di Claudia Carpinella
Israele ha approvato la ripresa immediata – seppur centellinata – degli aiuti a Gaza. Dopo 77 giorni di fame e sete, il gabinetto di sicurezza israeliano ha deciso di revocare il blocco degli aiuti, imposto deliberatamente dallo scorso 2 marzo.
Secondo quanto riportato dal Jerusalem Post, la decisione è stata presa senza alcuna votazione formale, scatenando l’ira di diversi ministri contrari, tra cui Bezalel Smotrich, che ha ribadito con forza la sua posizione: “Non deve entrare nemmeno un chicco di grano nella Striscia.”
Le Forti Pressioni degli Stati Uniti
L’ufficio del primo ministro Benjamin Netanyahu ha dichiarato che la decisione “è stata presa per agevolare l’espansione dell’esercito israeliano a Gaza” – una motivazione che, si legge su Al Jazeera, risulta priva di logica e che suggerisce altro. Appare dunque più che plausibile che questa svolta sia il risultato delle forti pressioni esercitate dagli Stati Uniti. Nei giorni scorsi, l’inviato speciale USA Steve Witkoff aveva infatti affermato che Donald Trump considera gli aiuti a Gaza una priorità urgente, affidando al suo team il compito di “fare tutto il possibile per accelerare il processo e garantire l’arrivo rapido degli aiuti umanitari alla popolazione.”
Come riferisce Haaretz, Israele si impegnerà a fornire “una quantità di base di cibo per la popolazione”, per evitare l’insorgere di una carestia nella Striscia. Tali dichiarazioni sollevano però gravi interrogativi, in primis perché, come riportato dalle stesse Nazioni Unite, già 57 bambini sono morti di fame da quando Tel Aviv ha imposto il blocco degli aiuti.
La Distribuzione Selettiva e l’IA
Gli aiuti umanitari che torneranno a entrare saranno inizialmente distribuiti attraverso diverse organizzazioni internazionali, come avveniva prima della scellerata chiusura di 77 giorni. Tuttavia, questa modalità di gestione cambierà radicalmente a partire dal 24 maggio, quando entrerà in vigore il controverso piano di distribuzione approvato da Israele giovedì scorso – secondo quanto riferisce il Jerusalem Post.
Il Governo israeliano, infatti, ha varato un piano che impone nuove e severe restrizioni alla distribuzione di aiuti umanitari e forniture alimentari a Gaza. Tra le misure più deplorevoli, figura l’introduzione dell’obbligo di riconoscimento facciale per i beneficiari. Il piano prevede inoltre la chiusura di centinaia di mense e centri di soccorso in tutto il territorio, restringendo l’approvvigionamento alimentare ad un’unica zona militare israeliana nel sud di Gaza.
Una scelta già fermamente condannata dalle Nazioni Unite, poiché – si legge in una nota ufficiale – “contravviene ai principi umanitari fondamentali.” “I palestinesi dovrebbero recarsi in questi luoghi, registrarsi ed essere sottoposti a controllo tramite tecnologia di riconoscimento facciale. Ritirerebbero i pacchi destinati alle loro famiglie”, ha spiegato il giornalista di NPR, Daniel Estrin.
Il Piano per Espandere il Controllo sulla Striscia
Dal canto suo, Israele afferma che il piano mira a impedire ad Hamas di accedere agli aiuti umanitari. Tuttavia, Estrin ha citato un funzionario israeliano secondo cui, tale modus operandi: “Fa in realtà parte di una strategia più ampia per spingere la popolazione civile palestinese a trasferirsi in massa in un’area più piccola e concentrata di Gaza, in modo da permettere all’esercito di espandere il territorio sotto il proprio controllo.”
Già lo scorso marzo, il New York Times aveva riportato che Israele ha implementato sistemi di riconoscimento facciale a Gaza, utilizzando tecnologie dell’azienda privata israeliana Corsight, oltre a strumenti comuni come Google Foto.
Sin dalle prime ore del genocidio, Israele ha fatto largo uso dell’intelligenza artificiale: prima con il sistema di targeting Lavender – che ha contrassegnato migliaia di gazawi come obiettivi sospetti da assassinare – e ora anche per selezionare chi potrà accedere agli aiuti umanitari.
Un impiego non solo immorale, ma anche fallace nel suo obiettivo distorto e disumanizzante, dal momento che – come confermato dagli stessi soldati israeliani – l’IA ha più volte scambiato civili per militanti di Hamas.
Articolo di Claudia Carpinella