Lavorare da casa: i rischi di una nuova “catena”

di Claudio Bellotti

Dire “Smartworking” suona bene e indubbiamente il lavoro da casa è stato in larga misura visto positivamente da chi ha avuto in passato l’opportunità di accedervi. Tuttavia con la pandemia la situazione è stata stravolta.

La nicchia ristretta dello smartworking vero e proprio (lavoro in autonomia di tempi e luoghi, autogestito dal lavoratore) viene sommersa da una marea stimata in 8 milioni di lavoratori costretti semplicemente a lavorare fissi da casa (telelavoro).

Nel pieno dell’emergenza sanitaria nella valutazione diffusa hanno prevalso i lati positivi: continuità e integrità del reddito rispetto alla Cassa integrazione o alla fruizione forzata di ferie e permessi; abbattimento del rischio di contagio; “quadratura del cerchio” per milioni di famiglie che dovevano accudire figli lasciati a casa da scuola, oppure anziani che non potevano più usufruire di servizi assistenziali chiusi per effetto dei decreti.

La reazione prevalente dei portavoce del mondo aziendale è positiva: il padronato scopre all’improvviso di poter girare a suo vantaggio la nuova situazione e si moltiplicano gli appelli a investire in questa direzione. Tuttavia, quando si parla di organizzazione del lavoro la neutralità non esiste, tanto meno in un contesto come quello attuale in cui le aziende si preparano a esercitare una pressione feroce sui propri dipendenti come effetto della crisi in arrivo.

Si potrebbe fare un paragone valido con il part-time: uno strumento utile in determinati contesti, ma che nella realtà è diventato uno strumento spesso imposto, con il suo corollario di ricatti, sottosalario, flessibilità selvaggia.

I punti critici

Ci sono in primo luogo aspetti materiali: connessioni, computer, spazi di lavoro sono spesso a carico del dipendente, del tutto o in parte. La normativa sugli aspetti sanitari della postazione lavorativa viene meno. La necessità di condividere uno spazio domestico e una connessione con figli che devono seguire la didattica a distanza o con altri familiari che lavorano, ha creato enormi disagi e una pressione psicologica che nel breve termine è stata affrontata con il volontarismo generato dall’emergenza sanitaria, ma inaccettabile come condizione strutturale.

Quando si parla di smartworking si intende una prestazione lavorativa, in genere a qualifica medio-alta, che consente notevole autonomia al lavoratore nella gestione del suo lavoro. Tuttavia, la situazione attuale è ben diversa per la maggior parte dei lavoratori attivi da casa. Di fatto, siamo di fronte a un lavoro che mantiene tutte le sue caratteristiche di subordinazione, con il risultato che il “lavoro per obiettivi” tende a trasformarsi in una moderna forma di lavoro a cottimo. La conseguenza è una tendenza allo sfondamento dell’orario di lavoro, con una sorta di dissolvenza della differenza fra tempo di lavoro e tempo libero. Questo problema viene accresciuto esponenzialmente con la chiusura delle scuole e la presenza di figli minori a casa.

Si tende inoltre a generare una pressione psicologica tale per cui chi lavora da casa si considera in qualche modo “tenuto” a fare i salti mortali per conciliare le necessità domestiche e familiari con l’impegno lavorativo, rinunciando quindi ad usare appieno quegli strumenti (legge 104, congedi, ecc.) che pure leggi e contratti garantiscono, e tantomeno a lottare per un loro allargamento.

Non parliamo poi della vera e propria “Caporetto” della scuola, dove a questi disagi si somma la sostanziale impossibilità di fornire un insegnamento efficace, soprattutto ai più piccoli, e la forte dispersione della presenza degli studenti.

Donne e lavoro a distanza

Queste contraddizioni si scaricano proporzionalmente in misura maggiore sulle donne, e non solo per un fatto culturale, retaggio di una cultura maschilista. La base materiale si trova nel consistente divario salariale, di qualifica ecc., fra donne e uomini. In molte famiglie il salario della donna costituisce la parte minore, se non addirittura accessoria, del reddito complessivo e questo costituisce una spinta potente a scaricare sulle madri la maggior parte del peso del lavoro domestico, tanto più in condizioni di emergenza.

Un’inchiesta realizzata dalla Fondazione Di Vittorio, con oltre 6000 risposte, pubblicata il 18 maggio, mostra chiaramente come siano le donne a subire la maggiore pressione. Se la definizione del lavoro da casa come “soddisfacente” o “stimolante” trova una leggera prevalenza fra gli uomini, tutte quelle negative vedono una prevalenza di risposte femminili: “pesante” (+7% rispetto agli uomini), “complicata” (+8%), “alienante” (+3%), “stressante” (+9%). Il 71% (uomini e donne) teme l’aumento dei carichi familiari.

In Italia lavorano 9,8 milioni di donne. 5,4 milioni sono madri, delle quali 3 milioni con almeno un figlio minore di 15 anni. Questo basta a dare la dimensione della battaglia da fare, ma anche del potenziale di lotta collettiva che si può scatenare. Questi milioni di donne (e anche la gran parte dei loro mariti o compagni, dato che la consapevolezza è cresciuta) si trovano di fronte a uno Stato che sta letteralmente lasciando crollare quelle conquiste sociali, a partire dalla scuola pubblica, conquistati in generazioni di lotte dei lavoratori e delle lavoratrici. E non accetteranno passivamente di sobbarcarsi questo carico ed essere ricacciate alle condizioni delle loro nonne.

Unità e lotta collettiva

L’isolamento dai colleghi e dall’ambiente di lavoro è un altro punto critico, sia dal punto di vista sociale e culturale (per generazioni di donne, l’andare a lavorare ha significato una rottura rivoluzionaria con le quattro mura domestiche), che da quello della lotta collettiva per migliorare la propria condizione di lavoro, salariale, ecc.

Per non parlare del problema del controllo a distanza, che non a caso vede in paesi come gli Usa o il Canada un forte incremento nella richiesta di software e sistemi di gestione adatti al controllo capillare dei dipendenti impiegati da casa.

Tutto questo chiama il movimento operaio a una discussione collettiva e di massa su una piattaforma che parta dal criterio non mediabile della volontarietà e si articoli sul terreno del controllo sulla prestazione lavorativa: orario, pause, disconnessione, separazione degli strumenti aziendali da quelli personali, controllo dei dati, diritti sindacali per impedire che con la scusa dell’emergenza venga scaricato sulle spalle dei lavoratori, e soprattutto delle lavoratrici, il peso del duplice fallimento dello Stato sociale e del mercato capitalista.

Articolo di Claudio Bellotti

Fonte: http://www.rivoluzione.red/lavorare-da-casa-i-rischi-di-una-nuova-catena/

CORONAVIRUS. IL NEMICO INVISIBILE
Dalla minaccia globale al Grande Reset. Come la pandemia sta trasformando la nostra società
di Enrica Perucchietti, Luca D'Auria

Coronavirus. Il Nemico Invisibile

Dalla minaccia globale al Grande Reset. Come la pandemia sta trasformando la nostra società

di Enrica Perucchietti, Luca D'Auria

Il Grande Reset è un progetto di rifeudalizzazione della società volto a creare un nuovo ordine globale e post-umano, in cui ogni aspetto della nostra vita rischierà di essere controllato, automatizzato e sorvegliato da un occhio ben più crudele e spietato di quello del Grande Fratello orwelliano.

A un anno di distanza dalla diffusione della pandemia di Covid-19, sono ancora molti i punti oscuri dell'origine del SARS-CoV-2 che nemmeno l'indagine dell'OMS è riuscita a dipanare.

Dalla spagnola a oggi nessun nemico "invisibile" era riuscito a fare tanto, e ha portato all'adozione di misure repressive e liberticide basate sulla biosicurezza e il biopotere.

In linea con il cosiddetto "capitalismo dei disastri" che sfrutta momenti di crisi e shock globali, per le élite mondialiste l'emergenza sanitaria è vista come un'occasione per avviare la promozione di un'Agenda globale, nota come Great Reset, volta a ristrutturare l'economia mondiale secondo linee specifiche: globalizzazione, digitalizzazione, Intelligenza Artificiale e automazione, moneta digitale, identità digitale e biometrica per tutti, robotica avanzata, transumanesimo.

Dietro la maschera dell'utopia e dell'ecologismo, ci troviamo dinanzi all'ennesima distopia elitaria tesa a dividere la società in due livelli: da una parte il potere economico detenuto da una ristretta cerchia tecno-finanziaria di super ricchi, dall'altra la "massa" indistinta di individui sempre più poveri, senza legami, diritti e senza radici, facili da sfruttare e controllare per il governo globale post-umano che si sta costruendo.

Con questo libro scoprirai:

  • il Guadagno di funzione e le ipotesi alternative alla genesi della Covid-19
  • la teoria dello shock, il terrorismo mediatico e la biosicurezza
  • il Grande Reset, la quarta rivoluzione industriale e il transumanesimo

...e molto altro ancora.

 

 

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Un commento

  1. Marcellino Francesca

    No SMART WORKING

    ⭕Impoverimento professionale –
    Il lavoro agile causa impoverimento professionale, perché si cresce soltanto nel lavoro di squadra (cosiddetto team) quando giorno dopo giorno, fianco a fianco ti confronti a tu per tu con i colleghi e i collaboratori. L’incontro personale è diverso da un contatto telefonico. Regredisci nelle capacità organizzative, comunicative e programmatiche.

    ⭕Ambiente domestico –
    Poiché non tutti gli ambienti domestici sono uguali potremmo avere lavoratori con casa senza riscaldamento, senza condizionatori d’aria, in condivisione di affitto con altre persone che parlano, disturbano, continue telefonate, interruzioni. Potrebbero esserci dei figli che creano una continua interruzione del lavoro e difficoltà di concentrazione. In casa si potrebbe inoltre non avere una scrivania, un’illuminazione sufficiente, il silenzio richiesto. Manca sicuramente il collega accanto per confrontarti in qualsiasi momento sul lavoro. In casa potrebbero esserci persone anziane che urlano, che chiedono assistenza, che ti parlano in continuazione, che litigano. Potrebbero esserci bambini che giocano, corrono, cantano, ascoltano la tv, il marito che pretende la preparazione del pranzo. È difficile la custodia dei documenti, delle password, ma anche insicuro nel caso entrassero dei ladri o semplicemente i bambini giocano con le pratiche.

    ⭕Costi –
    Costi diretti del lavoro agile: acquisto di attrezzatura d’ufficio e cancelleria a carico del lavoratore, la retribuzione si riferisce solo agli obiettivi raggiunti.

    Costi indiretti del lavoro agile: mancato pagamento dello straordinario e dei buoni pasto.

    ⭕Declassamento –
    Con il lavoro agile abbiamo un declassamento della donna a livello sociale, perdita del suo ruolo, dell’immagine, che torna ad essere prigioniera delle mura domestiche, con degrado culturale e professionale, impedimento alla carriera. Il rispetto che l’uomo ha della donna che esce di casa e lavora viene meno. La donna è soggetta al controllo del marito.

    ⭕Salute –
    Con il lavoro agile il lavoratore dovrà farsi carico del rischio per la salute perché il datore di lavoro non è più responsabile dell’integrità fisica del lavoratore (non esisterà più la figura giuridica dell’infortunio sul lavoro) e dell’integrità morale. Il lavoro agile favorisce isolamento, depressione, nevrosi, suicidio, alcolismo, danno all’autostima, isolamento, aumento dello stress (senza lo stacco ambientale nucleo familiare), senso di frustrazione, e malattie come l’obesità o l’anoressia. Come in un circolo vizioso il lavoro agile accrescerà il numero degli stati di ansia, attacchi di panico, incertezza del futuro.

    ⭕Violazione della privacy –
    Si può essere spiati dal datore di lavoro (il controllo si estende anche sui familiari e sui vicini di casa).

    ⭕Sanzioni e licenziamento – Violazione del segreto d’ufficio perché il vicino di casa origlia oppure i familiari carpiscono notizie, ma non sempre hanno la capacità o comprendono l’importanza di mantenere il segreto d’ufficio che il lavoratore invece è tenuto a custodire. È difficile mantenere il segreto di ufficio quando i familiari ascoltano e i vicini sentono. La violazione del segreto d’ufficio è tra l’altro causa di licenziamento del lavoratore.

    ⭕Mobbing agile –
    se già in questi anni i lavoratori hanno subito mobbing sul posto di lavoro, da remoto il mobbing diventa agile, il datore di lavoro non è responsabile di eventuali e probabili attacchi informatici ai sistemi operativi di cui, invece, dovrà rispondere il lavoratore senza protezione da parte dei sindacati che non potranno essere chiamati in difesa del lavoratore perché il lavoro agile si colloca al di fuori del contratto collettivo nazionale di lavoro ed è un accordo di lavoro a cottimo tra datore di lavoro e lavoratore.

    ⭕Valutazione del lavoratore per obiettivi –
    il lavoratore diventa bersaglio delle ingiuste schede valutative che rappresentano una vera e propria violenza esercitata dal datore di lavoro, dal dirigente, nei confronti dei lavoratori. La valutazione accresce gli stati di ansia, è un’arma del datore di lavoro di premiare il raccomandato di turno. Il lavoro agile prevede un repentino e quotidiano cambio di mansioni. Il lavoratore deve essere in grado di saper svolgere queste diverse mansioni che si vede assegnare giornalmente, è tenuto dunque a saper reperire tutti gli strumenti necessari per adempiere diligentemente i suoi nuovi doveri.

    ⭕Assenza tutele –
    il lavoro agile non prevede alcuna tutela da parte dei sindacati in caso di controversie.

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