di Federico Nejrotti
Tutti i nostri dati sanitari (a parte il codice genetico) possono finire in mano a terzi per ricerca scientifica… e nessuno ci viene a chiedere se siamo d’accordo.
Nel corso dell’ultima settimana la Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana ha pubblicato il testo completo della Legge Europea 2017, un disegno di legge pensato per guidare l’adempimento degli obblighi dell’Italia nei confronti delle norme europee in quanto stato membro, in cui si sono viste incluse oltre alla voci già note, due articoli che fanno riferimento al trattamento dei dati sanitari in Italia e che allentano enormemente la stretta della privacy, rispetto a questo tipo di informazioni.
In breve, viene autorizzata la cessione a scopo scientifico dei dati sanitari dei cittadini a terze parti, anche senza consenso o, in legalese “Nell’ambito delle finalità di ricerca scientifica, ovvero per scopi statistici può essere autorizzato dal Garante il riutilizzo dei dati, anche sensibili, ad esclusione di quelli genetici, a condizione che siano adottate forme preventive di minimizzazione e di anonimizzazione dei dati, ritenute idonee a tutela degli interessati”, si legge nel testo della Legge europea.
A questo si combina, con l’introduzione dell’articolo 9 del Regolamento generale per la protezione dei dati europei, una nuova politica di gestione per i dati sensibili i quali, con le dovute riserve, possono essere trattati anche senza il consenso diretto dei cittadini. Il risultato è una legge che strizza paurosamente l’occhio agli accordi stipulati nel 2016 tra il governo e IBM e che non fa ben sperare al futuro dei nostri rapporti con le multinazionali del tech.