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Libano, storia dei Crimini israeliani: Invasione del 1978

di Yahya Sorbello

Quarantatré anni fa, l’esercito di occupazione israeliano commise numerosi crimini invadendo il suolo libanese in quella che chiamò “Operazione Litani“, nella notte tra il 14 e il 15 marzo 1978.

L’aggressione, soprannominata invasione israeliana del Libano, ha preso di mira 358 città e villaggi nei distretti libanesi di Bint Jbeil, Marjeyoun, Hasbaya, Tiro e Nabatieh. I sette giorni di aggressione terrestre, aerea e marittima hanno portato all’occupazione di 1100 chilometri quadrati del suolo libanese.

Come parte del crimine israeliano, ecco alcuni numeri da ricordare:

  • 560 civili furono martirizzati
  • 653 civili rimasero feriti

Le forze di occupazione israeliane hanno completamente distrutto con artiglieria e raid aerei numerosi villaggi: al-Ghandouriyeh, al-Abbasiyeh, al-Gharyeh, al-Qantara, Deir Hanna, al-Bayyadha, Mazraet al-Nmayriye e Mazraet al-Khraybeh.

Inoltre, l’esercito israeliano ha completamente distrutto 2500 case e parzialmente danneggiato altre 620. Le infrastrutture libanesi: acqua, elettricità e reti telefoniche sono state distrutte lungo le aree sotto aggressione.

Migliaia di ettari di terreni agricoli furono devastati e circa 150mila ulivi e agrumeti furono dati alle fiamme. Per non parlare della distruzione di cinquanta scuole, dieci ospedali o centri medici e più di 20 moschee e chiese.

Durante i 22 anni di occupazione del sud del Libano, l’esercito israeliano ha incassato pesanti colpi dai combattenti della Resistenza libanese, perdendo circa 900 dei suoi soldati.

Articolo di Yahya Sorbello

Fonte: https://ilfarosulmondo.it/libano-storia-crimini-israeliani-invasione-1978/

ISRAELE
Geopolitica di una piccola, grande potenza
di Giacomo Gabellini

Israele

Geopolitica di una piccola, grande potenza

di Giacomo Gabellini

Questo libro indaga gli aspetti storici, economici, sociali e geopolitici del lungo e travagliato processo attraverso cui Israele è riuscito a imporsi come principale (se non unica) potenza dell'intera regione mediorientale.

Israele rappresenta, per usare un'espressione del celebre politologo Samuel Huntington, la "miccia sempre accesa" del Medio Oriente. Ma fino a quando potrà durare questa pace armata che si basa su ingiustizie e contraddizioni?

Affidare il futuro di Israele alla solidità dei muri e alla protezione diplomatica statunitense sarebbe miope e rischioso; contare sulle sue sole forze, sia pure appoggiate a una extrema ratio nucleare, sarebbe folle.

In che modo Israele riuscirà a legittimare la sua esistenza?

Paese relativamente giovane, dotato di dimensioni ridotte e rapporti a dir poco problematici con tutto il vicinato, lo Stato ebraico è divenuto un attore di primissimo piano, forte di altolocati agganci internazionali, un arsenale bellico di tutto rispetto e, soprattutto, una incrollabile fiducia nei propri mezzi, che ha spesso portato la leadership israeliana a giocare d'azzardo per conseguire gli obiettivi prestabiliti.

Dall'Introduzione di Franco Cardini:

"Come spesso capita ai libri, pure a qualche libro di storia – salvo ai polizieschi, evidentemente – anche questo dovrebbe essere letto "a ri- troso", cominciando dal fondo o quanto meno dalle ultime pagine, quelle che di solito l'autore dedica alle considerazioni di sintesi. In questo spe- cifico caso, tuttavia, francamente non me la sentirei granché di suggerire tale metodo. Il capitolo 8 del libro alla lettura del quale qui si invita, deno- minato "Conclusioni", si apre con una citazione dello storico Benny Mor- ris che, intervistato da "Haaretz", insiste sul fatto che la fondazione dello Stato di Israele "non è ragionevole" e si chiude su una frase pronunziata da Tony Judt durante un'intervista resa, ancora una volta, ad "Haaretz" al principio del maggio 2006:

"... occorrerebbe quindi ammettere che Israele non ha alcun diritto alla so- lidarietà o all'indulgenza internazionale; che gli Stati Uniti non ci saranno per sempre; che le armi e le mura non possono preservare Israele più di quanto abbiano fatto con la Repubblica democratica tedesca o il Sud Africa bianco; che le colonie saranno condannate a meno che non si sia disposti a espellere o sterminare la popolazione indigena"."

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