Generazione Antidolorifica

Una pubblicità televisiva su tre ha, ormai, come argomento l’uso di medicinali, generalmente antidolorifici (rigorosamente “a tripla azione”), sottoforma di polveri, pasticche o cerotti. Sembrerebbe davvero che il pubblico televisivo, composto perlopiù da ultrasessantenni, faccia uso intensivo di tali medicamenti.

Il dolore è un’informazione importante del corpo verso la mente e viceversa. Il dolore, quando non sia esso stesso la patologia, è un indicatore di un problema verso il quale occorre porre attenzione. Eliminarne la portata informativa chimicamente, equivale ad oscurare la spia della benzina nell’automobile, senza fare il necessario rifornimento risolutivo.

L’assenza di dolore è una priorità nella nostra fase calante della società. Assenza dello scorrere del tempo, assenza di problemi e quindi di dolore. La società degli uomini vorrebbe trascorrere il proprio tempo vitale in una bolla spazio temporale sospesa, in un continuum sempre uguale a se stesso, in una torre d’avorio ben isolata dall’esterno in cui oziare, come gli dei olimpici.

La tecnologia d’accatto, quella che ci elargiscono a pagamento, aumenta il grado di comfort, spegnendo sensazioni naturali e sostituendole con quelle artificiali. In questo contesto, il dolore è un’insopportabile ingerenza. Occorre deambulare con un sorriso ebetoide stampato in volto, sciorinando la nostra dentatura ceramica con un certo orgoglio, quello proprio di un popolo altamente civilizzato.

Spingere il carrello d’acciaio di un grande supermarket, riempiendolo di beni inutili, beati dalla musichina di sottofondo, dall’aria condizionata ben diffusa e dall’immancabile wi-fi, è una di quelle beatitudini contemporanee che ben si associa con l’uso e l’abuso di antidolorifici. Una smorfia di dolore romperebbe l’incanto…

Fonte: http://offskies.blogspot.com/2019/08/generazione-antidolorifica-e.html

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