di Clara Carluccio
Ormai non è più una questione di virus. La partita si sta giocando tra i disperati e i “paraculo”.
La nostra classe politica è composta da esseri immondi e malefici, senza il minimo scrupolo a portare la gente alla disperazione. L’altro giorno, dopo aver saputo che la mia regione, la Lombardia, stava per essere messa ancora in zona rossa, ho visto lo sconforto e l’angoscia negli occhi delle mie amiche. Una di loro, che tira avanti a Xanax, dice che la sua attività è prossima alla morte. E io sospetto che anche lei lo sia. Il suo pensiero va sempre a tutti quelli che si sono suicidati durante e oltre il grande lockdown, e di cui non si è nemmeno parlato. “Io li capisco”, mi dice. Mi saluta con le lacrime agli occhi. Un mese di lavoro, tra l’altro scarso, ed è già bloccata, chissà per quanto. Un’altra ha iniziato a soffrire di attacchi di panico. Un’altra ancora non sa più come far passare il tempo ai bambini perennemente chiusi in casa. Ci stanno facendo vivere nel terrore, ci hanno tolto la libertà, la compagnia, lo svago, il lavoro.
Qui non c’è negozio, casa di riposo, bar, biblioteca, persino Chiesa, che non abbia rispettato gli obblighi di sicurezza. Bisogna prendere appuntamento per qualsiasi cosa. Non c’è più un solo Cristo che, camminando per strada, non preferisca grattuggiarsi le chiappe contro il muro pur di mantenere le distanze dagli altri passanti. I vicini di casa sono diventati spie, le cassiere del supermercato sgridano i clienti con la mascherina appena sotto al naso, i giovani vengono additati come terroristi se si incontrano a casa di qualcuno per stare un po’ in compagnia.
La maggioranza della popolazione ha ormai traumi psichici, forse irreversibili, rispetta le regole maniacalmente e in modo disumano, eppure i bastardi chiudono e bloccano ancora tutto, perché ci sono i “positivi”. Questo può significare solo una cosa, che stanno uccidendo esseri umani e attività, obbligando gli anziani a dimenticarsi dei loro figli e nipoti, per delle restrizioni assurde.
La gente non sa più come vivere. In compenso, un ragazzo che conosco, favorevole a mettere agli arresti domiciliari dei liberi cittadini, non avendo evidentemente problemi di soldi e lavoro, può permettersi di pontificare su quante “teste di cazzo” – così mi ha detto – escono e fanno quello che vogliono, senza starsene a casa come dovrebbero. Cibo, Netflix e pornografia, così si riassume la sua vita attuale. Ma i segaioli come lui lo sanno che nemmeno ai tempi della peste nera si stava tutti chiusi in casa?
I preti, divenuti già da tempo dei pagliacci sotto la guida di quel demente di Bergoglio, lo sanno che San Francesco abbracciava i lebbrosi? Lo sanno che hanno privato le anime del conforto spirituale, della fede, della speranza, della solidarietà, e soprattutto, della potenza del rito? Se in passato amavo almeno sedermi in una Chiesa vuota ad ascoltare i canti gregoriani, oggi non riesco a farlo. Non posso nemmeno farmi il segno della Croce in grazia di Dio, perché al posto dell’acqua santa ci hanno messo l’igienizzante. E sulla panca vedo gli adesivi con il numerino e le frecce per il distanziamento. Dissacrazione di un luogo di culto. Non ho altra definizione.
Durante l’iniziativa di questi giorni, dei locali aperti, ci sono stati gli immancabili uomini in divisa, senza cervello e senza coscienza, che hanno distribuito multe ai clienti, con quel sadismo che abbiamo imparato a conoscere molto bene. L’arroganza degli intoccabili dallo stipendio sicuro.
Un giorno non si potrà fare la spesa se non si avrà il patentino sanitario in ordine, prendere un aereo o un treno, lavorare, ricevere cure mediche. Lo dice persino Alessandro Gassman, un attore mediocre e con la faccia da stronzo, divenuto famoso grazie al padre.
Chiariamo un po’ di cose, io sono una “testa di cazzo” che non resta a casa, una che non denuncia le feste di compleanno clandestine, anzi, le incoraggia. Sono una che stringe la mano e abbraccia chi ancora ha voglia di sentirsi umano e, nonostante questo, sono viva. Sono una che insulta chi la rimprovera di non avere la mascherina dall’alba al tramonto. Sono una che non accetta il senso di colpa che ci stanno pressando nel cervello.
Se molti altri, dalla vita insulsa, godono nel nuovo ruolo di delatori, vivendo da reclusi, e hanno paura del virus, se ne stiano a casa loro a morire di stenti, finché non hanno problemi a mantenersi, ma lascino in pace me e quelli in difficoltà.
Non nego che godrei immensamente nel vedere questa gente piangere, come chi sta già soffrendo da un anno, di questa tragedia sociale. È inevitabile che tutto questo un giorno si riverserà anche su di loro, pur sentendosi al riparo. Ma io ho ancora tante cose che voglio fare e imparare, per arrendermi adesso. La vendetta (o giustizia divina) arriverà da sola, ma è nostro dovere portare ancora avanti la resistenza finché tutto non sarà finito.
Articolo di Clara Carluccio