Ora l’Olanda punta all’Eutanasia per i bambini sotto i 12 anni

di Caterina Giojelli

Dopo gli anziani, i disabili, gli incapaci, i neonati e gli adolescenti, anche l’ultimo “paletto” sta per cadere: si discute l’introduzione dell’iniezione letale nell’ultima fascia d’età protetta dalla legge.

Anche i bambini sotto i 12 anni hanno diritto all’eutanasia: a fine settembre tre ospedali universitari olandesi hanno presentato alla camera bassa del parlamento, un rapporto che afferma che l’84 per cento dei pediatri olandesi ritiene necessario introdurre la morte assistita nell’ultima zona franca dell’esistenza, quella dagli 1 ai 12 anni. Si tratta dell’unica fascia di età dove l’eutanasia non è ammessa, in quanto i bambini non sarebbero ritenuti legalmente in grado di autodeterminarsi e optare consapevolmente per la morte.

L’ultima fascia “protetta” dalla legge

Oggi in Olanda “grazie” al “Protocollo di Groningen”, elaborato dal professor Eduard Verhaegen, sulla soppressione dei neonati “affetti da malattie gravi”, dal 2004 è possibile uccidere un bambino tra gli 0 e i 12 mesi (anche se ha una aspettativa di vita di 10 anni). Ed è possibile uccidere un bambino tra i 12 e i 16 anni previo consenso dei genitori. Ma la fascia d’età compresa tra 1 e 12 anni è sempre stata per i persuasori della buona morte una cortina dura da oltrepassare. Fino ad oggi.

La sponda del tribunale

Negli ultimi otto anni in Olanda sono morte 378 persone affette da problemi mentali, 859 persone affette da demenza, 15 minori sotto i 17 anni. La tanto sbandierata garanzia di tutelare attraverso la regolamentazione delle procedure i pazienti più fragili, si è ribaltata in pochissimo tempo esattamente nel suo opposto, cioè nella totale assenza di qualunque garanzia proprio per le persone più deboli, come gli anziani, i pazienti con patologie croniche, i pazienti psichiatrici o gli incapaci di ogni ordine e grado e tutti coloro che non solo non vogliono morire, ma che non possono nemmeno esplicitare la propria volontà in un senso o in un altro.

L’incredibile sentenza con cui il tribunale dell’Aia ha assolto a settembre un medico per aver ucciso con un’iniezione letale una paziente affetta da demenza (che non aveva chiesto di morire), ha fatto crollare il “castello di carte” ideologico sul quale si fonda l’eutanasia, e cioè dare il diritto al paziente di decidere della propria vita fino alla fine, facendo trionfare la volontà e l’autodeterminazione del singolo. Si capisce perché a pochi giorni dalla sentenza sia approdata al parlamento l’intemerata sui bambini.

L’opzione “migliore” per i piccoli

Condotta dall’ospedale pediatrico Beatrix dell’Umcg di Groningen, dall’Erasmus Mc e dall’Umc di Amsterdam per conto del ministero della Sanità, la ricerca è fondata su numeri esilissimi: 32 medici su 38 che negli ultimi cinque anni hanno avuto a che fare con bambini gravemente malati e che hanno riscontrato che in 46 casi su 359, l’eutanasia sarebbe stata l’opzione migliore. Secondo Verhaegen, alfiere di nuove norme sul fine vita dei bambini, avrebbero diritto all’eutanasia attiva ogni anno tra i 5 e 10 piccoli olandesi, “soprattutto in caso di bambini gravemente malati, la cui fase di morte può essere accompagnata da molto dolore e sofferenza e il cui processo di morte può richiedere settimane, un gran numero di genitori e medici ha il desiderio di accelerare o abbreviare tale processo”.

La sofferenza dei genitori

“Perché aspettare che sia una polmonite a portarsi via un bambino malato?”, ha argomentato il professore, sottolineando l’inutilità di questa attesa per i bambini, ma anche per i loro genitori. Dal 2014, il documento “Decisioni mediche sulle vite dei neonati con gravi malformazioni” della Royal Dutch Medical Association, ha inserito la “sofferenza dei genitori” tra i motivi che autorizzano la pratica dell’eutanasia su un neonato o un minore: “Questi bambini in fin di vita sono grigi e freddi, le loro labbra diventano blu e ogni pochi minuti fanno respiri molto profondi. È una visione indecente e può andare avanti per ore o anche giorni”, aveva sostenuto Verhaegen. Nello stesso anno, l’Associazione dei pediatri olandesi esortava il parlamento a intraprendere la strada del Belgio (dove la legge non prevede limiti di età per richiedere l’eutanasia e tre minori di 8, 11 e 17 anni hanno già ricevuto l’iniezione letale) liberandosi però del “consenso” dei bambini, ritenendo sufficiente quello di genitori e medico curante.

Il business della compassione

Cinque anni dopo, oltre un quarto dei decessi dell’Olanda risultano ormai indotti dall’uomo e il paese si prepara a issare la bandiera della compassione sui letti dei bambini malati tra gli 1 e i 12 anni, l’ultima fascia “protetta” dalla legge. L’eutanasia è diventata un servizio sanitario di base coperto dal premio mensile che ogni cittadino olandese paga alla propria assicurazione.

Ed è anche un business altamente remunerativo: per ogni iniezione letale praticata da un medico della Levenseindekliniek (la clinica “Fine vita” olandese che solo nel 2017 ha praticato l’eutanasia a 750 persone), le compagnie assicurative pagano alla clinica 3.000 euro. A gennaio, il governo olandese ha commissionato al dipartimento di Etica della cura dell’Università degli studi umanistici, a Utrecht, in collaborazione con l’Umc Utrecht Julius Centrum, uno studio sul diritto al suicidio assistito per “vita completata”, cioè per chi vuole morire anche se non è malato, ma ritiene che la sua vita sia finita, non abbia più senso.

L’ultimo paletto: i bambini

Guide come quelle curate dall’ordine dei medici olandesi (“Prendersi cura delle persone che consciamente scelgono di non mangiare e bere per accelerare la fine della vita”) stanno rimodellando il sistema sanitario, formando medici sull’erogazione del trattamento definitivo: ora che il paravento dell’autodeterminazione è crollato, se la morte è riconosciuta da ospedali, tribunali e genitori quale analgesico che salva dalla sofferenza, perché negarlo ai bambini?

Articolo di Caterina Giojelli

Fonte: https://www.tempi.it/ora-lolanda-punta-alleutanasia-per-i-bambini-sotto-i-12-anni/

LA MORTE è DI VITALE IMPORTANZA
Riflessioni sul passaggio dalla vita alla vita dopo la morte
di Elisabeth Kübler-Ross

La Morte è di Vitale Importanza

Riflessioni sul passaggio dalla vita alla vita dopo la morte

di Elisabeth Kübler-Ross

L'autrice, laureata in medicina e specializzata in psichiatria, narra le sue esperienze a contatto con i malati terminali nelle corsie degli ospedali, restituendoci intatti gli ultimi istanti dei pazienti: bambini, adulti, anziani; ci illustra gli stati d'animo dei parenti al capezzale degli ammalati, aiutandoci a comprendere con quanta grazia e pace suprema lo spirito umano si prepara ad affrontare la vita eterna.

Già, perché la morte, come emerge da queste pagine intense e commoventi, non è che un passaggio sublime e dolcissimo, che ciascuno di noi può vivere come tale, lasciandosi alle spalle i rimpianti per la vita terrena, la paura del distacco dalle persone amate e le incognite per ciò che ci attende nell'Aldilà.

Un testo illuminante che può aiutare tutti noi ad affrontare l'idea della morte con serenità e nella consapevolezza che la Verità non è di questo mondo.

Un grande classico scritto da una delle autrici più amate e rispettate sul tema della morte e del morire.

'Le persone sono come le vetrate colorate: brillano e scintillano quando c'è il sole, ma, al calar delle tenebre, la loro vera bellezza si rivela solo se vi è una luce al loro interno".

"Dal mio lavoro pluridecennale con gli ammalati è risultato evidente che, nonostante esistiamo da milioni di anni come esseri umani, non siamo ancora riusciti a comprendere chiaramente quella che forse è la questione più importante, e cioè la definizione, il significato e lo scopo della vita e della morte.

E mia intenzione esaminare con voi una parte di questa ricerca riguardante la morte e la vita ultraterrena".
Elisabeth Kübler-Ross

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