di Michele Manfrin
Decine di leader e di alti funzionari dei Paesi membri della Lega Araba e dell’Organizzazione della Cooperazione Islamica (OIC) si sono riuniti in Arabia Saudita, a Riyadh, per un vertice straordinario congiunto il cui risultato è la ferma condanna dell’aggressione israeliana contro la Striscia di Gaza e dei crimini di guerra commessi dal governo di occupazione coloniale contro il popolo.
La dichiarazione finale prodotta con la mediazione delle varie posizioni in campo – da quelle più aggressive e intransigenti a quelle più soft e attendiste – chiede l’immediata cessazione dell’aggressione, rifiutando di accettare la giustificazione di autodifesa presentata da Israele alla comunità internazionale.
I Paesi chiedono di rompere immediatamente l’assedio di Gaza e di imporre l’ingresso immediato di convogli di aiuti umanitari che trasportino cibo, medicine e carburante. Viene poi chiesta la partecipazione delle organizzazioni internazionali a questo processo e la protezione degli equipaggi umanitari per consentire loro di svolgere pienamente il loro ruolo, con il sostegno all’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei profughi palestinesi (UNRWA).
Secondo i Paesi presenti al vertice, l’incapacità del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di agire rappresenta una complicità che permette a Israele di continuare la sua brutale aggressione. Pertanto, la dichiarazione finale chiede al Consiglio di Sicurezza di prendere una decisione immediata che condanni la distruzione degli ospedali nella Striscia di Gaza nonché il taglio dell’elettricità, dell’acqua e dei servizi di base, compresi i servizi di comunicazione e Internet.
Secondo la dichiarazione, quello che Israele sta compiendo è una punizione collettiva che, ai sensi del diritto internazionale, rappresenta un crimine di guerra. Dunque, quello che viene chiesto dai Paesi del vertice congiunto arabo-islamico è che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite prenda una decisione vincolante che imponga la fine dell’aggressione e della violazione delle leggi internazionali così come, invece, il rispetto delle legittime risoluzioni. La dichiarazione finale chiede inoltre al Procuratore della Corte Penale Internazionale di completare l’indagine sui crimini di guerra e sui crimini contro l’umanità commessi da Israele contro il popolo palestinese in tutti i territori palestinesi occupati, compresa Gerusalemme Est.
La dichiarazione invita gli Stati membri dell’OIC e della Lega a esercitare pressioni diplomatiche, politiche e legali e ad adottare qualsiasi misura deterrente per fermare i crimini delle autorità di occupazione coloniale contro l’umanità. I Segretariati della Lega Araba e dell’Organizzazione della Cooperazione Islamica (OIC) vengono incaricati di istituire due unità di monitoraggio dei media per documentare i crimini delle autorità di occupazione contro il popolo palestinese e di creare piattaforme mediatiche digitali per pubblicarli e denunciare queste pratiche illegali e disumane.
I Paesi arabo-islamici denunciano quindi il doppio standard nell’applicazione del diritto internazionale, avvertendo che ciò mina seriamente la credibilità degli Stati che proteggono Israele, inficiando le possibili azioni multilaterali. Questo, spiegano, mette a nudo la selettività nell’applicazione del sistema dei valori umani e sottolinea che le posizioni dei Paesi arabi e islamici saranno influenzate da due pesi e due misure, che porteranno a una spaccatura tra civiltà e culture.
La dichiarazione finale condanna anche lo spostamento di circa 1,5 milioni di palestinesi dal nord al sud della Striscia di Gaza come ulteriore crimine di guerra, ai sensi della Quarta Convenzione di Ginevra del 1949 e del suo allegato del 1977. Condanna inoltre l’uccisione di giornalisti, bambini e donne, l’attacco ai paramedici e l’uso del fosforo bianco (proibito a livello internazionale) negli attacchi israeliani alla Striscia di Gaza e al Libano.
Vengono inoltre condannate le ripetute minacce israeliane di riportare il Libano all’ “età della pietra” e invita gli Stati parte dell’accordo a prendere una decisione collettiva per condannare e respingere tali azioni e dichiarazioni. Inoltre, viene espresso sostegno all’Egitto e alla sua volontà di non permettere la diaspora palestinese da Gaza.
Il vertice ha poi espresso la necessità, entro un periodo di tempo specifico, di intraprendere un processo di pace con garanzie internazionali basato sull’attuazione della soluzione dei due Stati, portando così alla cessazione dell’occupazione israeliana dei territori palestinesi, compresa Gerusalemme Est, il Golan siriano occupato, le fattorie di Shebaa, le colline di Kafr, Shoba e la periferia della città libanese di Al-Mari. Infine, si chiede che venga garantita una rete economico-finanziaria da parte dei Paesi arabo-islamici a supporto della popolazione palestinese e in vista della necessaria ricostruzione di Gaza.
La dichiarazione finale congiunta della Lega Araba e dell’OIC è certamente un compromesso rispetto alle varie posizioni espresse dai Paesi partecipanti al vertice, che evidenzia le divisioni regionali su come rispondere alla guerra ma anche un certo pragmatismo e una dose di realpolitik.
Ad esempio, una bozza di risoluzione più intransigente, sostenuta dall’Iran, avrebbe chiesto di impedire, quindi bloccare, il trasferimento in Israele di attrezzature militari statunitensi dalle basi USA presenti nei Paesi arabi; il congelamento di tutti i legami diplomatici ed economici con Israele; di interrompere ogni fornitura di petrolio; di impedire il passaggio di voli “da e per” Israele; di formare una missione congiunta per fare pressione sulle nazioni occidentali per un cessate il fuoco.
I Paesi che hanno votato contro questa risoluzione sono stati: Egitto, Giordania, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Bahrein, Sudan, Marocco, Mauritania e Gibuti. Il presidente iraniano Ebrahim Raisi, nel suo primo viaggio in Arabia Saudita da quando i due Paesi hanno ripreso i legami diplomatici – grazie all’intermediazione cinese – ha detto che i Paesi islamici dovrebbero designare l’esercito israeliano come “organizzazione terroristica” per la sua condotta a Gaza. Raisi ha anche sollecitato i Paesi arabi a sostenere sanzioni e boicottaggio energetico contro Israele, nonché la necessità dell’invio di ispettori internazionali presso gli impianti nucleari israeliani.
Insomma, quanto emerso dal vertice di Riyadh tra i Paesi arabo-islamici, nonostante le divisioni e le differenze, mostra un fronte unito e un approccio pragmatico che cerca di lasciare demagogia e propaganda ai margini del dibattito. La realpolitik arabo-islamica può essere interpretata sotto diversi punti di vista e in base agli sfaccettati interessi dei vari Paesi ma certamente restituisce un’immagine unitaria come non si vedeva da tempo, e sappiamo quanto il mondo arabo-islamico sia stato diviso e in conflitto al suo interno.
Inoltre, ovviamente, si intravede anche la necessità per questi Paesi, sul fronte interno, di placare gli animi di coloro che invadono piazze e strade delle proprie città in protesta contro l’aggressione di Israele e in sostengo del popolo palestinese, e che chiedono ai propri governi di agire affinché cessi la sofferenza della popolazione civile sotto assedio.
Articolo di Michele Manfrin
Fonte: https://www.lindipendente.online/2023/11/13/il-mondo-arabo-islamico-si-e-riunito-per-affrontare-il-conflitto-israelo-palestinese/
Visto su: https://claudiomartinotti.blogspot.com