Giappone, Germania e Italia: una Parabola comune

di Luciano Fuschini
Da tre quarti di secolo una traiettoria comune segna il percorso di tre grandi nazioni, Giappone, Germania e Italia. Si tratta di un parallelismo tanto sorprendente che meriterebbe maggiore attenzione. Sono, infatti, le potenze dell’Asse, sconfitte nella guerra mondiale.
Uscirono distrutte dal conflitto. Città sventrate dai bombardamenti a tappeto, anche con ordigni al fosforo su Germania e Giappone e con bombe atomiche sul Giappone. Ponti, strade, infrastrutture demoliti. Potenziale industriale quasi azzerato.
Ebbene, proprio quei tre Paesi nei decenni successivi furono i protagonisti di uno spettacolare “miracolo economico”, che li pose fra le maggiori potenze economiche del mondo.
In quelli che ora sono chiamati “i Trenta gloriosi”, i decenni della prosperità e dello sviluppo impetuoso, tutto il mondo che convenzionalmente chiamiamo “occidentale” fece registrare una grande crescita, ma il vero e proprio “miracolo” fu quello di Giappone, Germania e Italia…

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L’Occidente sta diffondendo un’ondata di film “buonisti” che nutrono false speranze

di Andre Vltchek
Guardate i film campioni d’incassi dal “sud del mondo” e probabilmente comincerete a credere che il mondo non sia davvero un posto così disperato.
Forse potreste persino convincervi che con l’attuale regime globale imperialista e turbo-capitalista le cose possano sempre migliorare. Se vivete in ​​qualche angolo sperduto del subcontinente indiano o dell’Africa, basta semplicemente provarci duramente, basta “credere in te stesso e amarti”, basta “ascoltare i tuoi istinti” e tutto alla fine si sistemerà. I tuoi meriti verranno riconosciuti, verrai ricompensato e persino catapultato dalla tua miseria in uno dei ricchi pascoli che coprono le alte colline verdi del successo.
Ci sono sempre stati libri e film scritti e prodotti solo per soddisfare le agenzie finanziarie e di propaganda occidentali. Ho descritto il processo, in modo colorito, nel mio recente romanzo politico/rivoluzionario “Aurora”

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La “Teoria svedese dell’Amore”

di Maverik. b.
In Svezia, l’eccessiva ricerca di indipendenza degli individui, ha creato una triste realtà: una società cinica e insensibile.
In questo paese è molto facile ritrovarsi completamente soli e senza alcun legame affettivo o di amicizia, proprio a causa di questa estremo individualismo. C’è perfino chi viene ritrovato morto dopo anni nel proprio appartamento. Molte donne, inoltre, considerano l’uomo un peso, scegliendo così la maternità attraverso l’inseminazione artificiale.
Erik Gandini, regista nato in Italia da padre italiano e madre svedese, racconta (in italiano) una storia che inizia in Svezia e finisce a Zygmunt Bauman, passando per l’Etiopia. È noto quanto la società svedese sia perfettamente organizzata, tanto da essere spesso presa a modello e simbolo delle più alte conquiste del progresso…

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Quei giovani selvaggi. Lo spassoso dibattito sul bullismo tra ipocrisia e “politicamente corretto”.

di Carlo Formenti
Trovo letteralmente spassoso il “dibattito” sui recenti episodi di bullismo nei confronti di alcuni docenti di scuola media superiore.
Giornali e televisioni hanno convocato opinionisti, psicologi, pedagoghi, tuttologi, politici, studenti, professori, genitori e chi più ne ha più ne metta, ma da questo diluvio di chiacchiere non è emerso granché.
Da un lato si è preso atto di alcuni dati di fatto: siamo di fronte a una generazione caratterizzata da un’elevata percentuale di ragazzi narcisisti, privi di freni inibitori, incapaci di distinguere fra realtà e videogiochi, inconsapevoli degli effetti del proprio esibizionismo online (che molti vivono come l’unico strumento in grado di certificarne l’esistenza), incapaci di concentrarsi per più di un minuto su qualcosa che non sia pura immagine, privi di empatia… ma le riflessioni sulle cause del fenomeno sono patetiche…

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“Homo precarius”: la classe delle solitudini a tempo determinato

di Diego Fusaro
L’uomo precario è la quintessenza dell’isolamento individualistico e del nesso sociale interrotto.
Ha spezzato ogni legame comunitario, di classe e solidale, aderendo al dogma dell’imprenditoria concorrenziale che lo vuole nemico di chi, nella medesima posizione di sfruttato, gli sta accanto. Egli è sempre pronto ad autocolpevolizzarsi in caso di insuccesso. E’ completamente indifeso e solo, strumento nelle mani del capitale absolutus, che può disporre illimitatamente del suo corpo e della sua mente, delle sue braccia e dei suoi neuroni.
Il diffuso sentire che il mondo in cui viviamo non dovrebbe essere com’è, sarebbe chiamato a porsi come base per il rifiorire della debole forza messianica evocata da Benjamin, come punto di connessione sentimentale tra gli io frammentati e, invece, resta oggi orfano di conseguenze politiche, perché non tracima mai dalla coscienza del singolo soggetto nomade e monadico, né trapassa nella figura della “rabbia appassionata” di gramsciana memoria…

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Consumismo e precarietà… siamo solo merci in scadenza

Consumismo

di Diego Fusaro
Entro i confini alienati della civiltà dei consumi si realizza la profezia che, su basi aristoteliche, già Dante modulava, in merito alla dinamica intrinsecamente smisurata dell’accumulo di ricchezze: “Promettono le false traditrici sempre, in certo numero adunate, rendere lo raunatore pieno d’ogni appagamento; e con questa promissione conducono l’umana volontade in vizio d’avarizia” (Convivio, IV, 12, 4).
Nuovo oppio del popolo, la religione consumista postmoderna, libertaria e sans frontiéres come stadio supremo del capitalismo nella sua fase assoluta, si fonda essa stessa sulla precarietà e sull’instabilità, sulla flessibilità e sulla destrutturazione di tutto ciò che è fisso. Infatti, la solidità etica e la stabilità in ogni sua forma (emotiva, lavorativa, sentimentale, esistenziale, ecc.) costituiscono un impedimento alla sua “liturgia”, alla sua circolarità funesta che tutto dinamizza e trasforma, di modo che si mantenga e sempre si intensifichi l’orizzonte della società di mercato…

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