Sentenze “oracolo”: guai a criticarle!

di Iuri Maria Prado

“Le sentenze non si commentano”. Quante volte l’abbiamo sentito? Quando una decisione di giustizia irrompe nel dibattito pubblico, l’intimazione rivolta a chi si azzardi a dirne qualcosa è sempre quella: che le sentenze non si commentano.

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Si tratta chiaramente di un balordo luogo comune, perché il diritto di esprimere opinioni è ancora protetto dalla Costituzione repubblicana e non cessa di esistere giusto perché lo si esercita verso un provvedimento giurisdizionale.

Ma perché quell’obiezione cretina fiorisce tanto spesso sulla scena del discorso in materia giudiziaria? È abbastanza semplice e molto preoccupante: perché in profundo si ritiene che una sentenza non sia il prodotto di un servizio pubblico e come tale esposto all’errore anche grave, ma piuttosto una specie di impassibile giudizio “oracolare”. Con questo di peggio: che quell’impassibilità si pretende dovuta e garantita non in ragione di ciò che la pronuncia di giustizia contiene, ma per il fatto che a emetterla è una specie, solo aggiornata, di sacerdote.

Quel che non si può contestare – perché altrimenti sì che salterebbe tutto – è il potere del giudice di emettere la sentenza, in buona sostanza di fare il suo lavoro, ma il diritto di contestare che il lavoro è stato svolto male c’è pienamente, e come tale dovrebbe essere protetto anziché messo in dubbio. Salvo credere, appunto, che il giudice non possa sbagliare o – ed è anche peggio – che se pure sbagliasse sarebbe vietato contestarglielo. E nei due casi discutiamo della pretesa di far salvo da ogni possibilità di critica un semplice documento pubblico, tuttavia reso sacro dal manto di indiscutibilità che avvolge la persona che l’ha confezionato.

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Ci si dimentica che il potere di giudicare ed emettere sentenze non è stato conferito ai magistrati da qualche dio, ma dalla società degli uomini in nome dei quali quelle sentenze sono scritte. Tutti, invece, a dimenticarsene… non solo quelli che per sé pretendono questa bizzarra forma di totemistica adorazione, ma anche quelli che la praticano e legittimano, ripetendo che le sentenze non si commentano.

È chiaro poi che criticare una sentenza non può implicare il suggerimento che sia legittimo sottrarvisi. Ma non a questo si allude quando si ripete quel ritornello (che le sentenze non si commentano). Il caso di una sentenza ingiusta, purtroppo, deve essere sofferto da chi ne è vittima e dalla società tutta, costretta a sopportare la possibilità che la giustizia sia amministrata malamente.

Ma si può accettare quella sofferenza e quel dovere di sopportazione fintanto che una sentenza resta una cosa fatta da un uomo, non più quando si rappresenta come un giudizio superiore verso il quale la critica si trasforma in bestemmia.

Articolo di Iuri Maria Prado

Fonte: https://www.ilriformista.it/sentenze-oracolo-guai-a-criticarle-10751/

Un commento

  1. ne convengo,riguardo alle sentenze ingiuste.Effettivamente Questi Giudici della Corte ,chiusi nei loro paramenti Sacerdotali si sentono e credono di essere I Mosè che parlano per bocca del Loro Dio.Di quale dio poi non si sa…ma resta comunque il fatto che il popolo supinamente accetta tutto limitandosi alla sola critica verbale.In tempi Biblici,quando il dio di Israele non manteneva le promesse date di Giustizia,Benessere,Dominio su altri popoli,il suo popolo “gli Ebrei”gli voltavano le spalle,cambiavano dei,non ascoltavano le sue Leggi.Si ribellavano al punto tale che il “dio”doveva tramite il suo Legislatore doveva porre rimedio,se non voleva perdere il popolo,quel popolo che scelse per essere servito.Purtroppo ,noi ,non abbiamo imparato da loro che se si può contestare un dio,figuriamoci un uomo,qualunque sia il ruolo o carica che ricopre,in tempi Romani gli stessi Imperatori equiparrati al dio erano e venivano sia contestati,ma anche eliminati.La ribellione è un elemento intrinseco nell’animo umano che si determina quanto nell’animo si accumulano strati negativi di vita sociale e civile mal vissuta per o a causa di terze persone.è Leggitima ,visto e dato che anche gli stessi Dei avevano un tale comportamento umano..Ribellersi contro i Giudizi della Corte Costituzionale ,quando emettono sentenze di parte o non conformi all’Etica e la Morale Istituzionale ,ribellarsi è Doveroso e Sacro.

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