Riflessioni sul rapporto tra Abisso e Luce

di Alessandro Tonon
Quante volte nel corso della nostra vita siamo colpiti da sofferenze inevitabili? Amori che finiscono, famiglie disgregate, amicizie lacerate, difficoltà economiche, malattie inguaribili, lutti. Contingenze che si abbattono sulle nostre esistenze, indipendentemente dalla nostra volontà e che ci fanno precipitare in un abisso. E, solo chi ha attraversato la sofferenza, può cogliere quanto tale abisso possa essere profondo.
Dinanzi ai dolori, in particolare a quelli legati alle ferite dell’anima, l’uomo si sente chiamato a cercare di dare un senso alla travagliata esperienza che sta vivendo. Ed è proprio questa chiamata, che rende tale l’umano: la possibilità di inondare di senso le pagine tristi e dolorose della propria esistenza.
Gli uomini, infatti, non potrebbero vivere la sofferenza se in qualche modo non le attribuissero un senso. Scrive Natoli: «Il dolore […] si fa experimentum crucis, sottopone a prova l’individuo che lo vive e si erge a controprova del senso dell’esistenza»1. La sofferenza, solo qualora sia inevitabile, diviene prova e per questo occasione di maturazione etica, psicologica e spirituale. La domanda di senso circa il male, invita l’uomo ad assumere su di sé la sofferenza…

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