gli antichi dittatori caddero perché non sapevano dare ai loro soggetti sufficiente pane e circensi, miracoli e misteri”.
“Il candidato deve essere bello, in qualche modo, o virile o paterno. Deve saper intrattenere il pubblico senza annoiarlo”.
“I discorsi del candidato-attore devono essere brevi e scattanti. I grandi problemi del momento debbono essere liquidati in cinque minuti al massimo”.
Huxley non poteva immaginare i social o ciò che accade oggi, ma in effetti già ne parlava. Nella sua distopia, pur nei toni moraleggianti, si annidavano spettri che sembrano riaffacciarsi oggi.
I libri, quelli che bruciarono a casa Huxley anticipando con il loro rogo la morte dello scrittore, nel Mondo Nuovo sono considerati inutili, orpelli di altri tempi, sostituibili da piaceri più immediati: una droga chiamata Soma o svaghi che non richiedono di pensare. L’altro Huxley, quello che sperimentava LSD e scriveva “Le porte della percezione” (che avrebbe ispirato il nome dei “Doors”) sarebbe diventato il guru della generazione hippy. Ma quella è un’altra storia.
Articolo di Raffaella De Santis
Rivisto da Conoscenzealconfine.itFonte: https://www.repubblica.it/le-storie/2018/11/21/news/aldous_huxley_il_mondo_nuovo_distopia-212214721/