I danesi sono i lavoratori più felici del pianeta!

5 Politiche lavorative che fanno dei danesi i lavoratori più felici del pianeta.

Copenaghen, Danimarca

Copenaghen, Danimarca


Quasi tutti pensano che sia normale odiare il proprio lavoro.
Vi presentiamo, allora, il concetto danese di arbejdsglæde che significa, udite udite, “felicità sul lavoro”. Spesso la Danimarca viene indicata nelle indagini come il paese più felice del pianeta. È interessante notare che i danesi non sono felici solo in casa, ma anche sul lavoro. Secondo la maggior parte degli studi riguardanti la soddisfazione dei lavoratori, i lavoratori più felici del mondo sono infatti in Danimarca. 

Ma perché i lavoratori danesi sono così felici rispetto agli altri nel resto del mondo? Ecco cinque differenze fondamentali.

1. ORARIO DI LAVORO RAGIONEVOLE

Una volta ho parlato con un americano che aveva appena ottenuto un lavoro come manager di una società danese. Volendo dimostrare il suo valore, ha fatto quello che aveva sempre fatto, e cioè si chiudeva in ufficio per 60/70 ore a settimana. Dopo un mese, il suo direttore lo ha invitato a una riunione. Si aspettava di essere elogiato per il suo duro lavoro, ma invece gli è stato chiesto “Perché lavori così tanto? C’è qualcosa di sbagliato? Hai problemi a delegare? Cosa possiamo fare per risolvere questo problema?”

La differenza con gli Stati Uniti è forte, e molte aziende americane interpretano il superlavoro come segno di impegno. La stessa cosa succede in Italia purtroppo. Le aziende danesi, invece, riconoscono che i dipendenti hanno una vita al di fuori del lavoro, e sanno che lavorare 80 ore alla settimana è un male sia per i dipendenti che per l’azienda.

Non solo i danesi tendono a lasciare il lavoro a un’ora ragionevole quasi tutti i giorni, ma hanno 5-6 settimane di ferie all’anno, diverse feste nazionali e fino a un anno di congedo di maternità/paternità retribuito. Mentre l’americano medio lavora 1.790 ore l’anno, la media danese è di solo 1.540, secondo la Organizzazione per la cooperazione economica e le statistiche di Sviluppo (OCSE).

2. VICINANZA CON IL MANAGEMENT

Quasi dappertutto, se il tuo capo ti dà un ordine, fai quello che ti dice senza controbattere. In un ambiente di lavoro danese, gli ordini diretti dati ai dipendenti sono più che altro visti come suggerimenti. Il sociologo olandese Geert Hofstede ha studiato la cultura d’impresa in più di 100 paesi, valutando diversi parametri, uno dei quali è la gerarchia. Una eccessiva gerachizzazione, significa che i manager sono i re incontrastati e ogni loro parola è legge. In Danimarca, la gerarchia è invece ‘orizzontale’, ed il capo è più che altro una persona più esperta a cui chiedere consigli su come risolvere un problema. Per legge, inoltre, ogni azienda danese con più di 35 dipendenti, deve dare posti in consiglio di amministrazione ai dipendenti. Ciò significa che i dipendenti danesi hanno più autonomia e più potere sul lavoro, anche se maggiore responsabilità.

3. GENEROSE INDENNITÀ DI DISOCCUPAZIONE

In Danimarca, perdere il lavoro non è la fine del mondo. In realtà, le leggi contro la disoccupazione sembrano fin troppo perfette per essere vere, dato che attribuiscono ai lavoratori il 90% del loro stipendio originale per due anni. Altrove, perdere il lavoro può facilmente portare al disastro finanziario. E questo porta a vivere nell’angoscia, e ad accettare di stare un lavoro anche se si odia.

4. FORMAZIONE COSTANTE

Dalla metà del 1800, la Danimarca si è concentrata sulla formazione permanente dei suoi lavoratori. Questa politica continua fino ad oggi, con un sistema di formazione continua elaborato da governo, sindacati, e aziende, che permettono ad ogni dipendente che lo desideri, di frequentare corsi di formazione retribuiti e di acquisire nuove competenze. Si chiama “politica attiva del mercato del lavoro”: la Danimarca spende per questo tipo di programmi ben di più di qualsiasi altro paese OCSE. In questo modo, i lavoratori danesi crescono costantemente dal punto di vista professionale e non hanno problemi a trovare lavoro, anche in un mercato in costante evoluzione.

5. UN FOCUS SULLA FELICITÀ DEL DIPENDENTE

Si dice che ogni lingua rappresenti una cultura differente: è interessante vedere come la parola arbejdsglæde (felicità sul lavoro) esista anche nelle altre lingue nordiche (svedese, norvegese, finlandese e islandese), ma non sia invece in uso in nessun altra lingua del pianeta.

Per esempio, dove gli scandinavi hanno “arbejdsglæde”, i giapponesi hanno “Karoshi”, il che significa (e neanche questo è un caso) “morte da superlavoro”. Non sto cercando di dipingere le aziende danesi come utopie per i lavoratori e le loro controparti come inferni. Ci sono terribili luoghi di lavoro danesi e fantastiche aziende in altre parti del mondo. Ma gli studi mettono in evidenza un certo numero di differenze sistemiche e culturali, che servono a spiegare perché i lavoratori danesi e scandinavi in generale, sono in media lavoratori più felici di quelli provenienti da altre parti del mondo.

Questo discorso va però ben oltre la felicità. Sappiamo tutti che lavoratori più felici sono anche più produttivi e innovativi e che, di conseguenza, le aziende hanno clienti più soddisfatti e fanno più soldi. Questo può aiutare a spiegare perché i lavoratori danesi sono tra i più produttivi in sede OCSE e perché la Danimarca abbia resistito così bene alla crisi finanziaria, con un tasso di disoccupazione attuale pari solo al 5,4%.

Fonte: http://happily.it/lavoro-danimarca/

C'è UN RE PAZZO IN DANIMARCA
di Dario Fo

C'è un Re Pazzo in Danimarca

di Dario Fo

“La vicenda di C’è un re pazzo in Danimarca è invasa da personaggi a dir poco eccezionali. Le carte ritrovate ci hanno permesso di ricostruire gli eventi tragici e grotteschi che hanno segnato in Scandinavia il periodo che va dal Settecento alla metà dell’Ottocento e che è rimasto per secoli quasi interamente sconosciuto a tutti noi.”
Dario Fo

Una storia d’amore, un intrigo di potere affascinante e coinvolgente che Dario Fo ricostruisce in forma di romanzo attraverso i diari segreti dei suoi protagonisti.

Una storia d’amore e di follia. Un sogno rivoluzionario che diventa realtà. Ecco il nuovo romanzo storico di Dario Fo ambientato nella Danimarca del Settecento, protagonisti il giovane re pazzo, Cristiano VII, la sposa quindicenne, Carolina Matilde di Gran Bretagna, il suo amante, il medico Johann Friedrich Struensee, e il figlio del re, Federico.

Una storia poco conosciuta. Dario Fo ha recuperato documenti inediti e alcuni diari segreti grazie ai quali ha potuto ricostruire il puzzle di una vicenda drammatica che intreccia meravigliosamente ideali politici, passione amorosa e lotta per il potere. Ma tutti gli ingredienti di questo romanzo sono eccezionali.

A volte la storia può cambiare strada a causa di eventi imprevedibili come la follia. In questo caso la follia di un re unita alla carica utopica di un medico, illuminista e rivoluzionario, e alla complicità della giovane principessa. Tutti e tre insieme, in un triangolo d’amore disperato, avviano riforme rivoluzionarie inimmaginabili allora come l’abolizione della tortura, la libertà di stampa, l’abbattimento dei privilegi di casta, la promozione della cultura e dell’istruzione. Un colpo di stato orchestrato dalla regina madre e dalla corte porterà il medico alla forca e la principessa all’esilio, privata dei figli.

Ma il sogno della rivoluzione, sebbene soffocato, non muore: sarà il giovane Federico a portare avanti i principi liberali assumendo il potere. Così la Danimarca potrà rendere concreti gli ideali illuministi e diventare uno Stato moderno. Una pagina di storia memorabile, una favola vera.

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