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Il Pane costa 15 volte il Grano. Qualcosa non quadra… non trovate?

Il pane costa 15 volte il grano. Un kilo di pane costa 3 euro, un kilo di grano 21 centesimi… Qualcosa non quadra, non trovate?

Lo ha denunciato la Coldiretti il luglio scorso, in occasione della “Giornata nazionale del Grano italiano”: “Dal grano al pane il prezzo aumenta di quindici volte ed anche più per effetto delle speculazioni e delle importazioni selvagge di prodotto dall’estero, con pagnotte e panini spacciati come italiani all’insaputa dei consumatori”.

Numeri alla mano, l’associazione dei coltivatori diretti spiega che oggi un chilo di grano tenero è venduto a circa 21 centesimi, mentre un chilo di pane è acquistato dai cittadini a valori variabili attorno ai 3,1 euro al chilo in media, con un rincaro quindi di quindici volte. Tutto questo tenuto conto che per fare un chilo di pane occorre circa un chilo di grano, dal quale si ottengono 800 grammi di farina da impastare con l’acqua per ottenere un chilo di prodotto finito.

Inoltre, vi è un’estrema variabilità dei prezzi da una città all’altra: “Se a Milano una pagnotta da un chilo costa 4 euro, a Bologna si arriva addirittura a 4,55 euro, ma a Napoli si scende fino a 1,91, mentre a Roma il prezzo si viaggia sui 2,60 euro, a Palermo sui 2,85 euro e a Torino sui 3,05 euro”.

Prezzi che, secondo Coldiretti, dimostrano come l’andamento del prezzo del pane dipende solo marginalmente dal costo del grano, con le quotazioni dei prodotti agricoli ormai sempre meno legate all’andamento reale della domanda e dell’offerta e sempre più ai movimenti finanziari e alle strategie speculative.

La verità è che agli agricoltori fanno la fame mentre i produttori speculano e si arricchiscono. Il risultato è che gli agricoltori devono vendere ben 5 chili di grano per potersi pagare un caffè al bar e i consumatori se lo prendono in quel posto!

Fonte: https://zapping2017.myblog.it/2019/07/24/pane-costa-15-volte-il-grano/

MANGIARE è UN ATTO AGRICOLO
di Wendell Berry

Mangiare è un Atto Agricolo

di Wendell Berry

In questa raccolta di saggi, da uomo e da contadino, Wendelly Berry riflette sui problemi dell'agricoltura contemporanea e ci indica un cammino non solo auspicabile ma già perseguito da molti, in cui ritorna centrale la gestione responsabile e amorevole della terra e delle creature che su di essa vivono, in cui il coltivare si fonda su principi sostenibili, ecologici e biologici, piuttosto che su principi meccanicisti orientati a ottenere proventi tanto rapidi quanto dannosi.

Un cammino in cui nessuno può più permettersi di ignorare i processi di produzione che portano sulle nostre tavole ciò di cui ci nutriamo. Se torneremo a essere consapevoli che "mangiare è un atto agricolo", inevitabilmente lo saremo anche di tutto quanto vi è connesso e ci preoccuperemo del benessere delle generazioni presenti e future e dunque della natura, di quel luogo che ci ospita e in cui cresce ciò che ci permette di esistere.

Viviamo nell'attesa che la nostra giornata di lavoro finisca, nell'attesa delle vacanze e della pensione. Non lavoriamo perché amiamo il nostro lavoro, perché ci è necessario esistenzialmente, oltre che economicamente, ma per poterlo finalmente lasciare. Questo pensiero, ormai largamente diffuso in tutte le classi sociali, è frutto dell'economia industriale, che ci ha fatto smarrire il valore umano di ciò che facciamo e ci ha reso estraneo ciò che produciamo.

La meccanizzazione del lavoro ci ha poi portato a pensare alla terra come a una macchina, e non come a una creatura vivente, la cui salute dipende dal buon funzionamento di tutti i suoi organi. L'effetto sull'agricoltura di questo approccio, indifferente ai principi fondamentali della vita, è stato ed è devastante, anche perché essa abbraccia tutto ciò che riguarda la sopravvivenza e il benessere dell'uomo: il suolo, l'aria, l'acqua, le piante, gli animali, la produzione di cibo, quindi di energia.

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