Antichissime Nano-spirali trovate sui monti Urali (Russia)

Alcuni geologi russi hanno scoperto, all’interno di campioni di roccia prelevati sui monti Urali, delle microscopiche spirali metalliche risalenti a più di 100.000 anni fa.

Le Nano-spirali trovate sui monti Urali (Russia)

Le Nano-spirali trovate sui monti Urali (Russia)

Potrebbe trattarsi della prova che il nostro pianeta ospitò, in passato, una civiltà molto più avanzata della nostra. Il 1992 fu l’anno in cui questi misteriosi reperti vennero segnalati per la prima volta: furono scoperti da un gruppo di geologi russi impegnati in alcune ricognizioni alla ricerca di metalli sui monti Urali. I microscopici oggetti destarono immediatamente l’attenzione degli scienziati, che ne trovarono diverse centinaia, soprattutto nei pressi dei corsi d’acqua, quale il fiume Balbanju, il Kozim (Koshim), il Narada e su due affluenti minori, il Vtvisty e il Lapkhevozh; la maggior parte fu rinvenuta a profondità fra i 3 ed i 12 metri.

Le dimensioni dei minuscoli oggetti vanno dai 3 cm agli 0.003 mm (tre centesimi di millimetro); i più grandi sono composti da rame puro, mentre i più piccoli presentano una superficie liscia o parzialmente forata in Tungsteno, con nuclei in  Tungsteno o Molibdeno. Per poter osservare la regolarità della loro struttura spiraliforme è necessario osservarli al microscopio. Tale regolarità dovrebbe escludere un’origine naturale.

Particolare della superficie di una Nanospirale ingrandita 500 volte

Particolare della superficie di una Nanospirale ingrandita 500 volte

Oggi è possibile realizzare questo tipo di nanospirali a livello industriale, grazie ad una tecnologia già disponibile dalla metà degli anni sessanta del secolo scorso. Il fatto curioso è che le spirali scoperte in Russia sono state rinvenute all’interno di strati geologici datati tra i 20.000 e i 318.000 anni fa. I sostenitori dell’ufologia hanno subito eletto le nanospirali a prova inconfutabile che la Terra fu, in passato, visitata da una razza aliena tecnologicamente avanzata. 

Gli scettici sostennero che i risultati delle analisi derivavano da misurazioni errate o, addirittura, falsificate, così alcuni anni dopo, nel 1995, venne organizzata una nuova spedizione dal giornalista e ricercatore Valerie (Valerii) Ouvarov e dalla geologa Elena Matveyeva, durante la quale vennero portate alla luce nuove spirali da uno strato sedimentario del fiume Balbanju, vecchio di 100.000 anni. Le analisi vennero eseguite in altri laboratori, ma diedero gli stessi risultati, allontanando, così, l’ipotesi della frode.

Una delle Nano-spirali trovate sui monti Urali

Una delle Nano-spirali trovate sui monti Urali

La Matveyeva compì rigorosi test sulle nanospirali nell’Istituto Centrale per la Ricerca Scientifica Geologica e lo Studio di Metalli Nobili e non Ferrosi (ZNIGRI) di Mosca, utilizzando anche il microscopio elettronico: il 29 novembre 1996 la ricercatrice rilasciò la seguente perizia: «Il limo nel quale erano inglobate le spirali si distingue come deposito di detriti di ghiaia e ciottoli stondati del terzo livello, creati dall’erosione dei sedimenti di strati poligenici e di accumulazione. La datazione di questi depositi si può far risalire a 100.000 anni fa (Pleistocene Superiore). […] Le nuove formazioni cristalline, presenti sulla superficie di questi aggregati filiformi in tungsteno puro, mostrano le caratteristiche insolite dei depositi alluvionali del Pleistocene Superiore. L’età di questi sedimenti e le condizioni in cui sono state eseguite le analisi fanno escludere quasi del tutto l’ipotesi che la formazione dei cristalli di tungsteno sia da mettere in relazione con il lancio di razzi dalla vicina stazione spaziale di Pleseck.»

I campioni furono studiati anche dalla Russian Academy of Sciences di Syktyvka (la capitale dell’ex Repubblica Sovietica di Komi), di Mosca, di San Pietroburgo e da un istituto scientifico ad Helsinki, in Finlandia. Studi approfonditi hanno evidenziato che le spirali sono state realizzate seguendo la regola della Sezione Aurea; che in matematica identifica il rapporto fra due grandezze disuguali, di cui la maggiore è medio proporzionale tra la minore e la loro somma ((a+b) : a = a : b). Tale rapporto vale approssimativamente 1.618. La sezione aurea è largamente presente in natura e in matematica; già gli antichi greci la consideravano un’espressione di bellezza e perfezione.

Tutti gli esami eseguiti sulle misteriose spirali, le collocano in un periodo che va dai 20.000 ai 300.000 anni fa (a seconda dello strato geologico in cui sono state trovate), epoche in cui nessuna civiltà conosciuta sarebbe stata in grado di produrle. Questo le classifica ufficialmente come OOPArt.

Teorie

Frammento di una Nanospirale

Frammento di una Nanospirale

Il dottor Valerie Ouvarov, di San Pietroburgo, ha elaborato una teoria secondo la quale molte di queste microspirali e nanospirali sarebbero componenti elettronici un tempo costituenti un’enorme antenna ricetrasmittente. I metalli che costituiscono le spirali (rame, tungsteno e molibdeno) sono molto usati nella costruzione di componenti elettronici: il Tungsteno, noto anche come Wolframio, si trova comunemente nelle lampadine ad incandescenza; si tratta di un metallo estremamente duro e vanta il più alto punto di fusione fra tutti gli elementi puri (fonde a 3422°C) oltre alla più alta resistenza alla trazione ad alte temperature. Il Molibdeno ha proprietà simili al Tungsteno e viene spesso usato per applicazioni missilistiche.

I microscopici oggetti si possono, quindi, identificare come solenoidi, cioè una bobina costituita da materiale conduttore. I solenoidi vengono usati per realizzare induttori, dei componenti elettronici che generano un’induttanza. Tale grandezza esprime la capacità di un circuito di resistere alla variazione di corrente nel tempo. Data la capacità degli induttori di immagazzinare energia in un campo magnetico, questi vengono utilizzati negli alimentatori a commutazione (che hanno un rendimento molto maggiore di quelli tradizionali) e negli apparecchi elettronici per trasmissioni via etere.

Induttori prodotti industrialmente di varie fogge e misure

Induttori prodotti industrialmente di varie fogge e misure

Un’altra interessante teoria, vuole che questi solenoidi non siano prodotti nanotecnologici, bensì che si siano formati in seguito ad una attività bellica o missilistica ad alta tecnologia: si sa che i cristalli di Tungsteno, sottoposti a grande sforzo, subiscono deformazioni spiraliformi dovute allo scorrimento relativo di piani reticolari adiacenti, cioè lo slittamento di una parte dei cristalli rispetto agli altri.

Questo discorso non vale per le micro spirali in rame trovate negli stessi siti: queste ultime misurano dai 3 agli 0.5 centimetri e non hanno nulla a che fare con i nanocristalli di Tungsteno. Potrebbero verosimilmente essere considerate come induttori. Il mistero di come possano essere state rinvenute nello stesso posto sia le microspirali in rame che le nanospirali in tungsteno, inglobate in uno strato geologico risalente a 100.000 anni fa, rimane irrisolto; qualcuno ha avanzato l’ipotesi che a quel tempo (100.000 anni fa) sia stato distrutto un mezzo altamente tecnologico con un’arma estremamente potente. Al giorno d’oggi, nanospirali in Tungsteno (come quelle trovate sugli Urali) si possono trovare solo nei poligoni militari atti alla sperimentazioni di armi ad alta tecnologia o in prossimità di basi missilistiche.

Possiamo quindi concludere che questi oggetti siano il risultato di un’attività missilistica o una guerra combattuta con armi tecnologicamente avanzate (o forse entrambe le cose). In tal caso, bisognerebbe accettare l’esistenza di una civiltà tecnologicamente avanzata, scomparsa senza lasciare traccia diverse migliaia di anni fa. Forse risulta addirittura più facile credere che questi reperti, senza dubbio inspiegabili, siano il frutto di un’antica visita alla Terra da parte di una razza extraterrestre.

Fonte: www.inspiegabile.com

OOPART
Gli oggetti impossibili del nostro passato
di Simone Barcelli

Oopart

Gli oggetti impossibili del nostro passato

di Simone Barcelli

OOPArt è un termine che deriva dall'inglese Out of Place Artifacts, 'manufatti fuori posto', e fu introdotto dal biologo Ivan Terence Sander­son, vissuto nel secolo scorso. Sono reperti archeologici e paleontologici che si trovano un po' dappertutto e che stando alle nostre attuali cono­scenze non dovrebbero esistere poiché inseriti in un contesto storico in cui l'uomo non poteva semplicemente disporne.

La scienza generalmente rifiuta di prendere in considerazione questo tipo di reperti, salvo che non riesca a darne una logica spiegazione.

Se ciò non accade, i misteriosi oggetti sembrano illuminarsi di luce propria, divenendo qualcosa di ine­splicabile che si trasforma in fascinazione per chi ha ancora voglia, e co­raggio, di fantasticare.

"Oopart, gli oggetti impossibili del nostro passato" non è soltanto un volume che, sicuramente, segnerà l'inizio di un nuovo modo di approcciarsi a questa "scottante" tematica, visti soprattutto gli interessanti approfondimenti, l'accurata selezione delle fonti e lo stile ampiamente divulgativo che pur mantiene inaltera­ta l'informazione squisitamente tecnica e scientifica; pagina dopo pagina le do­mande inizieranno a farsi sempre più pressanti, i ragionevoli dubbi occuperanno con sempre maggior insistenza la mente del lettore:

Quali perduti segreti e cono­scenze hanno permesso

la realizzazione degli oggetti descritti dall'autore?

Pos­siamo ancora considerare la storia dell'evoluzione

umana come una lunga, inal­terata, linea retta?

Perché ci si ostina nel voler ignorare questi misteriosi

ma indi­scutibilmente presenti "oggetti impossibili"?

 

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