Latte “amaro”: ecco la fine che fanno i Vitelli

di Marta Frigerio

La produzione di latte non comporta l’uccisione diretta degli animali. Per questo motivo, i consumatori sono spesso portati a credere che si tratti di una forma di allevamento meno crudele e, dunque, maggiormente accettabile.

Tuttavia, recenti indagini sotto copertura come quella condotta dall’associazione Essere Animali, hanno portato alla luce il lato nascosto di uno degli alimenti in assoluto più consumati.

Se non vengono uccisi, perché è crudele?

Come ogni mammifero, per produrre latte la mucca deve avere un cucciolo a cui destinarlo. Ma se il latte deve diventare la nostra colazione e i nostro formaggi, che fine fa il vitello?

Qualcuno potrebbe pensare che una mucca abbia latte a sufficienza per poter sia allattare il proprio cucciolo sia rifornire il mercato – spiega Essere Animali. Potrebbe forse anche essere, ma questa industria esiste per fare profitti e vendere il latte frutta di più che alimentare i vitelli, nutriti quindi con surrogati in polvere molto più economici. Inoltre, prevedere il contatto tra madre e vitello non sarebbe funzionale in un allevamento industriale, in cui centinaia o addirittura migliaia di animali sono tenuti in spazi ristretti e munti fino a due volte al giorno”.

Il prezzo della “carne bianca”

In questa “catena di montaggio” i vitelli vengono allontanati dalle madri a poche ore dal parto. Cosa ne sarà di loro? Se sono femmine, saranno destinate a loro volta alla produzione di latte; dopo circa 5 anni, quando la produzione di latte cala fisiologicamente, le mucche saranno macellate per produrre carne di seconda scelta.

E se si tratta di maschi? Per loro, l’aspettativa di vita sarà ancora più breve: secondo le stime dell’associazione, solo nel 2018, in Italia, sono stati macellati 557.401 vitelli sotto gli 8 mesi. Si tratta della cosiddetta “carne bianca”: “Ma prima della macellazione, che avviene quando gli animali hanno raggiunto un peso di circa 300 chilogrammi, i vitelli passeranno alcuni mesi nei box dove cresceranno senza sviluppare i muscoli e verranno alimentati con un surrogato del latte che li renderà anemici. In questo modo, le loro carni rimarranno più tenere e avranno il tipico colore bianco”.

Articolo di Marta Frigerio

Fonte: https://rivistanatura.com/latte-amaro-vitelli/

I TACCHINI NON RINGRAZIANO
di Andrea Camilleri

I Tacchini Non Ringraziano

di Andrea Camilleri

Lo zoo personale di Andrea Camilleri è fatto di animali e di storie che entreranno nella nostra vita per sempre.

Sono ritratti en plein air: impossibile leggerli e vederli senza sentire dentro qualcosa di fortissimo, perché sono pieni di affetto, confondono il confine tra la coscienza umana e quella degli animali e sono sempre a favore di questi ultimi, nel senso di un'armonia della vita solo nel rispetto di tutte le specie viventi.

Cani, gatti, cardellini, ma anche volpi, serpenti e tigri sono descritti come portatori di uno spirito ricco di amore e di intelligenza, molto più complesso e profondo di quanto pensiamo: una 'magaria' inesauribile.

Ciascuno di loro sembra comprendere la logica degli uomini, che di volta in volta sfrutta a suo favore o prova a sconfiggere con varie strategie, sempre vincenti: dalla dignità dei tacchini al canto riconoscente di un cardellino, dall'astuzia di un lepro alla commovente compostezza di un gatto innamorato, dalla mite bellezza di una capra alla puntualità discreta di un serpente.

Allo stesso tempo Camilleri ci ricorda che forse il mondo è diventato troppo brutto perché la bellezza degli animali abbia diritto a esistere.

Ogni storia ci lascia con la consapevolezza dolceamara di tutto quello che rischiamo di perdere, ma anche con la quieta fiducia che sia ancora possibile un mondo in cui convivere e rispettarsi, con l'ausilio di un po' di buon senso e di umorismo, un mondo meno prepotente e più meritevole di bellezza.

Quella che Paolo Canevari con la grazia e la leggerezza dei suoi animali ha fissato sulla carta, anche lui, per sempre.

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Un commento

  1. direi che l’articolo contiene alcune inesattezze.
    le femmine in lattazione non “vengono munte sino a 2 volte al giorno” ma ad oggi negli allevamenti intensivi si programmano 3 mungiture al dì. la vita di una fattrice termina in genere al 3° parto, raramente oltre.
    per quanto si attiene alle femmine, ovviamente non tutte saranno destinate a rimonta ma la maggiore parte andrà a macello con i maschi.
    la vita, breve, di questi prevede il confino entro box in legno per avere “carni bianche” od in comunione metallici per ottenere carni conenzionali, comunque di basso pregio in quanto i bovini da latte hanno una modesta massa muscolare.
    ovviamente l’allevamento intensivo prevede un generoso impiego di farmaci…..

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