La moltiplicazione del male da Eichmann alla “Blue Whale”

di Francesco Girolimetto 

Il male è uno strano “oggetto”. Ha una storia tutta sua che si intreccia sin dalla notte dei tempi con quella degli esseri umani.

Adolf Eichmann

Adolf Eichmann

Tuttavia, come ogni storia, anche il male ha dei cicli e delle discontinuità: proprio l’11 ottobre del 1961 iniziava a Gerusalemme il processo ad Adolf Eichmann, il funzionario nazista, una vera cesura nella parabola, per una malvagità che da quel momento in poi – con le magistrali parole di Hannah Harendt – si fa “banale”.

Se per secoli il male si era annunciato nella paura, il Novecento mischia le carte e lo sfuma nelle dimensioni della meschinità e della leva psicologica: è un male diverso, ma soprattutto è un male che si moltiplica nelle sue terminazioni, fino a far dubitare dell’esistenza del bene.

La civiltà del progresso ha saputo tenere distanti da sé molti idoli dell’antichità, tuttavia non è stata in grado di fronteggiare la radicalizzazione del male. Laddove per Agostino l’oscurità è solo assenza di luce, il nostro tempo sembra invece essere testimone di un buio che non sa più vedere la luce: questo clima mefitico ha connotato la nostra società occidentale trovando nel Secondo Conflitto Mondiale una grande conferma, e continuando a spiralizzarsi fino alla più vicina attualità.

Oggi la malvagità è nell’uomo quanto nelle creazioni dello stesso, tanto che anche gli oggetti nati per assecondare il benessere umano, oggi sanno essere nocivi e mortiferi: Internet è in cima all’elenco, con il suo lato oscuro sempre più in risalto (si pensi allo scenario apocalittico della Blue Whale che attanaglia gli adolescenti) rispetto alle potenzialità declinate al positivo; le istituzioni dopo un processo di perfezionamento sono entrate in crisi e si stanno ritorcendo contro i popoli; la comunicazione dopo il tripudio delle lettere si sta impoverendo e sta smorzandosi assieme alle connessioni dei soggetti tra cui era solita gettar ponti; i legami si stanno indebolendo in nome di una individualizzazione dilagante; e molti altri atomi sociali sono sulla via del degrado.

Il male è multiforme, complesso e sempre più saldo nel nostro mondo: è l’ospite inquietante delle nostre anime, talvolta un’ossessione che non ci permette di essere serenamente lucidi e ci mostra il mondo sempre col filtro dell’indifferenza e della ritrosia. È palesemente un circolo: non appena si crede al male si finisce col vederlo ovunque, col diffidare dell’umano, con l’arroccarsi in se stessi.

Avere fede nel male significa rinunciare in parte alla socialità, castrando una determinazione naturale della nostra natura umana. La logica del malvagio è unicamente esponenziale, senza soluzione alternativa: chiama a sé altro dolore e la deleteria carrellata dei sentimenti di sfiducia, con esiti nefandi sulle vecchie e soprattutto sulle nuove generazioni.

C’è un antidoto per il male? Con ogni probabilità la miglior cosa che il nostro tempo può fare, è incamminarsi alla scoperta dei processi che hanno portato il male sulla scena del cosmo in modo prepotente, così da poterne comprendere le possibilità di reversibilità. Accettare una dose di male inferiore nelle nostre vite, significa acquistare fiducia, ottimismo e slancio alla vita, con e per gli altri uomini.

Articolo di Francesco Girolimetto 

Fonte: http://www.mifacciodicultura.it

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