Generale F. Mini: “la Guerra di Netanyahu è la Prova che Teheran Non Ha l’Atomica”

Intervista di Paolo Rossetti al Generale Fabio Mini

Israele vuole punire l’Iran perché è un contendente in Medio Oriente. Netanyahu vuole le armi USA ma la sua guerra non risolverà niente.

L’obiettivo di Israele è quello di affermarsi come potenza egemone nel Medio Oriente. E per farlo ha deciso di attaccare l’Iran, di destrutturarlo come Paese. Per portare a compimento il piano, però, spiega Fabio Mini, generale già capo di stato maggiore della NATO per il Sud Europa e comandante delle operazioni di pace della NATO in Kosovo (autore de “La Nato in guerra”, Dedalo, 2025), Netanyahu ha bisogno che Trump gli fornisca le armi adatte.

Così impostata, la guerra andrà avanti fino a che entrambe le parti non avranno finito le munizioni. Si spiegano così anche i nuovi attacchi a Israele annunciati da Khamenei e la decisione di trasferire i poteri esecutivi ai pasdaran. Trump dice che per ora la guida della Rivoluzione non sarà ucciso, ma è sempre uno degli obiettivi degli israeliani.

Il G7, intanto, firma unito un documento contro l’Iran per la de-escalation, ma anche di sostegno alla sicurezza di Israele, in un contesto in cui non è esclusa neanche la partecipazione alla guerra di Paesi europei.

Trump dice che in Iran non vuole un cessate il fuoco, ma la fine della questione nucleare iraniana. Qual è il vero obiettivo di Israele e come si esce da questa situazione complicata?

Mi sembra una situazione in cui nessuno dice veramente quello che intende. Israele vuole coinvolgere l’America nel conflitto perché gli fornisca gli equipaggiamenti, le bombe e i ricambi che servono per attaccare l’Iran in profondità, ma senza un intervento diretto degli USA: Netanyahu non vuole passare per quello che ha dovuto mendicare l’intervento perché non riusciva a sbloccare la situazione da solo.

Fino a quando andrà avanti a combattere?

Fino a quando avrà delle munizioni. Quelle di Israele non sono infinite, come anche i missili. Non sono infinite neppure le munizioni degli iraniani. Anche nella guerra tra Iraq e Iran successe questo: finite le munizioni si smise di combattere. Ma non sarà finito il conflitto.

Ma perché Israele ha deciso di attaccare?

Vuole punire l’Iran con il pretesto dell’armamento nucleare. Se Teheran avesse avuto la bomba, Israele sarebbe stato più cauto nell’attacco, ma siccome si diceva che potesse avere un’arma nucleare nel giro di dieci giorni o un mese, ha sferrato un sorta di attacco preventivo.

Per cosa Netanyahu vuole punire l’Iran, per quello che ha fatto in Medio Oriente con i suoi proxy?

È più di questo. L’Iran ha un ruolo in campo internazionale, ha un trattato di cooperazione con la Russia, con la Cina, anche in campo nucleare, per scopi civili, fa parte dei BRICS. Insomma, non è isolato come la Nord Corea. Ha pure una rilevanza storica e una posizione geografica estremamente strategica: lo Stretto di Hormuz lo controlla Teheran, così come il Golfo Persico; se l’Iran non vuole, lì non si muove neanche un barile di petrolio. Quello che vuole veramente Israele è togliere l’Iran dal contesto internazionale come Paese di riferimento per qualcuno, eliminarlo strutturalmente.

Cosa vuol dire?

Eliminare le strutture di comando, politiche, economiche, destrutturarlo come Paese in modo che non abbia neanche la capacità di avere uno sgabello nelle Nazioni Unite. Israele vuole estendere la sua sfera di intervento a tutto il Medio Oriente.

È un progetto israeliano, o è americano e viene applicato per interposta persona?

È un progetto neoconservatore, come quelli che si vanno praticando dagli inizi degli anni ’90 che molti hanno appoggiato fin da quando Israele era un nano in mezzo ai giganti. Adesso, invece, Israele, soprattutto dal punto di vista militare, è un gigante fra i nani. Un gigante che si è messo a fare il bullo senza considerare che per questo è destinato a perdere: facendo del male a destra e a sinistra, prima o poi si troverà tutti i suoi nemici di nuovo contro.

Gli americani asseconderanno Netanyahu oppure no? Nei giorni scorsi Trump aveva detto addirittura di vedere Putin come mediatore: potrebbe percorrere questa strada?

Questa intermediazione la vedo sulla carta, per fare un po’ di scena. Se dovesse realizzarsi, sarebbe solo perché i due contendenti dimostreranno la volontà di negoziare, di concedere qualche cosa. Anche la trattativa per il nucleare da un certo punto di vista è di una banalità assoluta: l’Iran è da tempo disponibile a un accordo che limiti la sua capacità nucleare soltanto al civile, rinunciando alla bomba atomica. L’ha già detto mille volte, ha anche sottoscritto il trattato di non proliferazione (TNP) di queste armi. Trump e Israele, però, dicono che gli iraniani barano.

Per entrambe le parti si tratta di una guerra molto dispendiosa. Questo elemento potrebbe fermare il conflitto?

A questo ritmo di attacchi tutti e due le parti sono destinate a svenarsi. Ogni notte, Israele spende il PIL di mezza Europa. È vero che è un Paese ricco, ma prima o poi dovranno darci un taglio. Dall’altra parte, bisogna chiedersi quanto è disposto l’Iran a sostenere questo tasso di perdite e vedere le proprie strutture distrutte ogni giorno. E Israele quanto potrà continuare, se tutte le notti un grattacielo si sbriciola. Si tratta di grosse perdite anche dal punto di vista materiale e morale.

Non c’è nessuna possibilità, comunque, che riprendano i negoziati? L’unico scenario possibile al momento è quello della guerra?

Se intervengono gli Stati Uniti si arriverà a una guerra conclamata, che rischia di coinvolgere anche l’Europa. Con tutta questa retorica sulla salvezza di Israele, se gli americani chiedono di formare una coalizione vuoi che anche l’Italia non partecipi?

Nel documento del G7 si parla del diritto di Israele a difendersi. Può aprire la strada a un intervento dei Paesi europei?

Sì, sarebbe un’altra spinta verso il precipizio. Siamo già sull’orlo, basta che qualcuno dia uno spintone.

Se l’obiettivo di Israele è destrutturare l’Iran perché forse è il solo Paese che può contrastarne l’egemonia in Medio Oriente, che ne sarà dell’Iran stesso dopo la guerra?

Mark Rutte, il segretario generale della NATO, ha detto che comunque vada a finire la guerra in Ucraina, la Russia sarà sempre lì. La stessa cosa si può dire dell’Iran. Una volta che l’hai destrutturato, ci si può mettere un governo amico dell’Occidente, magari riesumando qualche discendente dello Scià di Persia; si può lasciare tutto in mano a bande locali e presentare tutto ugualmente come una vittoria. Non credo che gli americani possano occuparlo: ripeterebbero le loro esperienze in Afghanistan e Iraq. Alla fine della guerra, insomma, Israele potrà aver risolto il problema per 5-10 anni, ma non sarà la soluzione definitiva.

Intervista di Paolo Rossetti al Generale Fabio Mini

Fonte: https://www.ilsussidiario.net/news/israele-vs-iran-mini-la-guerra-di-netanyahu-e-la-prova-che-teheran-non-ha-latomica/2846406/

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