Perché la Polizia francese è diventata la più violenta d’Europa?

di Salvatore (Turi) Palidda

Dopo il G8 di Genova, erano le polizie italiane ad essere considerate le più violente nell’Europa occidentale. Ma da allora, un po’ tutte le polizie hanno adottato modalità, tecniche e mezzi sempre più violenti.

Non affronto qui una comparazione con altri paesi europei, ma mi limito ad osservare che in nessuno di essi (almeno sinora) sono state adottate le flashball, le granate di désencerclement (dispersione), le griglie per spezzare i cortei e le “esfiltrazioni” da parte di tanti agenti senza divisa spalleggiati da quelli in divisa, più l’evidente incitamento a “dare una lezione” (come, tuttavia, fu già per il G8 di Genova).

Forse incide anche il fatto che è in Francia che sono cominciate per prima le esercitazioni di low intensity conflict, allo scopo di formare e addestrare (a Saint-Astier) un corpo poliziesco-militare (eurogendfor) adatto ai conflitti urbani del XXI secolo [1] (le “guerre a bassa intensità” che alcuni prevedono anche rispetto allo “spettro” che angoscia i dominanti che prospettano la tanatopolitica [2]).

La deriva verso pratiche violente da parte della polizia francese comincia con Sarkozy. Ciò appare evidente grazie ai diversi contributi al libro diretto da Laurent Mucchielli, “La frénésie sécuritaire”, in particolare di Christian Mouhanna, Serge Slama e Mathieu Rigouste, che è anche autore di “La domination policière, une violence industrielle”, in cui mostra la genealogia coloniale dei “BAC” (le famigerate brigate che nelle banlieues massacrano i giovani).

Ma è soprattutto con Valls e dopo con Collomb-Castaner-Macron che si sviluppa la deriva “muscolosa” della polizia francese versione XXI secolo. In particolare, il primo episodio flagrante di tale escalation violenta fu il 1° Maggio 2016. Io c’ero e ho visto la polizia, all’altezza del metro Ledru Rollin, penetrare violentemente la manifestazione per spezzare il corteo, con delle griglie di più di 4 metri d’altezza e della larghezza della strada, lanciando anche granate di désencerclement (dispersione), lacrimogeni e manganellando anche donne anziane.

Un’azione che da tempo era inimmaginabile durante una manifestazione del 1° maggio, ma il 1° Maggio 2019 è avvenuto qualcosa di ancora più scioccante, con l’attacco diretto contro la stessa testa del corteo della CGT. Dopo i primi actes dei gilets gialli (le manifestazioni di ogni sabato da novembre del 2018), s’è vista anche l’escalation violenta della polizia e l’abuso di queste nuove armi, come le flashball che hanno provocato centinaia di feriti anche gravi, la bastonatura sistematica anche di manifestanti assolutamente pacifici e di giornalisti, e l’azione di “sbirri” in tenuta da civile, sino al quasi assassinio di una giovane a Marsiglia (in una stradina secondaria dopo la manifestazione).

Secondo qualche commentatore, la polizia francese non sarebbe ancora assai formata/allenata alla gestione delle manifestazioni e perciò farebbe un uso “maldestro” dei mezzi di cui è da poco dotata. Sempre secondo queste opinioni l’azione poliziesca rivelerebbe l’improvvisazione e la confusione di fronte ad una mobilitazione inedita quale quella dei gilets gialli, che spesso si mescolano coi black bloc o adottano modalità d’azione di questa componente in tante manifestazioni (sin da Seattle e anche prima).

Peraltro, si fa notare anche che la dotazione di flashball così come delle pistole tazer è stata adottata per evitare il ricorso alle armi da fuoco, cioè per evitare morti, che tuttavia ci sono stati insieme ad un numero ormai impressionante di feriti gravi. I pochi esperti francesi di polizia che hanno spesso espresso le loro valutazioni a tale proposito non sembrano aver dato spiegazioni convincenti (in particolare Jobard e De Maillard).

In un articolo che propone più punti di vista sulle violenze della polizia, si evoca anche lo stesso Difensore dei diritti Jacques Toubon, che nel suo rapporto del 10/1/2018, aveva “preconizzato” il divieto dei flashball (LBD40) durante la gestione dell’ordine, dice: “Annulliamo il rischio di pericolosità di queste armi sospendendone l’uso … prevenire piuttosto che curare (i feriti)”.

È noto che la “polizia delle polizie” (l’IGPN), dall’inizio delle manifestazioni dei gilets gialli ha ricevuto centinaia di segnalazioni di atti molto violenti e di feriti gravi da parte della polizia. Ma i risultati di tali inchieste non promettono nulla che possa frenare la deriva in corso. E anche le inchieste giudiziarie non promettono nulla di pacificante, viste le condanne ingiuste o chiaramente reazionarie dei manifestanti classificati come violenti.

L’abbiamo già ricordato: le modalità dell’azione poliziesca un po’ dappertutto nei paesi cosiddetti democratici mostrano una ibridazione delle pratiche poliziesche e militari; per esempio, appunto, l’uso del flashball come arma con un calibro da guerra, che però è considerata “non letale”.
Siamo nella congiuntura dell’inflazione degli ossimori (“guerre umanitarie”, “azione proattiva” che giustificherebbe il ricorso all’azione muscolosa per prevenire o anche per “garantire la libertà di manifestare”).

Secondo alcuni, la polizia sarebbe stata costretta al ricorso alla violenza perché i manifestanti di oggi sarebbero più violenti: la sociologa Isabelle Sommier (in Libération) afferma che solo il 5% dei manifestanti erano violenti negli anni 80-90. Ricordiamo però che negli anni Settanta e anche dopo si sono avuti in Italia e in altri paesi cosiddetti democratici, manifestazioni ben più violente di quelle di oggi (con manifestanti che arrivavano a sottrarre armi da fuoco agli agenti di polizia … e non erano gruppi armati).

Da notare anche che l’indurimento dell’azione poliziesca corrisponde alla preoccupazione del potere di mostrare di essere in grado di difendere i quartieri dei ricchi che da tanto tempo si credevano “santuari” inviolabili da parte del “popolino pericoloso”. Ma s’è visto che il risultato di tale azione non ha per nulla protetto le boutique dei ricchi. Tuttavia Castaner-Macron hanno insistito a ripetere e aizzare lo stesso enorme dispiegamento di forze, di mezzi e la stessa pratica fallimentare, rispetto a ciò che sarebbe lo scopo dell’azione repressiva.

In realtà, come è stato sottolineato da tanti, il movimento dei gilets gialli e ancor di più i black bloc hanno evidentemente messo in scacco la modalità tradizionale dell’azione repressiva della polizia perché non sono strutturati, non hanno leader che vanno a negoziare con la polizia, né modalità di manifestazione con corteo inquadrato ecc.

Ma qualche esperto di polizia insiste interrogandosi sulla legittimità o l’illegittimità della violenza poliziesca,  pensando che sia dovuta alla mancanza di negoziazione tra manifestanti e polizia, dovuta anche all’attitudine negativa del governo. Uno degli obiettivi principali che il governo pretendeva raggiungere, era quello di utilizzare il disordine poliziesco e le bastonate a scopo dissuasivo: “vedete cosa succede a chi va a manifestare?” È pericoloso. Ora ormai i manifestanti hanno capito che il governo non intende ascoltarli e che usa strumentalmente la repressione della polizia per non negoziare.

Contrariamente alla dottrina di mantenimento dell’ordine detta di “de-escalation” (che mira a cercare di minimizzare le violenze collaterali, inutili o pericolose e quindi a cercare il dialogo permanente con la folla), Castaner-Macron hanno puntato sul dispiegamento di un abnorme numero di agenti, peraltro per 2/3 neanche addestrati alla gestione dell’ordine di piazza, in cui anche quelli addestrati hanno agito maldestramente (dal punto di vista del ‘professionismo’ repressivo).

Al di là delle specificità e particolarità del contesto francese e dell’incapacità di gestire l’ordine da parte del governo, il fatto politico che salta all’occhio è che questo governo ha scelto il “Muro”, la negazione di ogni negoziazione e concessione, il che è evidente anche nell’ultimo discorso con cui Macron pretendevadi chiudere la storia dei gilets gialli. Non ha assolutamente voluto concedere l’istituzione di una tassa sulle “grandi fortune”, cioè sui ricchi, ma ha sollecitato donazioni milionarie per ricostruire Notre Dame.

Ciò era ben prevedibile non solo perché questo governo crede di tenere senza rischio il “coltello dalla parte del manico” con la maggioranza assoluta di cui dispone in Parlamento e il sostegno di tutti i grandi e piccoli dominanti. La scelta del governo è propria alla logica liberista, che usa e abusa della forza dello Stato al servizio delle lobby, pronte quindi a fare tutto per sostenerlo. Una logica che esclude precisamente la negoziazione e che vuole erodere e anche far sparire i sindacati e le opposizioni (come dimostra anche l’attacco alla testa del corteo della CGT, ed è stupefacente che i dirigenti di tale sindacato non si rendano conto di tale meccanismo).

La questione non è che si è di fronte ad una deriva autoritaria o che si va verso uno “Stato di polizia” o d’eccezione.
Autoritarismo e pseudo-democrazia, eccezione e gestione pacifica dei conflitti che i dominanti provocano, coesistono sempre. Basta chiedere ai giovani delle banlieues o alla gente della Zad (come ai NO-TAV) e alle altre vittime delle grandi opere, vittime di grandi inquinamenti, che quando reagiscono sono massacrati o trattati come dei terroristi, cioè come nemici dello Stato.

Siamo nel contesto che già in passato si chiamava “fascismo democratico”, ma che passa senza bisogno di colpo di Stato o d’involuzione con parate poliziesche-militari. E ciò ancora di più oggi, perché è consustanziale alla ascesa dello pseudo sovranismo-populista. Le popolazioni dei paesi detti democratici, saranno, quindi, costrette a scegliere tra i Macron e altri pseudo-democratici o i Trump, i Le Pen, i Salvini, cioè fra due facce della stessa medaglia.

Tuttavia, l’istinto stesso di sopravvivenza e la violenza del potere non possono che spingere i popoli alla rivolta e alla resistenza. La tendenza dei dominanti ad approfittare dell’asimmetria di potere a loro favore e a rifiutare ogni negoziazione e concessione ai dominati non potrà che spingere a rivolte sempre più dure, ed è probabile che la modalità black bloc sarà generalizzata in tutte le rivolte. E, purtroppo, non ci si dovrà meravigliare se in futuro si vedrà risorgere anche il ricorso alle armi da fuoco da parte delle polizie e anche da parte dei manifestanti.

Articolo di Salvatore (Turi) Palidda

Tratto da: https://blogs.mediapart.fr/salvatore-palidda/blog/040519/pourquoi-la-police-francaise-est-devenue-la-plus-violente-d-europe-occidentale

Note e riferimenti:

[1] Si veda il documento a cura di “Nonostante Milano” qui, Low Intensity Conflict (LIC) è la definizione di “uno spazio ambiguo tra la pace e la guerra”.

[2] http://effimera.org/aporie-demo-politiche-approdo-delleuropa-alla-tanatopolitica-salvatore-palidda/

Rivisto da Conoscenzealconfine.it

Fonte: http://www.labottegadelbarbieri.org/perche-la-polizia-francese-e-diventata-la-piu-violenta-in-europa-occidentale/

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