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Il grattacielo del futuro? Sarà come un ecosistema vivente

grattacielo-futuro.jpgAdattabile, intelligente, modulare. Lo hanno immaginato così il grattacielo del futuro, gli architetti e gli ingegneri della Arup, come fosse un corpo umano. Una società inglese, con sedi in tutto il mondo e anche in Italia, specializzata in costruzioni e design ambientale.

Che negli ultimi anni ha partecipato ai progetti del Millenium Bridge di Londra, della Casa della musica in Portogallo, dell Centro Pompidou di Parigi. Ma anche dello Stadio Nazionale di Pechino e della nuova area Porta Nuova-Le Varesine di Milano. E che ora ha provato a immaginare dove potremmo abitare nel 2050. Ovvero, dentro a un edificio capace di pensare, spostarsi, respirare.

Sviluppata in altezza, secondo Arup, l‘edilizia del futuro. Con palazzi, sempre più vicini al cielo, connessi tra loro come un’ecosistema. Capaci non solo di produrre energia e cibo per chi ci abita, ma anche di rifornire il ricambio costante di acqua e aria pulita.

In grado di interagire con ambiente circostante e persone grazie alla tecnologia. Parola chiave, per Arup, delle società del futuro. Un mondo in cui gli edifici come organismi viventi risponderanno, attraverso materiali e sensori intelligenti, agli stimoli ambientali.

A fare del grattacielo del 2050 un essere vivente, i materiali che diventeranno il sistema nervoso, il cuore e il cervello pensante degli edifici. E che li renderanno in grado di gestire in autonomia i sistemi energetici, di illuminazione e le varie funzioni interne.

E di modificarsi a seconda del clima, dell’ora e della stagione. Grazie alla capacità di mutare fisicamente posizione consentita dalla forma a moduli della struttura. Concepita come flessibile, invece che statica.

Senza contare i dispositivi automatici alimentati dall’energia delle alghe che, insieme a pale eoliche e fotosintesi, produrranno energia e ossigeno. E i robot addetti alle riparazioni che voleranno attorno alle strutture.

“Si tratta” -spiega Enrico De Angelis, docente di patologia edilizia al Politecnico di Milano – “di un’aggregazione di idee già proposte. Alcune, per esempio la copertura di alghe o le finestre che recuperano il calore, già realizzate singolarmente. Difficile, se non impossibile, che possano essere fatte tutte insieme su un unico edificio. Soprattutto per i costi”.

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Molti però gli elementi pensati per il grattacielo vivente che, secondo l’esperto, dovrebbero essere già presi in considerazione dall’edilizia contemporanea. In modo particolare quelli che richiamano i cicli biologici. “I sistemi più efficienti”, spiega De Angelis al corriere.it , “sono quelli messi a punto dalla natura. Dove non esiste spreco di risorse e tutto si trasforma per essere riutilizzato”.

Un circolo vitale che farebbe degli edifici dei veri ecosistemi, in grado di produrre energia da fonti rinnovabili, riciclare l’acqua, ma anche di integrare serre per la produzione di cibo. Prospettiva necessaria visto che la popolazione mondiale raggiungerà, tra quasi quarant’anni, i nove miliardi di persone e il 75% sceglierà di vivere nelle città.

“La crescita esponenziale della popolazione”, prosegue De Angelis, “porta in sé una domanda di energia e di benessere che non possiamo ignorare. Anche perché è una parabola che va verso l’alto. E la risposta a questa domanda energetica, passa indubbiamente dall’edilizia”.

Ma anche, secondo il professore, dalla politica dei trasporti, dall’ingegneria, dai risultati riguardanti lo smaltimento dei rifiuti e i nuovi materiali ottenuti dalla chimica. “Per il salto di qualità bisogna allargare la visione dal singolo edificio al territorio. E dare vita a un sistema virtuoso che produca più energia di quanto ne consumi”.

Una visione architettonica pieni di accorgimenti e upgrade per il risparmio e la produzione energetica che, attualmente, risulta più fattibile se fatta sul nuovo. “Indubbiamente è più semplice costruire da zero per ridurre l’impatto e il consumo energetico degli edifici”. Anche in considerazione del target delle prestazioni, stabiliti dall’Unione europea. Ossia gli standard dei Net Zero Energy Buildings (Nzeb: edifici a energia netta zero). “La direttiva comunitaria sull’efficienza energetica negli edifici”, conclude De Angelis, “stabilisce che tutti gli immobili pubblici costruiti dal 2018 dovranno essere Nzeb. Mentre, dal 2021 l’obbligo riguarderà tutte le costruzioni”.

Fonte: www.corriere.it

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