Parte l’Esproprio Immobiliare

di Ruggiero Capone

In un futuro molto vicino, se un cittadino metterà in vendita casa dovrà prioritariamente accettare l’offerta dei grandi gruppi, che potrebbe essere scartata solo previo giudizio di un tribunale.

Dal 2012, con l’arrivo del Governo di Mario Monti, sentiamo costantemente ripetere da blasonati professoroni e supertecnici della finanza (pubblica e privata) che per raddrizzare gli italiani necessita bruciare loro i risparmi, perché non sanno adoprarli, soprattutto togliere loro la proprietà di casa, perché immobilizzazione di risorse sottratte ai mercati.

Oggi, grazie a Mario Draghi e alla sua capacità di “ricatto”, la porta è bella e sfondata. A luglio Supermario privatizzerà l’acqua italiana, in forza d’un atto d’imperio sul Parlamento, volutamente dimenticando il referendum sull’acqua pubblica.

L’ingresso delle multinazionali nella proprietà d’un bene primario, e nella gestione dei servizi idrici, permetterà ai grandi gruppi di condizionare le opere di urbanizzazione e la pianificazione territoriale dei Comuni e di tutti gli Enti locali: mettendo così la proprietà privata in balia di colossi societari che hanno la possibilità d’espropriare terreni ed appartamenti, convincendo le Amministrazioni locali che sarebbe doveroso cambiar faccia alle città, trasformarle buttando giù tutto.

Questo stravolgimento è già stato sperimentato nelle aree terremotate marchigiane, dove in nome del ppp (“partenariato pubblico-privato”) sono stati ceduti dallo Stato ai colossi privati, i diritti sulla proprietà privata dei cittadini.

Con l’estensione del partenariato ai diritti fondamentali (acqua, casa, risparmio) la vita stessa dei cittadini è ormai a disposizione della cricca di potere che finanzia il Forum economico mondiale di Davos: da quest’ultimo dipendono le scelte dei governi degli ultimi dieci anni.

Il ppp non è una terribile parolaccia (forse lo è) ma l’acronimo di “Partenariato pubblico-privato”: voce che negli stessi libri di diritto presenta aspetti equivoci e motivazioni carenti. Il ppp è una forma di cooperazione tra poteri (pubblici e privati): un accordo plutocratico con l’obiettivo di finanziare, costruire e gestire infrastrutture o fornire servizi di interesse pubblico (come far gestire i soldi statali delle emergenze a multinazionali come BlackRock, Amazon, Microsoft).

Di fatto, è una cooperazione tra autorevoli comitati d’affari, motivata dallo Stato come “capacità d’attrarre investimenti privati”, e con la clausola di vaselina aggiuntiva delle “competenze non disponibili all’interno della pubblica amministrazione”. Il ppp funziona come la vecchia Fiat: i profitti sono sempre degli investitori privati, ma le perdite sono per contratto spalmate sui cittadini.

Il partenariato mette la collettività di fronte all’atto compiuto, e senza nemmeno la possibilità che una “class action” (come nel mondo anglosassone) possa inchiodare il privato alle proprie responsabilità, a pagare gli eventuali danni.

In forza di questo modello, Draghi prima privatizzerà l’acqua e poi aprirà agli stravolgimenti urbanistici: per esempio, obbligo delle cessione di terra o casa da parte dei cittadini ai grandi gruppi. Nel diritto agrario va detto che la prelazione del confinante nell’acquisto d’un terreno esiste da sempre, ma ora questa prelazione (con blocco del mercato immobiliare urbano) potrà essere introdotta in città e paesi, e su ogni bene registrato.

In un futuro molto vicino, se un cittadino metterà in vendita casa dovrà prioritariamente accettare l’offerta dei grandi gruppi, che potrebbe essere scartata solo previo giudizio di un tribunale, come già avviene negli Usa. E questo, secondo i finanziatori del Governo Draghi, permetterebbe a un unico proprietario di rimodernare le città, di stravolgerle. Come già avvenuto ad Amsterdam, Amburgo, New York e San Francisco tra fine Ottocento e i primi del Novecento.

Va detto che nemmeno a livello di normative dell’Unione europea esistono definizioni esatte del Ppp. Il testo di “diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni” (Comunicazione Commissione Ue 30 aprile 2004, Com 2004 numero327) chiarisce che “con tale termine ci si riferisce, in generale, a forme di cooperazione tra le autorità pubbliche ed il mondo delle imprese che mirano a garantire il finanziamento, la costruzione e la gestione o la manutenzione di un’infrastruttura oppure la fornitura di un servizio”.

Di fatto, il partner pubblico dovrebbe vigilare sugli obiettivi da raggiungere e per il bene della collettività, perché il ppp mette mani a strade, ferrovie, porti, aeroporti, energia, acqua, salute. Quindi lo Stato dovrebbe vigilare sui prezzi che il privato pratica alla comunità (per acqua o per il fitto dei beni espropriati e poi rimessi sul mercato) e se gli indennizzi ed i risarcimenti avvengano per davvero e sono congrui. Il rischio è che decine di milioni d’italiani verrebbero danneggiati e messi in povertà, forse anche trascinati nei tribunali e rovinati attraverso il sistema delle cause civili.

Così, il modello espropriativo del “bene casa” segue a ruota quello del “bene acqua“. Per abolire la micro-proprietà privata (i piccoli proprietari), il metodo parte con l’inasprimento della tassazione (Imu, Tasi, reddito) e l’aumento d’imposizioni normative (messa a norma Ue). E poi s’irrobustisce con la possibilità per i grandi privati d’acquisire a prezzo politico interi quartieri (come avvenne a San Francisco).

Così, in pochi anni i proprietari di appartamenti dovrebbero ricevere una comunicazione del Comune che, in caso di messa in vendita dell’immobile, devono prima di tutto proporlo ad un gruppo industriale. Nel momento in cui il gruppo possiederà la maggior parte delle quote millesimali d’un palazzo, potrà procedere coattamente all’esproprio (e per via giudiziale del restante). Con questa trovata del partenariato, ed in nome d’un fumoso progresso, cambierà la vita dei cittadini, meno liberi e al giogo dei gruppi multinazionali.

Articolo di Ruggiero Capone

Fonte: https://www.opinione.it/economia/2022/05/30/ruggiero-capone_acqua-privatizzata-esproprio-immobiliare-draghi-monti/

BIG PHARMA
Come l'industria farmaceutica controlla la nostra salute
di Jacky Law

Big Pharma

Come l'industria farmaceutica controlla la nostra salute

di Jacky Law

Un durissimo atto d'accusa contro le multinazionali farmaceutiche che dominano il piú redditizio business al mondo, quello della malattia. Dopo la lettura di questo libro, ogni volta che prenderete una medicina vi chiederete se fa bene a voi o se fa bene a loro.

Mentre negli Stati Uniti è annunciata l'uscita di Sicko, il nuovo documentario di Michael Moore contro l'industria farmaceutica americana, questo libro di Jacky Law ci spiega in che modo "Big Pharma" (l'insieme delle multinazionali farmaceutiche) si è progressivamente allontanata dal suo obiettivo primario: la salute e il benessere delle persone. L'autrice ci svela un sistema nel quale la ricerca dei profitti non coincide piú con la tutela della nostra salute, ma con una gigantesca impresa dove il marketing orienta la ricerca scientifica e induce essa stessa il bisogno di farmaci spesso inutili quando non dannosi. Dove il costo delle medicine cresce senza sosta, mentre diminuiscono i nuovi prodotti immessi sul mercato; dove gli studi scientifici sono manipolati, i ricercatori e le autorità di controllo corrotti o intimiditi. Tutto questo a detrimento di una ricerca orientata verso malattie "meno redditizie" e con la complicità di moltissimi medici a libro paga del mostro "Big Pharma".
Ma Law ci fornisce anche preziose indicazioni per sottrarci a una medicalizzazione della società imposta dal mercato e farci riconquistare il controllo sulla nostra salute, non piú come passivi consumatori ma come cittadini finalmente responsabili e informati.

Se pensate di conoscere il peggio riguardo all'industria farmaceutica, ripensateci. Jacky Law racconta la storia di un mostro che ci è cresciuto dentro cosí velocemente che non ci siamo ancora resi conto degli effetti. Dobbiamo riappropriarci del controllo sul nostro destino di pazienti, e la grande forza di questo libro è che ci spinge proprio a farlo.

"The Sunday Times"

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Un commento

  1. Questi contenuti devono essere resi pubblici in maniera capillare, non è sufficiente che vi acceda o solo coloro che hanno la fortuna di potervi leggere

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