I Vaccini e quegli strani ingredienti… dal pangrattato all’alluminio fino a…

Nel 1920, Gaston Ramon, veterinario dell’Istituto Pasteur di Parigi, aveva notato che i cavalli a cui veniva somministrato il vaccino contro la difterite, manifestavano una reazione immunitaria più vivace se accompagnato da una maggiore infiammazione del punto in cui si faceva l’iniezione.
Quei cavalli che presentavano brutti ascessi dopo la puntura, erano anche quelli che meglio rispondevano dal punto di vista immunitario alla malattia. Nasce da qui l’idea di integrare nel vaccino il maggior numero possibile di sostanze con un’elevata capacità di infiammazione, come le emulsioni a base di olio, il pan grattato e altre ancora, che leggenda vuole, il veterinario francese semplicemente trovò in cucina…

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Vaccini, è sempre più urgente una risposta politica

di Gioia Locati
Pubblico, in calce, il video del convegno “Vaccinare in sicurezza” promosso dall’Ordine dei Biologi e una sintesi. L’incontro si è svolto venerdì scorso (25 gennaio) a Roma. Presenti più di 260 fra medici, farmacisti e ricercatori di ogni Paese.
Dagli interventi emerge che delle vaccinazioni si sa davvero poco, neppure quanto funzionano. “Non ci si preoccupa di verificare cosa succede in chi è stato appena vaccinato – perché non interessa – ma soprattutto non esiste una ricetta unica o un protocollo per fare un vaccino, lo si prova quando lo si distribuisce”.
La dichiarazione del virologo francese Jean François Saluzzo, che realizza vaccini per la Sanofi ed è consulente OMS, appare nel video mostrato al convegno. Saluzzo aggiunge che “a volte, a provare, si sbaglia. È successo che alcuni vaccini (anti polio e anti rabbica) abbiano provocato la malattia che volevano contrastare o altre infezioni; l’anti febbre gialla somministrata ai soldati procurò l’epatite B, ne fu vittima anche il generale Churchill”.
Ancora: “I vaccini crescono su una materia viva, c’è sempre un rischio. Agli inizi degli anni Cinquanta, le cellule di rene di scimmia, terreno di coltura dell’antipolio distribuito a 60 milioni di americani, risultarono contaminate da un virus tumorigeno, che per fortuna non si trasmise all’uomo. Di recente, un anti-rotavirus è risultato contaminato da un virus suino, che, grazie al cielo, non ha infettato i bambini”

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