Quando la Mente paralizza il Corpo

Monique Van Der Vorst, argento alle Paralimpiadi di Pechino nell’handbike, potrà inaspettatamente riprendere l’attività sportiva sulle proprie gambe.

Per spiegare la parabola della sua esistenza – di nuovo in piedi dopo 13 anni di vita inchiodata ad una carrozzina – ha tirato in ballo Nietzsche: “Ciò che non mi uccide mi rende più forte” ha annotato sulla home page del suo sito, felice perché a 26 anni, potrà riprendere l’attività sportiva sulle proprie gambe.

Ma mentre qualcuno grida già al miracolo, non è possibile trascurare il nesso profondo e sorprendente tra mente, emozioni e corpo. “Il cuore ha ragioni che la ragione non conosce”, scriveva Pascal nel lontano Seicento. Ragioni che a volte, in modo inconsapevole e imprevedibile, ti scavano in fondo all’anima, fino a renderti diverso da ciò che eri: Malato!

Come George Clooney che cinque anni fa venne assalito da amnesie temporanee, legate a pesanti situazioni di stress. O come il protagonista del film di Massimo Troisi, “Le vie del signore sono finite”, che dopo una delusione amorosa perde l’uso delle gambe, che riacquista non appena ritrova l’amore.

Argomenti oggetto di studio della Psicosomatica. Questa branca della medicina che pone in relazione la mente con il corpo, ovvero il mondo emozionale ed affettivo con il soma (il disturbo), è piena di casi in cui blocchi affettivi causano veri e propri blocchi fisici.

Uomini che improvvisamente diventano ciechi, per la paura di vedere una realtà piena di insidie. Ragazzi che smettono di camminare, per il terrore di diventare adulti. Donne a cui si gonfia la pancia, per il solo desiderio di avere un figlio. Malattie immaginarie? No, nevrosi isteriche: l’incapacità psicologica di risolvere un conflitto che viene così espresso attraverso il corpo.

Il professor Eugenio Torre, ordinario di psichiatria a Novara, dov’è anche direttore del dipartimento psichiatrico dell’Ospedale Maggiore, è esperto di psicosomatica (fu lui negli Anni ’80 a introdurne l’insegnamento all’Università di Torino) e dell’analisi del linguaggio del corpo, per nascondere dolori e frustrazioni. “Non posso esprimermi nello specifico sulla storia della ragazza olandese che a 13 anni ha perso l’uso delle gambe in seguito ad un intervento chirurgico per un incidente, e a 26 ha ripreso a camminare dopo un altro incidente, esordisce, ma alcune riflessioni a margine sono inevitabili”.

A partire dalla consapevolezza che in medicina esiste sempre “un margine di incertezza, una parte imponderabile che non può essere del tutto definita. Ci sono, ad esempio, recuperi fisici che la medicina non è in grado di spiegare, perché non è una scienza esatta, tant’è che io preferisco definirla arte medica”.

Le paralisi isteriche hanno un valore simbolico, nel senso che palesano l’incapacità di una persona a legittimarsi in qualche cosa. “Ricordo ad esempio il caso di una ragazzina di 17 anni che smise di colpo di parlare. Giocava in una squadra di pallavolo e la madre, preoccupata che lo sport la distraesse dallo studio, le impose di raggiungere una media del 7 nelle interrogazioni, altrimenti non le avrebbe più concesso di giocare. Per la paura di non sostenere interrogazioni brillanti, quella ragazzina smise di parlare. Per fortuna la psicoterapia la fece guarire”.

Anche Antonio Ventre, psicologo e psicoterapeuta dell’ospedale Molinette di Torino, ribadisce la casistica delle malattie psicosomatiche e la difficoltà ad individuare la presenza di lesioni che possono determinare atteggiamenti patologici e bizzarri (come dimenticare il saggio neurologico “L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello” di Oliver Sacks?).

Il dottor Ventre, oltre a soffermarsi sulla “possibile concatenazione tra uno shock che provoca un trauma e un altro che lo risolve”, ricorda la scoperta del genetista giapponese Kazuo Murakami: “I geni vengono suddivisi in due categorie, ‘on’ e ‘off’. Le prime attivano la guarigione le altre la disattivano. Chissà quali sviluppi potrà avere questa rivelazione”.

Fonte: http://www.lastampa.it/2010/12/28/scienza/quando-la-mente-paralizza-il-corpo-vLCAE7d910fDxo2ExJgy9J/pagina.html

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Gli sforzi susseguentisi di migliaia e migliaia di generazioni, il lavoro continuo di uomini dalla mente eletta sono stati sempre rivolti verso la conoscenza del vero, sono stati sempre tesi a squarciare il velame che cela agli occhi dell'umanità la vera essenza della vita, e dei fenomeni che per essa si manifestano. Ed oggi, vinti e seppelliti, superstizioni, errori, falsi concetti, la scienza può finalmente rispondere a innumerevoli domande "Io so".

Restano ancora numerosi problemi da risolvere, numerose lacune da colmare, numerosi errori da sopprimere, ma in moltissimi casi si è ormai veduto chiaro, in moltissimi casi il mistero ha ceduto dinanzi alla indagine instancabile e tenace. Un'infinità di fenomeni che fino a pochi secoli, fino a pochi decenni or sono, erano ancora un enigma oscuro e misterioso, sono oggi spiegati in modo indiscutibile, formano patrimonio certo della scienza.

Ma per giungere sino a questo punto, quali e quante lotte aspre, quante veglie angosciose trascorse nell'indagine paziente, quanti dolori, quante delusioni, hanno dovuto sopportare i chiamati, per elevatezza di mente, alla ricerca del vero! Ogni conquista della scienza, ogni lembo di mistero squarciato, ogni verità conosciuta, ogni sprazzo di luce nella tenebra dell'ignoranza, ha il suo martirologio, le sue vittime, è costato sofferenze, scherni, persecuzioni, a chi ha conquistato la verità, squarciato il lembo.

Per una strana ed inesplicabile contraddizione, mentre la mente umana è portata, per natura, all'indagine del mistero, nulla è più difficile che farle accettare una verità nuova, nulla è più difficile che farle abbandonare quanto si è creduto vero fino a ieri. Eppure, per poco che si abbia una cultura scientifica, per poco che si conosca la storia della scienza, nessuno potrà non riconoscere che la conquista del vero si è effettuata attraverso ad una interminabile serie di errori, che se oggi fanno sorridere anche l'uomo mediocremente colto, sono stati per secoli e secoli oggetto di fede tenace e profonda.

Ciò sta a provare che in fatto di scienza non si potrà mai asserire di aver detto, in nessun campo, l'ultima parola, e che ciò che ieri era accettato dall'universale come verità incontestabile, oggi perde ogni valore, cedendo il campo ad una verità nuova; ciò che oggi si può asserire per certo, domani può essere annientato da una nuova scoperta.

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