“Intelligenza” Artificiale: il Nuovo, Elettrizzante Brivido per Postmoderni Annoiati

di Matteo Donadoni

La scienza si è ridotta a tecnica prima, e poi a raccolta di fenomeni di applicazione statistica e a fantasie con pretese teleologiche. Una di queste fantasie è la ricreazione artificiale dell’intelligenza umana, con la sottesa e malcelata soddisfazione di farsi demiurgo più preciso del Padreterno.

“Padre Patrauld, professore di matematica, era molto affezionato a Bonaparte e orgoglioso di averlo per allievo. Invece gli altri professori, nelle cui materie il ragazzo corso non era altrettanto brillante, lo snobbavano” (G. Gerosa, Napoleone, Milano 2001, p. 25).

Che significa in questo caso “corso”?

A) Nato in Corsica

B) Che segue un corso di studi

C) Che agisce di corsa, frettoloso, superficiale

D) Corsaro

E) Corsivo

Questa è solo una del centinaio di domande proposte al test d’ammissione alla Facoltà di Medicina nel 2024. Quello che studenti e politici (le due categorie maggiormente desiderose della vita comoda) vorrebbero eliminare, perché difficile e discriminatorio.

La Facoltà di Medicina sforna medici, non droghieri, ovvero sono quelli che affetteranno noi come salami, perciò si richiederebbe, se non eccellente maestria, almeno un grano di sale. E di quella che una volta chiavano coscienza.

Un medico privo di scrupoli in circolazione è una calamità a norma di legge, per esempio un medico che non rispettasse i principi della medicina ippocratica procurerebbe morte, menomazioni, avvelenamenti (e l’abbiamo constatato durante la “pandemenza” quando la maggior parte di medici e infermieri, pagati profumatamente, applicavano folli protocolli della morte sui pazienti, senza battere ciglio. Protocolli non ancora rimossi… a quel che risulta – nota di conoscenzealconfine).

Considerato poi che viviamo nella civiltà della società contrattuale regolata dalla mentalità legalistica, qualsiasi medico non ippocratico sarebbe protetto dallo scudo penale del consenso cosiddetto “informato”.

Di questa tragedia è forse responsabile il concetto di progressismo, ovvero del primato del progresso, preso come dogma, principio alla base della società postmoderna, tanto in campo scientifico quanto etico religioso.

Tanto più che alla guida della chiesa e della scienza ormai finiscono persone pronte a dire che il Paraclito non è altro che la vaporizzazione di un nebulizzatore da quattro soldi in una pubblicità per casalinghe disperate, o che l’intelligenza artificiale è solamente un elettrodomestico più funzionale alle attività intellettuali a casa e in ufficio. Forse hanno ragione, l’IA può diventare la lavatrice dei cervelli, se ancora ve ne fosse bisogno.

Il principio di primato del progresso rispetto almeno all’attualità avrebbe dovuto, con ogni evidenza, essere abbandonato a seguito delle due guerre mondiali, esito ultimo del prurito ideologico progressista.

Se non c’è ancora stata una terza guerra, è solo perché l’orrore e lo spavento della distruzione nucleare della seconda, ha in qualche modo fatto da diga per una sorta di istinto di autoconservazione applicato alle nazioni. Tuttavia, come abbiamo ben appreso, i popoli possono essere distrutti in mille modi anche più vili o più subdoli, dall’aborto al glifosato, alle terapie geniche sperimentali, dall’ibridazione razziale coatta, alla conversione nichilistica della scuola tinteggiata di cultura woke. Tutto rema verso l’irrazionalismo di massa.

Non tutto ciò che si può fare, però, deve essere per ciò stesso fatto: i samurai hanno cessato di esistere formalmente dopo la Restaurazione Mejii del 1869, Alexander Bain aveva appena inventato il Fax nel 1843, e, siccome Lincoln fu assassinato nel 1865, esiste una finestra di 22 anni in cui i samurai avrebbero teoricamente potuto inviare un Fax a Lincoln per mandarlo in tutta coscienza a quel paese insieme al commodoro Perry per la fine del glorioso periodo del sakoku. Ma non l’hanno evidentemente mai fatto.

Noi però scriviamo questo pezzo, considerato poco meno di un borborigma da tutti gli addetti ai lavori nel campo della cybertecnologia e della robotica, profetizzando il loro fallimento nel campo della filosofia e dell’eudemonologia. Non perché non siamo dei complottisti, ma perché la ricerca della macchina androide pensante è fallimentare a priori, in ogni finestra temporale.

La rete neurale, mi si risponderà, simula il sistema di apprendimento umano, migliorandosi e autocorreggendosi, impara, in soldoni. Possiamo crederlo, il fatto è che il ragionamento va fermato ex ante (prima). Tutto questo entusiasmo proteso verso il meglio sarebbe un atteggiamento sano e buona cosa, se non fosse che la scienza, nata con intento comprensivo della realtà, si è ridotta a tecnica prima, e poi a raccolta di fenomeni di applicazione statistica e desideri a capriccio della fantasia, con pretese teleologiche. Si chiama “riduzionismo scientifico”. Per cui la processione verso il meglio è finita verso il peggio.

Una di queste fantasie è la ricreazione artificiale dell’intelligenza umana, con la sottesa e malcelata soddisfazione di farsi demiurgo più preciso del Padreterno. Un uomo perfetto, un uomo migliore dell’umano, un transumano che finalmente ponga fine all’imperfetta creatura di Dio.

Non basta, tuttavia, simulare l’uomo per creare l’uomo, fra l’altro partendo dalla fisica. L’autocoscienza umana per esempio non è ricreabile, essa è esclusa a priori dalla AI, perché prerogativa dello spirito. Lo spirito non presuppone nessun supporto materiale, non presuppone dei chip così come non presuppone del cervello. Le intelligenze angeliche sono autocoscienti e non hanno un cervello.

Tutto facilmente dimostrabile. Se per ogni attività sensitiva, anche animale, è predisposto un organo di senso, così come un oggetto del sentire (suono, orecchio, udito), ciascuna di esse non ha la capacità riflessiva (l’orecchio non ode l’udito, l’occhio non vede la vista), il pensiero è capace di pensare sé stesso. Esiste il fenomeno di pensare di pensare, il sapere di pensare, e il pensare di pensare non è ancorato a nessun organo di senso. Ne deriva che la capacità autoriflessiva è di origine spirituale.

Un robot potrà avere una elevata capacità di immagazzinamento dati, potrà scimmiottare il modo di procedere dell’intelligenza umana, grazie a logaritmi inseriti da una reale intelligenza umana, e l’etica di ciò va discussa a parte, ma non potrà mai avere un’anima.

L’uomo inanimato non è un uomo, al massimo è cadavere, potrà al limite essere un computer che deambula, senza avere la volontà di andare.

Perciò, concludendo, l’illusione postmoderna di farsi demiurgo è solo l’ennesima maschera nichilistica dietro la quale sentirsi superuomini, con intenti buoni o malvagi lo dirà la storia… Chiudete le finestre, è in arrivo un temporale. In ogni caso, ad oggi, rimane valido il vecchio adagio: chi vuole va, chi non vuole manda (il robot).

Articolo di Matteo Donadoni

Fonte: https://www.ricognizioni.it/intelligenza-artificiale-il-nuovo-elettrizzante-brivido-per-postmoderni-annoiati/

QUASI UMANI
Dal Golem a Pistorius
di Massimo Centini

Quasi Umani

Dal Golem a Pistorius

di Massimo Centini

Robot, automi, mutanti: da Leonardo da Vinci in poi, l'uomo ha cercato di costruire macchine sempre più evolute.

  • Riusciremo mai a costruire la copia perfetta dell'uomo?
  • Fino a dove potrà arrivare l'intelligenza delle macchine?
  • Letteratura, cinema e scienza ci hanno proposto molti futuri possibili: quale si realizzerà?

L'ibridazione che caratterizza il corpo di Oscar Pistorius, escluso dalle Olimpiadi di Pechino poiché dotato di protesi in fibra di car­bonio dalle ginocchia in giù che gli consentono prestazioni atleti­che superiori ai normodotati, ci impone una riflessione profonda sul rapporto tra la tecnologia e il nostro essere "solo" uomini. Una riflessione che non riguarda esclusivamente gli aspetti eminente­mente tecnici, ma destinata a rivolgersi ad ambiti in cui a prevalere è l'etica e le sue implicazioni nella scienza; inoltre, in questa rifles­sione rientra anche l'antropologia spicciola, quella con la quale tutti noi facciamo quotidianamente i conti.

Da tempi lontanissimi l'uomo ha provato a "creare" qualcosa che gli somigliasse. Ma a questo "qualcosa" ha cercato di assegnare caratteristiche che consentissero, al prodotto della sua neo-creazione, di essere uomo; però, strutturandolo secondo principi omocen­trici e che quindi lo rendessero anche un po' macchina, di conse­guenza controllabile dal suo creatore. Per giungere a tanto, l'uomo ha tentato la scalata dell'Olimpo, al fine di sentirsi vicino alla divini­tà, ma anche nella condizione di strappare agli dei il potere di dare la vita e di "migliorare", secondo un progetto meramente antropo­centrico, quanto la natura ha riservato alla nostra specie.

Nelle pagine del libro, l'autore tenterà di tracciare le linee por­tanti di questo progetto para-evolutivo compiuto dall'uomo già nell'antichità, ripercorreremo così le tappe che l'hanno indotto, prima, a cercare di dare vita alla materia inanimata, e poi, sulla scorta delle acquisizioni scientifiche via via raggiunte, a far conver­gere meccanica e anatomia, tecnica e biologia, robotica e genetica.

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