La brutalità umana nell’Esperimento di Philip Zimbardo

di Natalia Nieves Mordente
Nel 1971,  Zimbardo, psicologo statunitense, passò alla storia per uno degli esperimenti psicologici e sociali con i risvolti più drammatici e terribili di sempre.
La decisione di condurre l’esperimento nacque in seno ad una opinione diffusa degli psicologici del tempo. Questi ritenevano che i comportamenti violenti e le condotte anti-sociali adottate nelle carceri fossero conseguenza di personalità malate dei soggetti. Zimbardo dimostrò, invece, che i comportamenti dei detenuti non erano altro che l’esito delle situazioni contestuali in cui si trovavano.
Le caratteristiche dell’esperimento
L’esperimento fu anticipato dalla pubblicazione di un annuncio su un quotidiano locale, che richiedeva volontari per una ricerca, con una retribuzione di circa 15 dollari al giorno. A rispondere furono più di cento studenti, anche se ne furono scelti solo 24. Erano tutti maschi, definiti stabili psichicamente e senza deficit, disabilità o reati passati. Gli sperimentatori assegnarono casualmente i ragazzi ai gruppi di prigionieri e di guardie…

Vai all’articolo