Cina: rincara il Cibo… tutto il bello della Globalizzazione

di Maurizio Blondet

In Cina rincarano alle stelle i generi alimentari, per il blocco produttivo da coronavirus, e per una epidemia che colpisce i polli e i maiali.

Mentre miriadi di fabbriche in Occidente smettono la produzione perché non gli arrivano più dalla Cina i prodotti intermedi che avevano delocalizzato là – tutto: dalle componenti elettroniche da mettere nelle auto, ai prodotti per la fabbricazione dei medicinali, ai minerali strategici non ferrosi – perché gli costavano meno che a produrli da noi, arriva la notizia di un rincaro, finalmente, dalla Cina: “L’indice dei prezzi al consumo (IPC) cinese è aumentato del 20,6% su base annua a gennaio, il tasso più alto da marzo 2008. Il raddoppio dei prezzi delle carni suine fa aumentare gli aggregati dei prezzi, anche i prezzi delle verdure sono aumentati del 17% su base annua. Per molti cittadini, gli acquisti di cibo rappresentano una percentuale molto elevata delle spese mensili, con alcune stime che arrivano al 30%”.

In  Cina rincarano alle stelle i generi alimentari, per il blocco produttivo da coronavirus, e per una epidemia che colpisce i polli e i maiali; si vedono video che mostrano migliaia di polli e oche che vengono seppelliti vivi. Ma una delle cause dei rincari, è sicuramente  l’iniezione di enormi liquidità che Pechino ha immesso  nell’economia interna (“stampando moneta” a fiumi) per contrastare la  crisi emergenziale. Provvedimento giusto e necessario – le misure di stimolo sono quel che serve per gli attori del mercato globale – ma per il cinese qualunque, specie il povero, impoverito, o non più sicuro del suo salario si è risolto in rincari enormi del cibo. Lo stimolo all’economia squilibrata mette a rischio la stabilità sociale. Il regime ha da temere le rivolte. Può fare qualcosa?

Poco. Perché negli ultimi anni, gli “stimoli” all’economia per non far cadere il Pil (sopra il 6%) sono consistiti in un allargamento troppo generoso del credito, alimentando i prestiti non solo alle imprese, ma ai cinesi per sostenerne il potere d’acquisto; stimolandoli a consumare a credito; c’era bisogno di assorbire così la “sovraccapacità produttiva”:  le aziende cinesi producono già “troppo” rispetto alle sue clientele, in Usa ed Europa, che stanno rallentando.

Uno degli effetti è il rincaro dei prezzi immobiliari in Cina, ovviamente comprati a credito, con mutui fino a ieri generosi. I cittadini che hanno visto rincarare  il cibo, sono anche cittadini già indebitati per il mutuo-casa. “Le vendite di case in Cina sono state duramente colpite dalla diffusione del coronavirus” (Bloomberg, 10 febbraio)

Le vendite di nuovi appartamenti sono diminuite del 90% rispetto allo stesso periodo del 2019, secondo i dati preliminari di 36 città compilati da China Merchants Securities Co… Le vendite di case esistenti sono diminuite del 91% in otto città in cui sono disponibili dati. L’industria si sta preparando per un impatto peggiore della pandemia di SARS del 2003″, ha dichiarato Bai Yanjun, analista di consulenza immobiliare China Index Holdings Ltd.

Ed anche le auto si acquistano a credito. Le vendite di auto in Cina sono crollate a gennaio, aggravando la dolorosa recessione nel più grande mercato industriale del mondo. Le vendite di SUV, berline e minivan sono diminuite del 20,2% rispetto allo scorso anno a 1,6 milioni”, secondo l’Associazione cinese dei produttori di automobili.

“…. e  quando sembrava che Pechino stesse iniziando a contenere la sua crisi bancaria regionale (appesantite da gigantesche insolvenze), ecco il coronavirus a colpire il più grande sistema bancario del mondo”,  spiega Bloomberg: “L’anno scorso si prevedeva un rallentamento della crescita economica annuale al 4,15%, uno scenario che già mostrava che il tasso di sofferenza delle 30 maggiori banche del paese sarebbe stato moltiplicato per cinque. Gli analisti ora stanno valutando, invece, che l’epidemia potrebbe ridurre la crescita del primo trimestre a solo il 3,8%”.

“Le banche già soffrono di insolvenze record per il fatto che l’economia è cresciuta al ritmo più lento negli ultimi tre decenni dell’anno scorso. Ora, questa crisi, lacera il sistema bancario del paese – che pesa 41 trilioni di dollari – e già ha costretto al primo fallimento bancario in due decenni e i salvataggi di altri due istituti di credito chiave”.

La volontà globalista del Capitalismo Terminale ha fatto della Cina il più grande sistema bancario del mondo, il maggior mercato di auto del mondo in soli vent’anni; le ha regalato tutti i know how (le competenze tecniche nei processi produttivi): il tutto per profittare del “vantaggio competitivo” cinese, ossia bassi salari di una manodopera istruita e capace, svuotando l’Occidente dei suoi lavoratori e delle sue competenze.

I danni che stiamo vedendo erano previsti: dalla “sovrapproduzione” alla deflazione che si auto-alimenta, ai crack bancari e le bolle che esplodono tutte insieme, sono cose già viste nel 1929. Il sistema ha voluto trasformare ogni Stato nazionale in un’azienda esportatrice, facendo considerare la gran parte della popolazione “un costo” (i bambini a scuola, i vecchi pensionati, i malati e  invalidi) mentre ai pochi “produttivi” si limano i salari.

Articolo di Maurizio Blondet

Fonte: https://www.maurizioblondet.it/cina-rincara-il-cibo-tutto-il-bello-della-globalizzazione/

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