Le trovate “inclusive” che rasentano il ridicolo ormai si moltiplicano a vista d’occhio.
Una “scrittura inclusiva” che riforma la grammatica con la presunta motivazione di combattere ogni discriminazione. La trovata linguistica che arriva dalla Francia e che fa accapponare la pelle all’Accademia Francese, è solo l’ultima di una lunga serie purtroppo.
Francia, arriva la “Scrittura inclusiva”
Cosa prevede questa “scrittura inclusiva”? Ogni parola dovrà poter essere declinabile in tre generi: maschile, femminile e neutro. Alla radice della parola sarà dunque aggiunto il suffisso maschile, un punto e il suffisso femminile. Per il plurale si aggiungerà un ulteriore punto e la “s” finale.
Ma, se non fosse già abbastanza, c’è di più. Le regole del linguaggio esortano a non utilizzare termini che ormai sembrano esser divenuti fonte di scandalo e disagio. Quali? “Uomo”, “donna”, ma anche quelli declinati ad un genere specifico, come “attrice” o “attore”. Meglio un generico “persona” o “artista”, non sia mai che qualcuno si offenda. Se sono, poi, disponibili termini neutri che hanno la stessa forma per i due generi, meglio ancora. Le regole della “scrittura inclusiva” esortano a prediligerli – ovviamente. Ad hoc per riferirsi sia agli uomini che alle donne è stato, inoltre, creato il pronome “iel” o “ille”.
Accademia Francese: “Una confusione che rasenta l’illeggibilità”
Insomma, le basi per una “neolingua” sono ormai gettate. Poco importa il monito dell’Accademia Francese: “La moltiplicazione dei segni ortografici e sintattici che induce si traduce in un linguaggio disunito, disparato nella sua espressione, creando una confusione che rasenta l’illeggibilità. È difficile capire qual è l’obiettivo e come potrebbe superare gli ostacoli pratici della scrittura, della lettura – visiva o ad alta voce – e della pronuncia. Ciò aumenterebbe il compito degli educatori. Ciò complicherebbe ulteriormente quello dei lettori”.
Il buon senso è ormai andato a farsi benedire, in una cieca corsa che sembra aver sbagliato la sua direzione e che ci investe tutti, senza distinzioni, in nome dell’inclusività.