I consigli dello psicologo per superare un trauma

I traumi sono quegli eventi fortemente stressanti che feriscono emotivamente.

I consigli dello psicologo per superare un trauma

Ritrovare la serenità dopo un evento traumatico, non è sempre semplice. Abbiamo rivolto alcune domande alla dr.ssa Giovanna Tatti, specialista in psicologia, per capire insieme come è meglio agire in certi casi.

È possibile superare un trauma da soli, senza aiuto?

Per rispondere a questa domanda in modo comprensibile, a mio parere, si rende necessaria una premessa rispetto al termine trauma. La parola trauma letteralmente significa ferita.

I modi con cui una persona può dirsi ferita sono di diversa natura e per questo si possono trovare diversi tipi di traumi e, soprattutto, ciò che risulta traumatico per una persona può non esserlo per un’altra. Certo, si tendono a considerare universalmente traumatici alcuni eventi di vita molto stressanti: terremoti, maremoti, subire o assistere – pur non essendo la vittima – a un grave reato contro persone, un incidente automobilistico potenzialmente mortale, etc.

Ma possono considerarsi traumatici anche quegli aspetti relazionali, specie se si verificano nelle prime fasi di vita dei bambini, che pur non mettendo a rischio la reale vita biologica, sono fortemente stressanti emotivamente e mettono a rischio l’adeguato sviluppo del senso di Sé.

Allora cos’è il trauma? Lo specifico del trauma è una ferita psichica che non guarisce. Questo lascia intendere che evidentemente la ferita potrebbe anche guarire, che le nostre capacità di auto-cura possono avviare il fisiologico processo di guarigione e elaborazione e con le risorse a disposizione andare oltre l’evento stressante. Quando però questo non accade, è possibile si generi grande sofferenza o si sviluppino diversi disturbi, che in generale potremmo definire post traumatici, dove il post, in questo caso, è un indicatore temporale e causale.

Il più delle volte, peraltro, il processo inizia come una risposta adattiva al pericolo, il nostro organismo come tutti gli altri organismi, mobilita le proprie difese davanti a una minaccia, con reazioni immediate di attacco e fuga, nelle loro varie forme e possibilità (fight, flight, freeze e faint).

Nel funzionamento adattivo, la risposta di emergenza si regolarizza quando l’evento pericolo esterno è passato; in taluni casi, invece, la regolazione e il reset del sistema nella modalità di non emergenza non avviene o avviene solo in parte.

La persona sembra incapace di registrare i cambiamenti e continua a rispondere come se il pericolo fosse ancora presente o imminente. Aspettarsi il pericolo e quindi lo stato di allerta e la risposta protettiva possono diventare pericoli a loro volta, impedendo la guarigione della ferita psichica che nel tempo avrebbe potuto avvenire tranquillamente.

Questa spiegazione per dire che, se la domanda chiede se dopo un evento che potrebbe essere traumatico sia possibile farcela da soli, la risposta è: si, certo. Siamo fatti per questo, se tutto va liscio e l’evento non è troppo per il nostro sistema di elaborazione personale, ce la dovremmo fare. Se la domanda è: se un evento è risultato traumatico, posso farcela da solo? Allora la risposta si complica e sicuramente, se il malessere perdura, vale la pena di rivolgersi a un esperto.

Come si capisce che una persona ha subito un trauma?

I segni più evidenti di un trauma la cui elaborazione si è, per così dire, inceppata, riguardano tendenzialmente l’area dell’ansia, anche se talvolta i modi con cui il nostro inconscio ci comunica che qualcosa non funziona, sono meno espliciti e diretti. Sicuramente, i sintomi dell’area dell’ansia destano la preoccupazione del soggetto, in quanto compromettono nel giro di breve tempo la qualità della vita possibile.

Con sintomi dell’area dell’ansia intendo:

  • Lo sperimentare paura intensa, sentimenti di impotenza o di orrore: talvolta, poi, le persone che sono state vittime di un trauma si trovano a rivivere costantemente l’evento: come immagini disturbanti compaiono e si impongono alla mente del soggetto senza che egli abbia possibilità di controllarle (si chiamano immagini intrusive). Lo stesso può avvenire per sogni, pensieri o percezioni, con la sensazione di rivivere l’esperienza (illusioni, allucinazioni, flashback), disagio e risposta “biofisica” intensa all’esposizione a trigger interni o esterni che richiamano, simbolizzano o assomigliano all’evento traumatico o a qualche suo aspetto.
  • Evitamento di pensieri, sensazioni, attività, luoghi, persone, etc. che evocano ricordi del trauma o l’impossibilità di ricordare qualche aspetto importante del trauma.
  • Aumento dell’attivazione con difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno, irritabilità o scoppi di collera, difficoltà a concentrarsi, ipervigilanza, esagerate risposte di allarme; o viceversa diminuzione dell’attivazione e temi depressivi, fino a situazioni di simil torpore emotivo. Le persone dicono: “mi sento di gomma, sembra che nulla possa toccarmi”.

Quello che accade a livello profondo è che l’evento traumatico irrompe nella vita di una persona e disorganizza. Crea un cortocircuito nella mente/corpo che non è più capace di mettere ordine.

Un trauma violento (per la psiche) sconquassa tutti gli equilibri e produce una dissociazione tra il livello corporeo, quello cognitivo e quello simbolico, una dissociazione tra le diverse parti emotive, che al momento del trauma per la violenza dello stesso, non possono restare integrate e per difendersi si separano.

Talvolta, alcune parti superano il trauma in maniera apparentemente egregia, delegando a altre parti il compito di “tenere il segno del trauma”: la vita continua, si va a lavoro o a scuola, etc. mentre altre parti emotive rimangono intrappolate al tempo del trauma e sono estremamente sensibili e allertate rispetto a tutto ciò che ha a che fare anche lontanamente col trauma: una porta che sbatte, ad esempio, è (e non sembra o potrebbe essere) la mina che scoppia.

Quali esercizi sono più indicati per superare un trauma?

Non parlerei di esercizi; è vero che il cervello si allena come i muscoli, ma credo che il lavoro in casi di situazioni traumatiche, e direi in generale, non sia quello di allenarsi per sconfiggere il sintomo-mostro, ma capire cosa esso rappresenta. Il sintomo, per definizione, sta per qualcosa d’altro. Io ritengo sia importante e doveroso verso la nostra psiche che fa tutta quella fatica, capire cos’è questo qualcosa d’altro. E credo sia il solo modo che permetta davvero di riconquistare o conquistare, a volte, la serenità desiderata e/o auspicabile.

Quindi, a mio parere, se un evento interno o esterno genera una risposta post traumatica, è fondamentale con l’aiuto di uno specialista capire cosa non ha funzionato, per cui il nostro apparato preposto a digerire il trauma non ha potuto portare a termine il suo lavoro e si è inceppato.

Le cose utili sono diverse: sicuramente la terapia psicologica rappresenta uno strumento utile, quello elettivo, direi. Entrare in merito a quale psicoterapia sia meglio dell’altra diventa, tuttavia, complesso, perché le variabili in gioco sono molte.

Negli anni, però, alcuni metodi si sono sviluppati proprio con lo scopo di studiare modalità che permettessero la cura del trauma, specie i traumi acuti e puntuali (l’incidente d’auto potenzialmente mortale, per intenderci). L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) indica a questo proposito, come trattamento elettivo per i disturbi da stress post traumatico, la terapia EMDR (acronimo per Eye Movement Desensitisation and Reprocessing).

Risposte della Dr.ssa Giovanna Tatti

Rivisto da Conoscenzealconfine.it

Fonte: http://www.tantasalute.it/articolo/i-consigli-dello-psicologo-per-superare-un-trauma/61151/

GUIDA ALLA RISOLUZIONE DEI CONFLITTI A PARTIRE DAL METODO HAMER - TRAUMI E MALATTIE
L'attivazione delle risorse interiori
di Marco Pizzi, Alessandro Spreafichi

Guida alla Risoluzione dei Conflitti a partire dal metodo Hamer - Traumi e Malattie

L'attivazione delle risorse interiori

di Marco Pizzi, Alessandro Spreafichi

A partire dal metodo Hamer, ma integrandolo con altri indirizzi terapeutici e mettendolo talvolta in discussione, il manuale di Pizzi e Spreafichi si propone di affrontare per la prima volta il tema della cura e della risoluzione dei conflitti, fornendo le opportune indicazioni psicoterapeutiche e le note tecniche sulla genesi dei condizionamenti e delle nevrosi.

Attraverso l'osservazione sperimentale di un alto numero di casi, gli autori indicano le risorse interiori che il paziente può attivare per superare il conflitto e completare il proprio personale processo di guarigione

L'eccezionale scoperta da parte del dott. Ryke Geerd Hamer delle cinque leggi biologiche che regolano le interdipendenze tra patologia dell'organo, cervello e psiche, ha dato luogo negli ultimi anni a un crescente movimento di medici e pazienti che si occupano di salute in modo completamente nuovo rispetto a quanto sinora accaduto.

Grazie alle intuizioni di Hamer è possibile ora avere maggiore chiarezza sulle origini di determinate malattie anche gravi e stabilire un punto di partenza concreto per la guarigione, tenendo conto delle componenti psicologiche alla base del problema.

Fino ad oggi la Nuova Medicina Germanica, così come viene chiamata, ha affinato una diagnostica veramente eccellente che va ora affiancata da una adeguata tecnica terapica.

Il testo è arricchito da una corposa sezione di fisica quantistica, che mira a integrare la visione di Hamer all'interno della scienza dei quanti con suggestioni e realizzazioni di vero valore sia psicologico che terapeutico.

In conclusione alcuni cenni di terapia familiare, medicina naturale e disquisizioni filosofiche di supporto per il superamento delle crisi.

Dalla premessa:
"Anni fa siamo entrati in contatto con la Nuova Medicina Germanica. Ci siamo subito resi conto delle sue grandi potenzialità, in particolar modo ci era chiaro che la NMG, grazie al dott. Hamer, aveva concepito un nuovo modo diagnostico ed interpretativo delle malattie.

Grazie alla nostra professione di psicologi-psicoterapeuti, non è stato difficile verificare l'esattezza della diagnostica hameriana. Ci era altrettanto chiaro che la NMG, perfetta da un punto di vista diagnostico, non è stata in grado di essere altrettanto precisa nella comprensione dei processi sottostanti la risoluzione dei conflitti: la NMG nasce da un pensiero medico e questo non le ha permesso di cogliere un aspetto fondamentale: la risoluzione di un conflitto è principalmente un processo psicologico e poi biologico.

Abbiamo quindi fondato il "Centro studi per la comprensione e la risoluzione dei conflitti etobiopsicologici", con due intenti: 1) verificare la fondatezza delle scoperte del dott. Hamer; 2) approfondire gli aspetti psichici che potevano permettere la risoluzione dei conflitti".

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