L’arresto di Julian Assange segna la fine del mito della libertà della rete

di Sergio Scorza

Julian Assange è stato arrestato il 12 aprile dalla polizia inglese dopo che il presidente Lenin Moreno ha revocato l’asilo politico, in violazione del diritto internazionale ed in base a un mandato del 2012, quando, invece di consegnarsi a Scotland Yard per essere estradato in Svezia ed essere interrogato in merito alle accuse di stupro (poi archiviate), Assange si rifugiò nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra, cui chiese asilo il 19 giugno 2012.

Il predecessore di Lenin Moreno, Rafael Correa, allora, gli aveva concesso protezione perché aveva ritenuto fondate le preoccupazioni del fondatore di WikiLeaks, in ordine alla possibilità che un’eventuale arresto avrebbe portato ad una sua estradizione negli Stati Uniti dove, dal 2010, esiste un mandato di arresto coperto da segreto per divulgazione di documenti segreti “diplomatic cable”, ovvero, di rapporti ufficiali di funzionari e ambasciatori facenti capo al dipartimento di stato americano ed aventi come oggetto le relazioni tra funzionari americani e tra Stati e governi stranieri. Duecentocinquanta milioni di documenti confidenziali della diplomazia statunitense ed internazionale, in grado di fornire una visione senza veli sui capi di stato e sui leader stranieri dell’epoca e dunque sui retroscena della politica estera USA.

L’arresto del fondatore di WikiLeaks era una “priorità” per l’amministrazione di Donald Trump. Jeff Sessions, a capo del dipartimento per la giustizia USA, ha preparato, nel 2018, gli atti di accusa contro WikiLeaks. In base a tali accuse, Julian Assange, in caso di estradizione, rischia l’ergastolo se non, addirittura, la pena di morte. Alquanto singolare questa improvvisa svolta (ma del tutto in linea con il personaggio Donald Trump), se si tiene conto che è appena passato il ciclone Cambridge Analytica, ovvero, lo scandalo che ha travolto l’agenzia britannica accusata di avere spiato illecitamente almeno 50 milioni di utenti di Facebook e nota per aver sostenuto diverse campagne di candidati conservatori in giro per il mondo.

Ebbene, nel 2014, ai vertici di Cambridge Analytica c’era l’ideologo della destra radicale Steve Bannon, ovvero, proprio colui che grazie alle tanto controverse quanto efficaci attività della società londinese di “data mining”(estrazione automatica di informazioni utili da grandi quantità di dati quali database, datawarehouse ecc..) riuscì a portare il tycoon alla Casa Bianca.

Secondo Glenn Greenwald – il giornalista del quotidiano britannico The Guardian, che ha seguito il caso Snowden –Julian Assange non è un cittadino americano e Wikileaks è un’agenzia di notizie estere […] L’idea che il governo degli Stati Uniti possa estendere la propria portata a qualunque agenzia di stampa in qualunque parte del mondo e criminalizzare la pubblicazione di documenti è agghiacciante.

Già accademici e attivisti statunitensi avevano duramente condannato l’impianto accusatorio del Dipartimento di giustizia USA, denunciando i gravi pericoli che ne possono derivare per la libertà di stampa, tutelata dal primo emendamento della costituzione degli Stati Uniti e per la libertà di stampa in tutto il mondo.

L’arresto di Assange, oltre ad essere un fatto di gravità inaudita sia in tema di libertà di informazione che per le libertà individuali e collettive, assesta un altro duro colpo al mito di Internet, inteso quale illimitata possibilità di accedere liberamente a tutte le informazioni e conoscenze, e come strumento in grado di mettere in trasparenza i meccanismi del potere politico e finanziario mondiale.

Secondo gli assertori di queste teorie, attraverso la rete, il potere tout court sarebbe stato sottoposto al controllo dei cittadini tramite nuove forme di democrazia diretta e partecipativa. Così non è stato e l’accanimento nei confronti di Wikileaks e del suo fondatore, ratifica, in modo definitivo, la fine di questo mito, perché è stata proprio l’organizzazione di Assange ad avere perforato in maniera sorprendentemente efficace il muro di opacità e di segreti del potere mondiale.

Ciò mentre continuano a venire alla luce una serie infinita di violazioni crescenti della privacy degli utenti e di attività abusive messe in atto da parte dei giganti del Web: inadeguati o assenti controlli sui contenuti; accordi segreti con partner privati; cessione abusive di dati personali sensibili ed ultrasensibili; commistioni con attività di spionaggio e controllo sia sulle attività degli Stati che nella vita privata dei cittadini.

Tutte trame che riconducono a una feroce cultura aziendale ed una evidente commistione con le lotte per il potere ed i suoi meccanismi che – come emerso da documenti interni portati alla luce da inchieste giornalistiche e parlamentari – calpesta ogni più elementare principio e diritto, sacrificandoli sistematicamente ad una costante, ossessiva e scientifica logica, che deve sempre e comunque portare alla illimitata crescita dei profitti. Una logica spietata e selvaggia all’interno della quale gli utenti della rete non sono altro che merce da “vendere” per catturare sempre più pubblicità.

https://youtu.be/hUrph417Q2c

https://youtu.be/pS3eZ4tEeBs

Articolo di Sergio Scorza

Fonte: http://contropiano.org/interventi/2019/04/12/larresto-di-julian-assange-segna-la-fine-del-mito-della-liberta-della-rete-0114423

DOSSIER WIKILEAKS. SEGRETI ITALIANI
Le verità che vi hanno nascosto sul nostro Paese, dagli archivi più discussi: gli illeciti della politica, i giochi sporchi delle multinazionali, gli scandali vaticani e le guerre "giuste". Tutto quello che non avreste dovuto sapere sull'Italia.
di Stefania Maurizi

Dossier Wikileaks. Segreti Italiani

Le verità che vi hanno nascosto sul nostro Paese, dagli archivi più discussi: gli illeciti della politica, i giochi sporchi delle multinazionali, gli scandali vaticani e le guerre "giuste". Tutto quello che non avreste dovuto sapere sull'Italia.

di Stefania Maurizi

Prefazione di Julian Assange

I misteri della Repubblica da Ustica al caso Calipari, le mazzette ai Talebani, la guerra degli americani contro la magistratura italiana, la partita per il nucleare, fatta di pressioni diplomatiche, tangenti e giochi di potere. Le trame del Vaticano, la compravendita e lo stoccaggio di armi, l'assalto delle multinazionali alle nostre istituzioni e al nostro mercato del cibo.

C'è una parte del Paese che procede nell'ombra e che continua a sottrarsi all'opinione e al giudizio dei suoi cittadini. È l'Italia taciuta, non detta, che produce segreti, che coltiva rapporti sconvenienti, che si smentisce nei fatti.

La stessa Italia che tuttavia non è sfuggita allo sguardo dì WikiLeaks, l'organizzazione che ha aperto gli occhi di milioni di persone sull'inquietante serie di illeciti commessi da governi, istituzioni e aziende di mezzo mondo, e messo in crisi i Servizi segreti di molte nazioni.

Per la prima volta in questo libro di Stefania Maurizi - l'unica giornalista italiana a cui Julian Assange ha consegnato i database segreti di WikiLeaks - vengono rivelate le informazioni contenute nei file dedicati al nostro Paese: un percorso unitario che riproduce una preoccupante fotografia "in negativo", un quadro brutale e non più trascurabile dei metodi con i quali si governa l'Italia.

Noi siamo convinti che non ci sia la democrazia laddove ci sono archivi pieni di verità incoffessabili
Julian Assange

...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *