L’odiosa “caccia in scatola”

di Sara Bellini

Nei paesi africani nei quali è consentita la caccia, il turismo collegato ad essa funziona a piena velocità. Il Sudafrica offre accanto al tradizionale trofeo di caccia una variante ancora più crudele: il “canned hunting” ovvero la caccia in scatola (in pratica una caccia da dietro un recinto), in cui gli animali vengono serviti ai loro cacciatori su un piatto d’argento.

lions canned huntingIan Michler, è uno studioso di scienze naturali sudafricano, che vuole informare il pubblico e le autorità su una fiorente, orrenda pratica – una sottospecie della tradizionale caccia con trofeo – tanto in voga in Africa, chiamata la “caccia in scatola” e finalizzata principalmente alla fauna selvatica e in particolare al re degli animali, al leone.

La Protezione Svizzera degli Animali (PSA) ha incontrato Ian Michler per capire cosa è e come funziona questa pratica.

“La caccia in scatola è totalmente diversa dalla caccia grossa tradizionale. Nella caccia tradizionale, che i cacciatori considerano equa, gli animali braccati in natura sono in movimento e hanno una minima possibilità di scamparla. Pertanto, il cacciatore non ha alcuna garanzia di portarsi a casa un trofeo. Al contrario, nella caccia in scatola il cacciatore ha la certezza del trofeo”.

Gli animali utilizzati per la caccia in scatola sono nati e allevati in cattività. In tal modo le leonesse restano sempre e presto gravide e partoriscono continuamente cuccioli, che sono tolti subito dopo la nascita alle loro madri e svezzati da persone. Appena i cuccioli raggiungono un’età matura, sono pronti, sempre dietro pagamento, ad essere sacrificati alla caccia. Una volta trovato un acquirente, gli animali semi-addomesticati sono rinchiusi in una zona circoscritta da reti metalliche, senza via di fuga, e parzialmente drogati… Il cacciatore “coraggioso” deve praticamente puntare la sua arma, sparare e conquistare il suo trofeo. Ma che gran divertimento! A certe persone basta proprio poco per sentirsi grandi!

canned hunting

La caccia in scatola, che equivale molto di più ad una brutale esecuzione, è una pratica purtroppo molto redditizia. Chi opera questa caccia, ha due vantaggi: la caccia in scatola è più semplice e meno costosa di una caccia grossa tradizionale. Dei 9.000 cacciatori che si recano ogni anno in Sudafrica, il 99% non sono africani. I cacciatori di trofei provengono in gran parte dagli Stati Uniti e dall’Europa.

Per Ian Michler una nuova legge che vietasse l’importazione di trofei di caccia nel paese di origine del cacciatore, sarebbe lo strumento più efficace per fermare questo turismo e per chiudere questi allevamenti. Una tale norma esiste dal marzo 2015 in Australia, dove c’è un divieto di importazione di trofei, in riferimento anche alla caccia al leone. La Svizzera è influenzata – anche se in misura minore – da questa attività immorale: ogni anno, 2.000 turisti svizzeri si recano in paesi lontani per un trofeo di caccia.

Così come riferisce Ian Michler, nei 150 allevamenti sudafricani vivono 8.000 leoni: più del doppio della popolazione animale selvatica, che è stimata intorno ai 3.000 esemplari. 8000 leoni trascorrono un’esistenza miserabile: vivono nelle stesse condizioni del bestiame da allevamento. Tutto ciò è anche un vero e proprio insulto alla cultura locale.

“Esistono quindi motivi più che ragionevoli per vietare questi allevamenti, che non hanno niente a che fare con il benessere degli animali e la conservazione delle specie. Inoltre, i proprietari di questi lager, ingannano e prendono in giro anche parecchi volontari, che credendo di partecipare ad un programma di conservazione della fauna selvatica, prestano il loro lavoro gratuitamente”.

Articolo di Sara Bellini, https://twitter.com/sarabellini25/

Fonte: http://www.protezione-animali.com/

DIVIETO DI CACCIA!
Tutto quello che i cacciatori non vogliono farci sapere
di Carlo Consiglio

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La caccia è una pratica che si perde nella notte dei tempi, le cui origini risalgono addirittura tra i 2 e i 3 milioni di anni fa. Con il passare dei secoli, però, la sua funzione è cambiata: da mezzo di sostentamento necessario a "disciplina sportiva" o passatempo. Si è creata così una netta divisione: ferventi sostenitori da una parte, accaniti avversari dall'altra.

Questo saggio esamina, in tutte le loro contraddizioni, le giustificazioni e i luoghi comuni più diffusi sulla caccia, confutandoli uno a uno: con uno stile limpido, senza giri di parole, affronta i danni che questa attività causa non solo agli animali e alla natura, ma anche a coloro che la praticano (e la subiscono); si sofferma sui suoi aspetti patologici e morbosi; i suoi eccessi, come il bracconaggio e illustra cosa prevede la nostra legislazione in materia.

Arricchito da informazioni e sondaggi aggiornati sulla situazione italiana, con un contributo di Massimo Tettamanti sulla scottante questione della sicurezza della caccia per gli esseri umani (oltre 100 vittime all'anno).

"Nei 5 mesi dell'apertura della caccia, il numero di morti per arma da fuoco indica che i cacciatori sono, come minimo, 10 volte più pericolosi rispetto alla persona comune, considerando nella media anche la criminalità comune e quella organizzata. In un sondaggio nazionale sull'abolizione della caccia, alla domanda: "È favorevole all'abolizione della caccia?", gli italiani hanno così risposto: 72% Sì; 22% No; 6% Non so. E non credo servano ulteriori commenti". Massimo Tettamanti, chimico ambientale e criminologo forense

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