di Claudio Martinotti Doria
Molti di noi dimostrano una vulnerabilità nei confronti del fascino dell’ignoto, del mistero, del mito, ecc., che ci induce a rifugiarci in realtà parallele, costrutti mentali confortevoli, dimensioni culturali e spirituali, e fenomeni correlati, che ci affascinano e dilettano.
Non è mia intenzione scrivere un breve saggio citando i vari autori e passaggi storico culturali e sociali che ci hanno reso sempre più vulnerabili al condizionamento, sia della propaganda che della disinformazione (spesso interconnesse), il cui apogeo è stato raggiunto negli ultimi anni, nei quali abbiamo assistito a fenomeni sociali e istituzionali che quasi nessuno poteva prevedere nella loro gravità, estensione, e degenerazione.
Desidero solo esprimere valutazioni, concetti e semplici considerazioni, in modo da agevolare la lettura di chiunque si voglia approcciare a queste tematiche senza particolare impegno intellettuale, non dico con leggerezza ma almeno senza dover compiere particolari sforzi, come spesso accade con articoli autoriali troppo eruditi e autoreferenziali.
Credo sia ormai percezione diffusa che quanto avvenuto negli ultimi anni abbia segnato un solco profondo nella nostra società cosiddetta “occidentale”, con particolare riferimento a quella italica. Spesso la tendenza a semplificare le percezioni statistiche empiriche ci induce a usare frazionamenti eseguiti con l’ “accetta”, per cui tendiamo ad affermare che ormai la popolazione italiana è divisa a metà, tra coloro che sono ancora quasi totalmente condizionabili, lobotomizzati dai media mainstream che si ostinano a utilizzare come fonte di informazion e intrattenimento, e coloro che hanno acquisito un minimo di consapevolezza e non sono più disposti accettare passivamente le versioni e narrazioni ufficiali ma intendono recuperare porzioni di libertà e autonomia esistenziale.
Le percentuali certamente non sono quelle, anche se l’affluenza alle urne ricalcherebbe queste valutazioni confermandone l’attendibilità. Personalmente sono meno ottimista, riconosco che l’esperienza maturata negli ultimi cinque anni abbia sicuramente indotto molti a destarsi dall’ingenua fiducia nelle istituzioni, ma ritengo che il loro numero in termini percentuali non sia così elevato.
Inoltre i devastanti danni sociali e sanitari indotti nella popolazione hanno aumentato esponenzialmente la solitudine, l’isolamento, la sofferenza, l’introversione, l’asocialità, la confusione e l’ignoranza, ecc., rendendo sempre più difficile comunicare e rapportarsi tra di noi in maniera sensata e costruttiva.
La leadership politica a tutti i livelli continentali, salvo eccezioni, è paradigmatica del degrado morale, intellettuale e culturale, che stiamo vivendo, nostro malgrado, al punto tale che per mantenere le loro posizioni di potere (apparente) devono ricorrere alla repressione del dissenso in tutti i modi, anche i più paradossali, violenti e risibili.
Pur non essendo la metà della popolazione che sta crescendo in consapevolezza e coscienza è comunque già una massa critica tale da intimorire i detentori del potere esecutivo, temendo di poter essere scaricati e sostituiti dai loro veri datori di lavoro elitari, rendendoli sempre più disperati cinici e pericolosi (in particolare guerrafondai, pur in assenza di consenso, eserciti e mezzi militari).
Ma sussiste ancora un pericolo anche tra coloro che fanno parte di questa massa critica dissenziente e tendente alla consapevolezza, non essendosi sottratta a sufficienza al rischio di manipolazione, mistificazione, condizionamento.
Mi riferisco alla vulnerabilità di molti di noi nei confronti del fascino dell’ignoto, del mistero, del mito, ecc., che ci induce a rifugiarci in realtà parallele, costrutti mentali confortevoli, dimensioni culturali e spirituali, e fenomeni correlati, che ci affascinano e dilettano, come una volta poteva essere l’intrattenimento cinematografico o televisivo o letterario, che in questi casi afferiscono alla sfera pseudostorica e misterica.
Faccio un solo esempio che credo sia estremamente emblematico di quanto asserisco, il fenomeno di Rennes-le-Château.
Il fenomeno mitopoietico di Rennes-le-Château è stato esaustivamente demistificato da autorevoli studiosi e ricercatori come Mario Iannaccone, Umberto Eco e Mariano Tomatis nella prima e seconda decade del nuovo millennio, risalendo alle origini e a tutti coloro che hanno contribuito a creare questo ultrasecolare fenomeno mitologico moderno, dimostrandone l’inconsistenza dal punto di vista storico, risalendo soprattutto a tutta la documentazione e i passaggi storici di epoca più recente, dagli anni sessanta in poi.
Nonostante questi accurati studi ormai disponibili da parecchi anni, continuano a essere pubblicati centinaia di libri sull’argomento da parte di autori che con la ricerca storica ben poco hanno a che fare, ma piuttosto si dedicano all’immaginazione, voli pindarici, correlazioni personalizzate prive di fondamento, associazioni culturali e fenomeniche inventate di sana pianta, ecc… Oltre a motivazioni inerenti l’irresistibile fascino del mistero (e alla faziosità che ne deriva), che sarebbe meglio in questo caso definire “enigma”, credo che a prevalere sia anche e soprattutto il desiderio di lucro e la fama che alcuni autori hanno potuto ottenere, con la complicità di alcuni media compiacenti, appagando in tal modo il proprio Ego. Non ci sarebbe nulla di grave se tutto si fosse limitato alla sfera dell’intrattenimento immaginifico, delle ipotesi e congetture, della letteratura romanzesca, senza pretendere di fornire una parvenza di storicità, autenticità e autorevolezza agli eventi descritti e alle interpretazioni elaborate sull’argomento.
Quasi certamente coloro che si dedicano a scrivere su questi argomenti (e sono migliaia) non hanno avuto il tempo e la volontà di documentarsi sul pregresso (di notevole mole), soprattutto se riferito a ricercatori storici seri e imparziali, ma semmai si basano sui pochi libri letti che erano nelle loro corde, nei quali si sono identificati e dai quali sono partiti per le loro elucubrazioni. Se si parte da premesse e presupposti fasulli non si può che pervenire ad altre falsificazioni e conclusioni errate. Questo approccio non è certamente storiografico e contribuisce solo ad aumentare la confusione e falsificazione del fenomeno.
Questo diffuso atteggiamento mentale è indicativo di quanto siamo vulnerabili psicologicamente, di come certe fascinazioni esercitino su di noi un potere di coinvolgimento emotivo cui non riusciamo a sottrarci. Chi detiene il vero potere dominante conosce queste nostre debolezze e ne approfitta, quantomeno per distrarci e renderci inoffensivi. Coloro che dispongono degli strumenti culturali per demistificare la realtà li dovrebbero applicare con coerenza, senza eccezioni, in tutti i settori dello scibile umano, anche quelli che esercitano su di noi un fascino viscerale, istintivo e insidioso cui difficilmente riusciamo a sottrarci.
Se coltiviamo delle “credenze”, anche se non le definiremmo tali, non filtrate dalla ricerca storica, critica e analitica, ci rendiamo vulnerabili alle insidie che il potere sa esercitare più o meno abilmente, facendoci correre il rischio di ricadere nuovamente in qualche nuova trappola che ci stanno tenendo, con la beffa della nostra supponenza che ci fa ritenere di essere ormai immunizzati a tali pericoli. Analogamente a colui che è stato truffato e ritiene che ormai non cadrà mai più in un’altra truffa. La vita purtroppo lo smentirà.
Articolo del Cav. Dottor Claudio Martinotti Doria, Via Roma 126, 15039 Ozzano Monferrato (AL), Unione delle Cinque Terre del Monferrato, Italy – Email: claudio@gc-colibri.com – Independent researcher, historiographer, critical analyst, blogger on the web since 1996)
Fonte: www.conoscenzealconfine.it