Ecco com’è fatto un Buco Nero: pubblicata la prima, storica foto

di Andrea Centini

Gli scienziati del progetto internazionale “Event Horizon Telescope” (EHT), hanno pubblicato la prima, storica immagine di un Buco Nero. Si tratta del buco nero supermassiccio sito nel cuore della galassia M87, a 50 milioni di anni luce dalla Terra.

L’immagine del secolo è stata ottenuta puntando la galassia con otto potentissimi radiotelescopi. La prima, storica immagine di un buco nero è stata appena presentata al mondo intero. Si tratta di un risultato scientifico straordinario, giunto dopo decenni di complicatissimi calcoli e teorie, che si sono susseguiti fino ad oggi, mercoledì 10 aprile 2019, un giorno che rimarrà impresso nella storia della ricerca scientifica.

Ad essere immortalato è stato il buco nero supermassiccio nel cuore della galassia M87, sita a 50 milioni di anni luce da noi, nell’Ammasso della Vergine. Si tratta quasi di una “sorpresa”, dato che l’immagine attesa era quella di Sagittarius A*, il buco nero supermassiccio al centro della nostra galassia, la Via Lattea. L’immagine è stata ottenuta dagli scienziati del progetto internazionale Event Horizon Telescope (EHT), che hanno puntato il cuore della galassia M87 con otto potentissimi radiotelescopi disclocati in tutto il mondo. Gli strumenti che hanno partecipato sono l’ALMA, l’APEX, l’IRAM, il James Clerk Maxwell Telescope, il Large Millimeter Telescope Alfonso Serrano, il Submillimeter Array, il Submillimeter Telescope e il South Pole Telescope: tutti assieme hanno creato una sorta di super telescopio con una parabola immaginaria grande come il nostro Pianeta.

Com’è fatto un Buco Nero?

Il risultato visibile nell’immagine è molto simile a ciò che si aspettavano di vedere gli scienziati e a ciò che è emerso dalle simulazioni, ovvero un anello di plasma attorno ad un’area nera. Dove la luce si interrompe inizia l’orizzonte degli eventi, il “confine” in cui spazio e tempo vengono distorti e superato il quale nemmeno la luce può sfuggire.

I buchi neri sono infatti tecnicamente invisibili; la loro immensa attrazione gravitazionale non lascia passare qualunque tipo di radiazione elettromagnetica, come raggi X, luce visibile e infrarossi. Il buco nero supermassiccio immortalato nel cuore della galassia Messier 87 (M87), rappresentato dal disco scuro al centro dell’immagine, ha una massa di 6,5 miliardi di soli. Non si trova perfettamente al centro della galassia, ma è leggermente spostato, un dettaglio sul quale gli scienziati stanno elaborando diverse teorie.

Curiosamente, ci si aspettava la fotografia – in realtà un’elaborazione di dati radio – del buco nero al centro della Via Lattea Sagittarius A*, che è molto più vicino, tuttavia, i ricercatori della collaborazione EHT hanno scelto quello di M87, poiché l’osservazione non era disturbata dalle polveri e dai gas che fluttuano nella nostra galassia. A compensare la distanza, le dimensioni sensibilmente superiori del buco nero supermassiccio di M87 (Sagittarius A* ha una massa di “soli” 4 milioni di volte quella della nostra stella).

L’emozione degli scienziati

Per ottenere questo scatto gli scienziati hanno raccolto diecimila Terabytes di dati stipati in migliaia di hard disk, che sono stati inviati con aerei in due centri di calcolo (con supercomputer) per l’elaborazione: l’Haystack Observatory del Massachusetts Institute of Technology  (MIT) e il Max Planck Institut fur Radioastronomie. Tra gli oltre duecento scienziati che hanno collaborato al progetto, c’è anche il professor Ciriaco Goddi, docente all’Università di Nijmegen e Leiden. Lo studioso ha spiegato all’AGI le caratteristiche dello “scatto”: “L’immagine che abbiamo sviluppato a seguito dell’elaborazione dell’immensa quantità di dati raccolta, ci mostra un anello con un disco oscuro al centro e una emissione asimmetrica intorno. Le dimensioni angolari implicano una massa di circa 7 miliardi la massa del Sole: ci sono pochi dubbi che non si tratti di un buco nero. L’asimmetria nell’anello si puo spiegare con un effetto relativistico, chiamato anche ‘Doppler beaming’ o ‘Doppler boosting’: un plasma che si muove a velocità prossime alla velocità della luce in rotazione intorno a un buco nero, amplifica l’emissione del plasma che si muove nella nostra direzione. Il disco scuro al centro individua l’orizzonte degli eventi. Il suo aspetto dovuto al plasma che viene inghiottito e scompare”.

Un contributo fondamentale al raggiungimento di questo storico risultato, è stato dato dal Regional Center dell’Atacama Large Millimeter/submillimeter Array (ALMA), che è gestito da scienziati italiani dell’Istituto Nazionale di Fisica e Astronomia (INAF) di Bologna. Il presidente dell’istituto italiano Nichi D’Amico, ha sottolineato che il risultato appena raggiunto rappresenta “una pietra miliare della astrofisica moderna, e un formidabile esempio di cooperazione globale”. L’immagine del buco nero dimostra la validità della Teoria della Relatività Generale coniata da Albert Einstein cento anni fa.

Articolo di Andrea Centini

Fonte: https://scienze.fanpage.it/ecco-come-fatto-un-buco-nero-pubblicata-la-prima-storica-foto/

LA GUERRA DEI BUCHI NERI
di Leonard Susskind

La Guerra dei Buchi Neri

di Leonard Susskind

Stringhe, brane, dimensioni nascoste, universi multipli... La fantasia della fisica del ventunesimo secolo sembra senza limiti.

Uno dei suoi interpreti più brillanti è il fisico di Stanford Leonard Susskind. Nel suo recente Il Paesaggio cosmico descriveva la prospettiva vertiginosa di una moltitudine di differenti universi, nicchie di un inimmaginabile multiverso, o "paesaggio", ciascuna governata da specifiche leggi fisiche: per caso, una era adatta a ospitarci.

In questo nuovo libro il cosmo di Susskind diventa ancora più bizzarro. Con la loro capacità di fagocitare qualunque cosa, i buchi neri erano già abbastanza angoscianti, ma per qualche tempo ai fisici si è prospettata addirittura la possibilità che questi vortici cosmici, ricavati dalle equazioni di Einstein, fossero divoratori di ordine e di informazione, oltre che di materia. Negli anni Settanta, Ste-phen Hawking ha mostrato che i buchi neri "evaporano", emettono cioè radiazione termica, e rimpiccioliscono nel corso del processo sino a scomparire. Ne discendeva una domanda cruciale: l'in­formazione inghiottita dal buco nero riemerge oppure no quando il buco nero scompare? Hawking non aveva dubbi: "L'informazione viene cancellata per sempre".

A Susskind quell'afferma­zio­ne è apparsa come una dichiarazione di guerra. Se Hawking aveva ragione, infatti, sarebbe stata la fine del determinismo quantistico, la violazione del fondamentale principio secondo il quale anche nell'infor­mazione nulla si crea e nulla si distrugge.

La storia di come Susskind sia riuscito, dopo vent'anni, ad avere la meglio su Hawk­ing e a ritrovare i bit scomparsi nei buchi neri culmina in un nuovo paradigma: il mondo di cui abbiamo esperienza, come ogni oggetto dell'universo, non è che la proiezione in tre dimensioni di una realtà bidimensionale situata ai confini del­l'uni­verso.

È il mito platonico a rovescio: le ombre sulla caverna sono reali. Il resto è illusione.

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